Una volta giunta all'imprevista destinazione, Ariane taglia i contatti con la sua normale vita di sempre e si lancia in un'avventura durante la quale, nei giorni successivi, farà la conoscenza di una serie di personaggi assai inconsueti: un tassista che possiede 45 gatti a cui fa ascoltare musica classica, un ristoratore di mezza età scorbutico e in perenne conflitto con il mondo, un anziano scrittore/filosofo che finge di essere americano, un pensionato di colore che ogni notte piange di nostalgia ripensando ai 30 anni trascorsi come custode al Museo di Scienze Naturali, un'avvenente ragazza che divide il suo tempo tra il lavoro di commessa e quello ben più redditizio di prostituta, il suo gelosissimo fidanzato... e una tartaruga parlante. Circondata dalla bizzarra “comunità” Ariane stravolge ogni vecchia abitudine, dorme in barca, si reinventa come cameriera e cerca di aiutare ognuno dei nuovi amici a combattere le proprie malinconie.
Ma tutto questo sta accadendo veramente? Oppure è soltanto un sogno? O una via di mezzo tra l'immaginazione e la realtà?
Robert Guédiguian è un regista a cui non si può non voler bene. Parliamo di un autore, purtroppo poco conosciuto in Italia, che da più di trent'anni porta avanti con invidiabile coerenza un'idea di cinema sempre fresca, gradevole, efficace nella sua semplicità, insieme a un gruppo di attori e tecnici con cui, caso forse unico al mondo, ha costruito una grande famiglia che lo accompagna praticamente in ogni film sin dagli esordi nei primi anni Ottanta, con straordinaria fedeltà. Sempre loro, ogni volta, a partire dalla musa e compagna di vita Ariane Ascaride per arrivare agli immarcescibili Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan e Jacques Boudet.
Non a caso sono tutti presenti anche nella penultima fatica del loro mentore, Au fil d'Ariane, uscita in Francia a giugno 2014, presentata a Torino in occasione del festival Rendez-Vous e accompagnata a fine proiezione da un vivace dibattito in cui lo stesso Guédiguian, con la consueta classe, ha risposto alle numerose domande del pubblico, difendendosi anche, con il garbo che sempre lo contraddistingue, dalle “accuse” inventate da qualche frustrato intellettualoide che ha cercato di seminare zizzania con incomprensibili sproloqui totalmente fuori luogo.
Cinema fresco e semplice, si diceva. Un aggettivo che ben si confà a tutta la carriera di Guédiguian e che trova piena conferma in Au fil d'Ariane, lavoro girato in poche settimane i cui intenti si scoprono senza alcuna remora sin dai titoli di testa, durante i quali l'originale dicitura “une fantaisie de...” sostituisce il classico “un film de...”, sottolineando senza possibilità di errore l'intenzione ricreativa del racconto che ci si appresta a scoprire.
Aiutandosi con un ampio spettro musicale che coinvolge Schubert, Rossini, Verdi e il cantautore popolare Jean Ferrat, Guédiguian mette in scena una piccola e lieta favola contemporanea, in cui una donna cerca di sfuggire alla solitudine che la attanaglia e all'omologazione della città gettandosi a capofitto, da un istante all'altro, in una vita nuova e rigenerante a contatto con la natura e il mare. Al tempo stesso la protagonista Ariane sfrutta i nuovi orizzonti che le si aprono per tentare di realizzare sogni mai espressi, veleggiando lungo un binario diretto verso singulti di libertà mai sperimentati prima. In questo modo il film (anzi, la fantasia...) assume i contorni di una riflessione sulla possibilità di reinventare se stessi a qualsiasi età, senza dimenticare la chiara indicazione rivolta verso l'opportunità di risolvere i propri conflitti interiori aggrappandosi alle genuine bellezze che il mondo, scavando oltre al grigiore delle apparenze, può forse ancora offrirci.
Per cento minuti l'autore marsigliese ci trasporta in un mondo sopra le righe, pieno di sole e di colore, in cui può anche succedere che all'improvviso, morettianamente, tutti i personaggi si mettano a cantare e ballare, e ci invita a divertirci con giochi cinefili sparsi, accumulando citazioni (anzi, reverances) riferite a Pasolini, Godard, Sartre, Cechov, Brecht e Fellini e facendo indossare all'amata Ascaride lo stesso costume utilizzato in Cabaret di Bob Fosse. I suoi attori-feticcio si divertono con lui e con noi, sdoppiandosi e triplicandosi, scomparendo e riapparendo con sembianze e ruoli diversi. Accanto a loro conquistano spazio anche le ultime arrivate “in famiglia”, ovvero le giovani Anaïs Demoustier, ora sugli schermi italiani nell'ottimo Une Nouvelle Amie di Ozon e già con Guédiguian nel 2011 in Les Neiges du Kilimandjaro e Lola Naymark, che si esibisce in un coraggioso nudo integrale e che già aveva lavorato con lui nel 2009 per L'armée du crime.
Au fil d'Ariane conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, l'amore dell'autore per il suo mestiere, pur trattandosi di un'opera minore e senz'altro non di qualità eccelsa. Sembra più che altro una rilassata rimpatriata tra amici che si conoscono da una vita e si ritrovano una sera, davanti a una birra, per concepire una divertente e innocua avventura vagamente esotica. Senza alte pretese, ma solo per il puro gusto di sorridere, intrattenere e provare magari a sognare un po', prima di tornare in quel rifugio fondamentale chiamato casa e ridisegnare, forse, le sembianze della realtà.
A novembre uscirà (in Francia) il nuovo film del regista, Une histoire de fou, lavoro più impegnato e impegnativo dato il tema trattato (il genocidio armeno). In attesa di vederlo abbracciamo con gioia la piccola favola di Ariane, ribadendo il concetto già sopra espresso: non si può non voler bene a Robert Guédiguian.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Titolo originale: Au fil d'Ariane
Regia: Robert Guédiguian
Sceneggiatura: Robert Guédiguian e Serge Valletti
Fotografia: Pierre Milon
Montaggio: Bernard Sasia
Musiche: Gotan Project
Durata: 100'
Anno: 2014
Attori: Ariane Ascaride, Jacques Boudet, Jean-Pierre Darroussin, Anaïs Demoustier, Youssouf Djaoro, Gérard Meylan, Lola Naymark
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