Non è semplice raccontare seppur a grandi linee la trama di Les Salauds, nuovo lavoro di Claire Denis uscito nei cinema francesi ad agosto 2013, così come non è facile approcciarsi alla visione del film, noir atipico che frulla le regole basilari della materia cercando (e trovando) una propria originalità. Negli anni abbiamo imparato a conoscere la radicalità di fondo del cinema della Denis, autrice scomoda per la sua inesausta voglia di scavare all'interno dei conflitti dell'animo umano estraendone le derivazioni più crude ed estreme. Anche in questo caso la regista di Cannibal Love e White Material conferma la sua poetica, utilizzando il genere di riferimento come base per poi sviluppare un racconto aspro, buio, in cui l'amore malato travalica qualsiasi flusso di coscienza per farsi unico testimone di un mondo governato da salauds (bastardi) privi di rimorsi.
L'indagine condotta da Marco Silvestri diventa ben presto un'immersione tra le rovine della società, coacervo di storture in cui la depravazione istintuale si accompagna alla connivenza, glorificando l'egoismo come cartina di tornasole di una civiltà decomposta. Aperto da una lunga inquadratura fissa sulla pioggia battente, il film della Denis fin da subito non offre alcuno spiraglio di luce, catapultandoci in una nuova dimensione antropofaga in cui l'uomo divora il suo prossimo defenestrando ogni limite e ogni forma di decenza, con l'unico fine di soddisfare i propri bisogni economici, sentimentali e sessuali. Così, mentre una giovane ragazza segnata dal dolore cammina nuda in strada con la vagina sanguinante, il mondo sa e tace, affoga i sensi di colpa e avanza a testa alta, consapevole di come il marcio individualismo sia l'unico strumento utile per sopravvivere.
Uscito come detto la scorsa estate in patria, Les Salauds è stato accolto molto male dal pubblico e anche da una parte della stampa transalpina, pronta ad affermare come la Denis abbia realizzato un film troppo cerebrale e confuso, soffocato da eccessive sovrastrutture e niente affatto coinvolgente a livello emotivo. Se il rifiuto degli spettatori può essere facilmente giustificato dalla radicalità stilistica del film stesso, troppo severe appaiono le critiche degli addetti ai lavori; il respiro glaciale di Les Salauds, la sua atipicità, la sua insistita componente ellittica in cui si procede per brevi sequenze sovrapposte una sull'altra come piccole tessere di un mosaico tutto da costruire, sono in realtà i veri punti di forza di un'opera tanto detestabile (all'apparenza) quanto invece interessante e ricca di spunti.
Certo, non tutto fila liscio, e qualche scelta di contorno appare poco azzeccata (le pannocchie, le sigarette avvolte nella camicia), tanto per dimostrare come la Denis si sia qui e là fatta prendere troppo la mano. Rimane però senza dubbio il valore di un film coraggioso e ipnotico, che abbraccia il silenzio della notte giostrando tra molteplici inquadrature di piedi che camminano incerti, donne ridotte a semplici oggetti di piacere e madri disposte a tutto pur di conservare i pochi affetti residui. Un quadro sulfureo e impietoso, abile a sfociare in un finale affranto e cupissimo.
Nel ruolo principale troviamo Vincent Lindon (anche produttore associato), come sempre bravissimo nel giocare di sottrazione e nel decantare le sue emozioni più con l'intensità degli sguardi che con le semplici parole. Accanto a lui la solita, magnifica Chiara Mastroianni, raro esempio di figlia d'Arte all'altezza del cognome che porta; un'attrice di assoluta qualità che da sempre vive e lavora in Francia, restando (per fortuna) lontana dal cinema italiano, dove con ogni probabilità non sarebbe valorizzata quanto merita. L'alchimia tra lei e Lindon funziona (torbida scena di sesso compresa), ma viste le capacità degli interpreti non c'è proprio di che stupirsi. Con loro una dimessa e disfatta Julie Bataille, un viscido e luciferino Michel Subor e, pur con minutaggio limitato, la giovane e promettente Lola Creton, classe 1993, già ammirata nel discreto Un amour de jeunesse di Mia Hansen-Love e nell'ottimo Après Mai di Assayas.
Il film tanto per cambiare non è per ora uscito nelle nostre sale, quasi certamente mai uscirà, ma è comunque reperibile in lingua originale con i sottotitoli in italiano.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Titolo originale: Les Salauds
Regia: Claire Denis
Sceneggiatura: Claire Denis e Jean-Pol Fargeau
Fotografia: Agnès Godard
Montaggio: Annette Dutertre
Musiche: Stuart Staples e Tindersticks
Anno: 2013
Durata: 100'
Attori: Vincent Lindon, Chiara Mastroianni, Julie Bataille, Michel Subor, Lola Creton