Paul, come ogni mattina, si alza dal letto e si prepara per recarsi presso la Banca dove da tanti anni è impiegato. Prende il bus, osserva i volti della gente, giunge a destinazione, cammina verso la sua scrivania. Sembra una giornata uguale a tante e tante altre. Prima di accomodarsi al suo posto, però, Paul estrae una pistola e uccide a bruciapelo due colleghi. Dopodiché l’uomo, chiuso in ufficio, in attesa dell’arrivo della polizia, riflette e ripercorre le tappe della storia che lo ha portato sino al punto di non ritorno. Noi la riviviamo con lui.
L’etica del lavoro. La carriera come missione materiale e spirituale. L’impegno assoluto e costante nella propria mansione. La Banca come panacea di ogni sogno e speranza. La crescita individuale da inseguire a braccetto con il benessere aziendale. L’orgoglio per l’abilità nel mestiere che si svolge. L’apprezzamento di chi ogni giorno ti sta intorno. La spersonalizzazione dell’individuo, accettata senza remore per il rapporto di fiducia con l’Istituto sociale. Il benessere borghese sfruttato ma mai ostentato. L'amore di una famiglia normale e per questo eccezionale.
Poi, all'improvviso, le tappe del dramma. La crisi, i tagli, i costi da limare. Giovani rampanti pronti a superarti e toglierti la sedia. Cambi in sede direttiva. Segnali d'insofferenza da parte dei nuovi capi. Prestazioni giudicate non più all'altezza. Vendette trasversali. Logiche hobbesiane per le quali calpestare ogni diritto di anzianità. Tasselli di un mosaico che si spezza, in silenzio, jour après jour, disintegrandosi tra le onde della tempesta, sino al nadir della coscienza.
Paul è un uomo come tanti. Ha dedicato l'esistenza al lavoro e ha condotto il lavoro al cuore dell’esistenza. Quando le certezze professionali iniziano a vacillare, fagocitate dal mostruoso gorgo della crisi finanziaria, la sua corazza si apre, si sfalda, rivelando la nudità fisica e psicologica che si nasconde dietro la cravatta d’ordinanza. Da lì allo sfacelo, il passo è breve e radicale.
Per raccontare questa storia, accaduta nella Svizzera tedesca ma per l’occasione trasferita in Francia, Jean-Marc Moutout sceglie una narrazione a gambero. Dal presente scendiamo nel passato, in un gioco a incastro che riassume e collega i frammenti della tragedia. La messinscena è solida, sicura, spezzettata ma ordinata e capace di fermarsi al momento giusto, sempre, evitando qualsiasi pleonasmo. Un film di alto valore culturale e morale, grazie al quale assistiamo a un’acuta riflessione ontologica sulle logiche arriviste che dominano la società contemporanea. Il dramma intimo di un uomo si espande, nutrendosi con il conflitto sociale; nel volto scavato, negli occhi tristi e nelle sensazioni cangianti di un magnifico Darroussin, qui ben lontano dai divertissement guédiguiani (come il recente Au fil d'Ariane), il muro dell’omertà giunge fino a noi, catapultandoci in un incubo esistenziale da cui non ci può essere alcun risveglio.
Nel momento in cui la catastrofe è ancora in nuce, Paul è seduto nello stanzino dello psicologo del lavoro; cerca di aprirsi, confida la soffocante sensazione di sentirsi ormai inutile. Il dottore a un certo punto gli chiede: “le capita ogni tanto di aver voglia di piangere?”. Una domanda imbarazzante, a cui l’uomo risponde “sempre, in ogni momento”. Ma le lacrime restano lì, inespresse e inesplose, aspettando di trovare la loro malsana consacrazione, in un unico, insano e disperato gesto che decreta una sconfitta definitiva, e che al contempo è atroce catarsi di uno strazio ormai insostenibile.
De Bon Matin è un’opera lucida e attenta. Non sbaglia nulla, non si compiace, non perde mai la strada e indovina una scena finale bellissima, nella quale la macchina da presa, muta e crudele, indaga per qualche secondo le vite degli altri, ponendosi un quesito tanto ovvio quanto lancinante, ovvero: chi sarà il prossimo?
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Regia: Jean-Marc Moutout
Sceneggiatura: Jean-Marc Moutout, Olivier Gorce, Sophie Fillières
Fotografia: Pierric Gantelmi d'Ille
Attori: Jean-Pierre Darroussin, Valérie Dréville, Xavier Beauvois, Yannick Renier
Anno: 2010
Durata: 91'