Thérèse Desqueyroux è stato terminato pochi giorni prima della morte di Claude Miller, avvenuta il 4 aprile dello scorso anno, per poi essere presentato come film di chiusura al festival di Cannes. Tratto dall'omonimo romanzo di François Mauriac, è ambientato nei pressi di Bordeaux, negli anni Venti del secolo scorso, in un periodo in cui spesso i matrimoni erano decisi a tavolino dai genitori. È ciò che capita alla giovane e irrequieta Thérèse, fin da ragazzina destinata al figlio dei vicini di casa: una liaison incentrata sui ricchi possedimenti terrieri delle rispettive famiglie.
L'incipit, situato sei anni prima della cerimonia nuziale, ci mostra una ragazza vivace, allegra, libera: uno spirito ribelle, con “troppe idee per la testa”. Non è dunque difficile prevedere le conseguenze di un destino votato al sacrificio, capace di spegnere ogni velleità rivolta alla purezza dell'amore, a (s)vantaggio di una vita borghese cullata dal freddo della noia e dalle corde strette di una fiacca quotidianità priva di ogni slancio emotivo.
Thérèse si mostra cordiale e obbediente verso il marito Bernard, ma cova desideri di fuga; odia nel profondo l'amica del cuore Anne, perduta nell'amore vero, lancinante, immerso nella poesia della passione; resta incinta assolvendo la sua funzione di moglie e futura madre; naviga stanca nell'antro oscuro di giornate sempre uguali avvolte nel grigiore della banalità; infine lascia esplodere la sua frustrazione, attuando una meschina vendetta nei confronti dell'uomo colpevole di averla ridotta in catene.
Attento, elegante, curato nei costumi e nella ricostruzione scenografica del periodo di riferimento, il film di Miller segue schemi piuttosto prevedibili, senza cercare slanci stilistici innovativi e forse aleatori. Abbraccia il calligrafismo, indubbiamente, ma è ben lontano dal poter essere assimilato a certe terrificanti fiction televisive nostrane, come qualcuno ha scritto. Suvvia, non scherziamo: paragonare un lavoro come questo, più che dignitoso pur senza frecce folgoranti, ad alcune scempiaggini che si vedono nelle Tv italiche ci pare operazione errata, frettolosa e di dubbio gusto. Qui c'è comunque il cinema, nella sua accezione più lieve e sinuosa, composta e quadrata, solida e puntuale.
La storia di Thérèse Desqueyroux, nella sua veste vagamente flaubertiana, accoglie un disperato percorso di annullamento del sé, e rievoca con intelligenza la lobotomia spirituale a cui erano costrette tante donne del tempo. Nella sofferenza si partorisce l'inganno, nella tristezza nasce e cresce il demone della rivalsa; non c'è spazio per eroine senza macchia. Resta però l'odore soffocante dei pini bruciati, il senso di un'esistenza che scivola via troppo in fretta, il sogno perfino erotico di un'emancipazione impossibile, i gesti inconsulti che in fondo non si possono nemmeno spiegare con le forme sinuose della razionalità.
Miller dipinge questo ritratto disperato passeggiando sottotraccia, attraverso reiterate dissolvenze che sfumano i contorni del dramma, affidandosi al viso dolce e agli occhioni neri di una brava Audrey Tautou, molto maturata come attrice rispetto agli esordi. Accanto a lei un Gilles Lellouche sobrio, misurato, quasi irriconoscibile rispetto ai bagordi dello splendido Les Petits Mouchoirs (Piccole bugie tra amici) e alla promiscuità orgasmica del controverso Les Infidèles. Con loro anche una sempre efficace Anais Demoustier (Il viaggio di Jeanne, Le nevi del Kilimangiaro, Elles), il miglior talento tra le nuove leve del cinema francese insieme a Deborah François.
Senza voli pindarici, con una messinscena quasi liturgica ma non per questo fiacca e soporifera, Claude Miller dipana il suo ultimo racconto, accompagnando per mano i suoi personaggi votati alla sconfitta sino alla sequenza finale, avvolta in frasi decisive che restano lì, vicino a un treno in partenza, ferme sulla punta della lingua e del cuore; parole che in un senso o nell'altro cambieranno, una volta per tutte, il destino della vita.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Titolo originale: Thérèse Desqueyroux
Regia: Claude Miller
Sceneggiatura: Claude Miller, Natalie Carter (dal romanzo di François Mauriac)
Fotografia: Gérard de Battista
Montaggio: Véronique Lange
Durata: 106'
Anno: 2012
Attori: Audrey Tautou, Gilles Lellouche, Anais Demoustier, Catherine Arditi