Antoine è un fotografo pieno di talento, ma quasi sempre incapace di usarlo con efficacia. La sua responsabile lo sostiene da anni, ma è stufa dei rinvii, delle scadenze non rispettate, delle capacità non sfruttate. Antoine è anche un uomo profondamente solo, che non disdegna di tuffare le sue malinconie nell'alcool. Non ha relazioni, scarta i rapporti sociali e le occasioni di convivialità. Il suo unico amico è Matéo, un bimbo di 7 anni a cui fa da baby-sitter senza nemmeno farsi pagare.
Quando un giorno sente suadenti note di pianoforte provenire da uno degli alloggi situati di fronte alla sua abitazione, l'uomo si avvicina alla finestra e inizia a spiare e fotografare l'autrice di quella musica, una misteriosa ragazza che suona Chopin toccando i tasti con uno strano mix di rabbia, dolcezza e disperazione. Sarà proprio lei a tentare il suicidio; Antoine assisterà in diretta allo scioccante evento, correrà in strada, chiamerà i soccorsi. Da quel momento la sua inutile vita assumerà nuovi contorni, grazie a un legame controverso che saprà riaccendere in lui quel fuoco ormai sopito da tanto, troppo tempo.
Uscito nelle sale francesi nell'estate del 2013, mai distribuito in Italia ma visto quest'anno nell'ambito della rassegna Rendez-Vous, Une place sur la terre è diretto con buona mano da Fabienne Godet, psicologa e documentarista al suo secondo lungometraggio per il cinema dopo Sauf le respect que je vous dois, realizzato nel 2005, con Olivier Gourmet e Marion Cotillard. Per raccontare la sua storia, ispirata a una persona reale, la regista cerca la giusta commistione tra dramma e ironia, lirismo e naturalezza, oscillando tra diverse direzioni stilistiche per portare all'attenzione dello spettatore quella che in fondo è una bella storia d'amore tra due cuori in tempesta. Lui, Antoine, artista maudit “fallito e alcoolizzato”; lei, Elena, studentessa idealista incapace di accettare i compromessi: tra loro nasce una relazione che devia dalle facilitazioni del sesso, per concentrarsi invece sul senso profondo della condivisione, intesa come possibilità di unire l'atavica tristezza e l'umoralità di entrambi i soggetti, per trovare un sorprendente quanto fragile equilibrio.
Lasciando che un alone di incertezza permei tutta la messinscena, la Godet ci mostra i dilemmi di due anime straziate che, nell'incontro/scontro di depressioni ramificate e pronte a esplodere in ogni istante, sanno scivolare verso un complesso e affascinante punto di raccordo. L'originalità caratteriale dei personaggi riesce ad annullare ogni rischio di eventuale caduta nella palude della retorica, dando invece spazio a una complicità unica, meravigliosa, sebbene destinata con ogni probabilità a non poter durare a lungo. Ma in quei giorni, in quegli istanti, in quella nuvola di tempo concessa dal destino, Elena e Antoine possono finalmente ammirare un raggio di sole che pensavano di avere ormai definitivamente dimenticato, intavolando perfino un abbozzo di famiglia (lei, lui e il piccolo Matèo) che porta nella realtà la fugace concretizzazione di un sogno lontano.
Scapestrato, disilluso, immaturo, Antoine ha il volto scavato di Benoît Poelvoorde , da qualche anno vero e proprio "uomo comunque" del cinema francofono (Coco avant Channel, Les émotifs anonymes, Rien à déclarer, Quand je serai petit, solo per citare qualche titolo). Abituato alla commedia, a cui deve la sua fama, l'attore belga non rinuncia a qualche tocco di leggerezza, ma dimostra qui ottime capacità anche e soprattutto sul versante drammatico, fornendo una notevolissima interpretazione a tutto tondo. Con lui la splendente Ariane Labed , premiata quest'anno a Locarno per la magnifica prova in Fidelio, l'odyssée d'Alice e come sempre magnetica e irresistibile.
Une place sur la terre (reperibile online in lingua originale con i sottotitoli in italiano) funziona alla perfezione per 75 minuti, impreziosito dalle ipnotiche musiche di Philip Glass, salvo poi immergersi (letteralmente) in una radicale svolta finale di cui si sarebbe potuto fare a meno; una conclusione che lascia in dono alcune perplessità, senza peraltro inficiare più di tanto l'esito di un film capace di volare con tenerezza e lucidità tra i tormenti dell'Arte e della vita.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Regia: Fabienne Godet
Sceneggiatura: Fabienne Godet, Claire Mercier, Franck Vassal
Musiche: François-Eudes Chanfrault (musiche originali), Philip Glass, Chopin, Schubert
Fotografia: Crystel Fournier, Michael Ackerman
Montaggio: Florent Mangeot
Durata: 95'
Anno: 2013
Attori: Benoît Poelvoorde, Ariane Labed, Max Baissette de Malglaive, Julie Moulier