«So may we start?»
Sì, potete cominciare. Siamo pronti a venire con voi, attenti e fiduciosi, mano nella mano, tra le spire di un viaggio cinematografico che ci porterà in universi paralleli da cui faremo fatica a riemergere. E sarà bello. Bellissimo. Ne siamo sicuri. Lo capiamo fin da subito, dai primi istanti, quando la voce di Leos Carax ci invita a zittire le parole, a fermare persino il respiro, per immergerci totalmente nella vicenda che a breve seguirà.
Già da quei primi secondi sorge il sospetto che ciò che stiamo per vedere ci resterà nel cuore. Indizio che diventa certezza immediatamente dopo, quando lo stesso Carax e i fratelli Sparks, autori del soggetto originario e della colonna sonora, escono da una sala di registrazione, incontrano i principali attori del film e iniziano a camminare, insieme, cantando, in una processione tramite la quale essi chiedono il permesso di dare avvio alla sospensione temporanea di ogni contatto con la nostra quotidiana realtà, prima di farsi (letteralmente) passare i costumi di scena e assumere l’aspetto dei propri personaggi. Un incipit strepitoso, irresistibile, da cui usciamo inermi, pronti a tutto, esaltati dalla sensazione/convizione che l’opera in progressivo svelamento davanti ai nostri occhi risulterà indimenticabile.
«It’s time to start!»
Inutile perdersi in complessi giri di parole o tediose analisi critiche. Alle volte le cose è sufficiente esclamarle con semplicità: Annette è una meraviglia. Centoquaranta minuti di cinema sublime, tra luci della ribalta, ombre del pensiero, creatività illimitata, ubriacanti sfumature di colore e fantasia, musiche strepitose e fantasmi dall'oltretomba.
Le maschere del capolavoro Holy Motors trasformate in geniali burattini ebbri di fascino romantico e inquietante; Adam Driver che sfoggia i muscoli, fa ondeggiare la sua vestaglia, violenta il microfono, simula un’andatura sgraziata e sciancata ma canta come un usignolo, neanche fosse quello il suo mestiere da sempre; Marion Cotillard che pare un'odalisca e si muove lieve, alla stregua di una libellula, a piedi nudi sulla terra e tra le stelle. E poi, stacchetti e brani interi che si stampano nel cervello, scene da antologia in costante dialogo diretto o indiretto con il pubblico dentro e oltre lo schermo, lo spettacolo che culla la poesia e dopo muta in un quasi horror intriso di atti impuri, rimorsi e punizioni senza salvezza. Sino alla chiusura del cerchio, durante i titoli di coda, quando Carax, gli attori e stavolta pure i membri della troupe tornano in processione per augurarci la buonanotte.
«Let’s waltz in the storm!»
Dentro ad Annette ci sono tematiche non nuove ma nemmeno banali: la sete di successo, lo sfruttamento minorile, la spietatezza dello show business, l’egoismo della gente che va a teatro godendo nel vedere le tragedie perché ogni volta «lei muore al posto nostro». E c’è Carax, all’esordio in lingua inglese (ma con produzione in buona parte francese), con la sua imperitura voglia di prendere a calci in faccia i modelli preconfezionati, e pure il bisogno di psicanalizzarsi per trovare, chissà, un po’ di tregua dai demoni che lo perseguitano. Non manca nemmeno l’autocompiacimento, senz’altro, così come si notano alcune sequenze allungate forse oltre la reale necessità. Ma francamente, poco importa. Perché tutto il resto vola alto, altissimo, toccando vette paradisiache in un paio di momenti di commovente splendore (la prima esibizione pubblica della piccola, il suo dialogo finale con il padre) e mantenendo un costante livello di raggiante ispirazione che avvicina il miracolo, a maggior ragione in questi tempi di cinema spesso inscatolato e incapsulato.
«Sympathy for the abyss»
La nascita di una bimba/fantoccio/marionetta («push push push, that’s it!»), il solletico nel letto, un drammatico naufragio tra onde blu cobalto, una tenerissima dichiarazione d’amore tra note delicate («we love each other so much»), il rombo della motocicletta, le mele morsicate, le dolci odi alla luna, il richiamo del precipizio: Annette vive di accenti, contrasti, opposti, invenzioni, ferite, revenant, deflagrazioni, voci angeliche, corpi sensuali, corpi innocenti, corpi straziati, costruendo un mosaico che lascia storditi e scalando la vetta di miglior film dell’anno.
Così, quando la troupe ci saluta, ballando sorridente e festante, noi non possiamo fare altro che ricambiare e applaudire. Dicendo un forte e sincero grazie.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose, Film al cinema
Scheda tecnica
Anno: 2021
Durata: 139’
Regia: Leos Carax
Sceneggiatura: Sparks, Leos Carax
Fotografia: Caroline Champetier
Montaggio: Nelly Quettier
Musiche: Sparks
Attori: Adam Driver, Marion Cotillard, Simon Helberg, Devyn McDowell
| |