Da quel momento, per un bizzarro sortilegio, si scoprono uniti e inseparabili, nel più ampio senso del termine. Compiono gli stessi movimenti, gli stessi gesti; non possono andare in direzioni diverse; sono costretti a stare insieme 24 ore su 24; non consumano rapporti fisici ma sono legati da un qualcosa di profondissimo e surreale che li rende un'unica persona in due corpi distinti. Imprigionati in questo “incantesimo”, Hélène e Joachim dovranno giocoforza riflettere sul loro rapporto e più in generale sul senso delle proprie esistenze.
Chi in qualche modo conosce e segue il sottoscritto, sa quanto egli nutra un affetto limpidissimo e una stima incondizionata nei confronti di Valérie Donzelli, artista capace di realizzare sempre e comunque un cinema fresco, gioioso, irrefrenabile, anarchico, ebbro di creatività e invenzioni, libero da qualsiasi tipo di catena morale e da ogni frustrante schema drammaturgico. Caratteristiche che la Donzelli conferma in ogni occasione, sia quando si pone dietro la macchina da presa, sia quando invece si limita a recitare (la sua interpretazione in Les Grandes Ondes di Lionel Baier è un valido esempio).
Main dans la main, uscito nei cinema francesi a dicembre del 2012 e purtroppo visto in Italia solo al Festival di Roma, è il suo terzo lungometraggio da regista, dopo l'irresistibile La reine des pommes e il meraviglioso La guerre est déclarée, eccezionale dramma autobiografico che ha commosso tantissimi spettatori non soltanto transalpini. Scritto dall'autrice insieme a Gilles Marchand e Jérémie Elkaïm (ex compagno nella vita e protagonista di tutti i suoi film), Main dans la main ripropone e conferma pienamente l'idea di cinema sopra accennata, dando anima a un lavoro che non ha alcun timore nell'azzardare scelte stilistiche originali e sempre sorprendenti.
La passione totalizzante e teoricamente improbabile tra un piccolo vetraio di provincia e una rigorosa e famosa donna di città simboleggia un'acuta riflessione sul senso ultimo dell'amore, eterno strumento di felicità e dolore in cui, per paradosso, la stretta vicinanza di un'altra persona conduce in molte occasioni i soggetti in causa verso i lidi di una profonda solitudine. Per mettere in scena il concetto primario del racconto, l'attrice/regista realizza una vera e propria coreografia filmica, una danza in perenne movimento in cui tutti i personaggi ballano o danno l'impressione di farlo anche quando in realtà stazionano fermi in un punto. Girando alcune parti del suo lavoro nelle vere sale dell'Opéra Garnier di Parigi, con dodicenni allieve della scuola nazionale di danza, la Donzelli assomma la realtà dell'immagine e i trucchi della finzione, in uno scenario godereccio in cui non ci sono limiti a ciò che il cinema può mostrare e inventare, mescolare e rifondare.
Main dans la main si tramuta, soprattutto nella prima parte, in una sfrenata festa durante la quale la stuzzicante sincronia dei due protagonisti, legati al punto da alzare e abbassare le braccia nello stesso istante e non poter sostare neanche per un secondo in stanze differenti, diventa un gioco espressivo che coinvolge anche i personaggi secondari del racconto, alle prese con sogni inespressi, sofferenze nascoste e speranze volatili.
Lasciando ampio minutaggio a Elkaïm e alla bravissima Valérie Lemercier, la Donzelli si ritaglia il ruolo della sorella di Joachim, indirizzata verso il progetto di partecipare a un concorso amatoriale di danza; la vediamo in tutù ma spesso anche con capelli legati, felpe e grembiuli casalinghi, senza peraltro mai perdere il suo fascino genuino neanche in tenute semplici e quotidiane. E mentre lo stesso Elkaïm è costretto a prendere parte a scenette esilaranti (gli esercizi da affrontare indossando i collant delle allieve dodicenni), la Donzelli si lancia a sua volta, senza paura, in divertenti balli in cui pare divertirsi davvero, infischiandosene della pulizia filmica.
A conti fatti Main dans la main, a cui ha fatto seguito il televisivo Que d'Amour, presentato a Locarno nel 2013, è un delizioso guazzabuglio in cui la regista, come d'abitudine, inserisce tanta musica, alternando lirica, canzoni pop e melodie composte per l'occasione, in un variopinto arcobaleno in cui spuntano riuscite gag comiche, voci fuori campo di truffautiana memoria, rapporti piuttosto ambigui (1) e, soprattutto nella seconda parte, afflati più malinconici, dove esplode il desiderio di evadere da prigioni in cui ci si è da troppo tempo raggomitolati.
1) Il forte legame tra fratello e sorella sfiora licenze incestuose, tema quest'ultimo al centro del nuovo film della Donzelli, Marguerite et Julien, presentato in concorso a Cannes 2015 e tratto da una sceneggiatura scritta negli anni Settanta da Jean Gruault, storico collaboratore di Truffaut e Resnais, scomparso nel mese di giugno all'età di 90 anni.
Stanca di gabbie tristi e soffocanti, Hélène rompe infine gli argini e si denuda (letteralmente) nei freddi corridoi dell'Opéra, concretizzando la propria rinascita per poi uscire in strada avvolta soltanto da una tenda. Con lei anche gli altri personaggi di Main dans la main rompono gli incantesimi e decidono di guardare finalmente avanti, glorificando la danza della libertà e trovando l'antidoto all'amore... nell'amore.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Titolo: Main dans la main
Regia: Valérie Donzelli
Sceneggiatura: Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, Gilles Marchand
Montaggio: Suzana Pedro
Musiche originali: Peter von Poehl
Anno: 2012
Durata: 80'
Attori: Valérie Lemercier, Jérémie Elkaïm, Valérie Donzelli, Béatrice de Staël, Philippe Laudenbach, Serge Bozon