Cosa resta, allora, per coltivare almeno una speranza? La scuola? Dove cercano di impostarti per un banale e servile futuro da segretaria? No, per carità. Resta un'amica, quella sì; una grande amica (nella stazza e nella reciproca fedeltà) con cui condividere avventure e sofferenze. E resta il sogno di fare soldi, tanti soldi, per uscire dal lerciume e costruire un futuro per il quale possa davvero valer la pena vivere.
Ma come procurarseli questi soldi? Con un lavoro onesto e legale? Difficile, molto difficile, se sei una ragazza immigrata. Decisamente più immediato farlo in altro modo. Iniziando dal basso, provando a vendere accendini e sucettes (i lecca lecca) davanti alla scuola, per poi salire, cominciando a rubacchiare qualcosa al supermercato, per poi passare a piccoli quantitativi di droga e andare ancora più su, nel momento in cui incontri la ragazza-boss del quartiere e riesci a entrare nelle sue grazie.
Eccoli, i soldi che iniziano ad arrivare.
Nel frattempo non riesci a fare a meno di innamorarti di un ballerino di danza contemporanea. Lo guardi in segreto nascosta tra le impalcature del teatro dove fa le prove, ne ammiri il sinuoso fascino, assapori il totale contrasto tra quei movimenti aggraziati e la lordura che abitualmente ti circonda; senti qualcosa nascere, qualcosa di viscerale ed eccitante. Ma nella tua mente viene prima il denaro, da accumulare, gongolando al pensiero dei Ray-Ban che indosserai guidando un giorno una Ferrari fiammante con cui sfrecciare lungo le strade del domani. I soldi. Money Money Money. E gli inevitabili pericoli di una vita à bout de souffle.
Vincitore della prestigiosa Caméra d'Or al Festival di Cannes 2016 e candidato a ben 7 premi César (tra cui miglior film), Divines è l'esordio nel lungometraggio della regista franco-marocchina Houda Benyamina. Un'opera graffiante ed estremamente contemporanea, che conferma l'intenzione del cinema francese di provare ad analizzare le tante desolazioni e contraddizioni sempre più evidenti e pressanti nel mondo delle periferie urbane. Due recenti esempi, in tal senso, possono essere senz'altro individuati nell'apprezzabile horror La Horde e nello splendido Bande de filles (Diamante Nero) di Céline Sciamma; è proprio al film della Sciamma che il lavoro della Benyamina si lega a stretto filo, per ambientazione, tematiche e tipologia di personaggi.
Le pellicole, pur abbracciando modalità di rappresentazione per certi versi molto vicine tra loro, si differenziano per il punto di vista autoriale: se infatti la Sciamma incentrava il suo racconto sull'analisi del particolare (la maturazione della protagonista Marieme), allargando poi il contesto al carattere universale della vicenda, la Benyamina compie il percorso opposto, focalizzandosi sul côté civile dell'opera (il disagio degli abitanti dei sobborghi, la distanza incolmabile con la borghesia della metropoli, l'abbandono a se stessi dei derelitti) per poi scivolare dentro alle singole avventure del suo volto principale, Dounia. Due sentieri in un qual senso antitetici, ma accomunati dall'invidiabile capacità di trascinare lo spettatore dentro al complesso destino di due anti-eroine verso le quali non si può non provare una concreta e totalizzante empatia.
Divines scopre le sue carte sin da subito, regalando un doppio incipit folgorante: prima un collage di immagini riprese con lo smartphone, in cui assistiamo a frammenti sparsi delle scatenate scorribande diurne e soprattutto notturne di Dounia e dell'inseparabile amica Maimouna, quindi una dirompente scena ambientata in classe, dove durante una lezione di “segretariato” Dounia scatena tutta la sua anima ribelle, disintegrando pezzo per pezzo le certezze dell'insegnante. Un inizio mozzafiato, riassunto perfetto di ciò che sarà la narrazione per tutti i 105 minuti di durata: un vortice inarrestabile.
Divines è un film di corpi sciupati e corpi levigati, oblio e voglia di riscatto, urla disperate e risate incontrollate, chiome raccolte in assetto da battaglia e capelli sciolti al vento, fughe a perdifiato e preghiere alle stelle, inevitabili tragedie e seducenti ironie: un frullato di emozioni uguali e contrarie, scandite da una regia virtuosa (talvolta fin troppo) e da una colonna sonora che sa miscelare lirica, techno, hip hop e sonorità arabeggianti, trovando sempre la nota giusta al punto giusto. La regista in qualche occasione si lascia prendere la mano, ma non perde mai il controllo della storia, rigorosamente espressa (e girata) in ordine cronologico, così da condurci, senza sbalzi temporali, nel percorso di formazione di una bâtarde che scava nella paura per trovare la forza di provare a darsi un destino diverso, nonostante tutti i rischi che le sue azioni comportano.
Interpretata con stupefacente intensità e completezza dalla bravissima Oulaya Amamra, la Dounia di Divines è un personaggio che si imprime nell'anima e difficilmente ne esce. In lei si aprono i cieli bui di tutti coloro che navigano allo sbando, dimenticati dalle classi agiate, visti con sospetto o addirittura con disgusto. In lei, inoltre, si concretizzano i sogni di tante adolescenti che rifiutano le distorte imposizioni sociali e culturali; proprio come la Marieme di Bande de filles, decisa a non sottostare a un avvenire già scritto da trascorrere spenta, a casa, a badare unicamente alla prole.
Inedito nelle sale italiane, ma disponibile per la visione in streaming su Netflix, l'esordio dell'autrice classe 1980 risucchia l'avventore in un turbine ritmato da cui si esce carichi e storditi. E pazienza se l'epilogo sottolinea con sin troppa enfasi la matrice politica dell'opera. Ciò che resta è comunque un lavoro che trasuda convinzione, tenacia ed energia. Una corsa a tutta velocità lungo la corrente della vita.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Titolo Originale: Divines
Anno: 2016
Regia: Houda Benyamina
Durata: 105'
Sceneggiatura: Romain Compingt, Houda Benyamina, Malik Rumeau
Attori: Oulaya Amamra, Majdouline Idrissi, Déborah Lukumuena, Kévin Mischel
Fotografia: Julien Poupard
Musiche originali: Demusmaker
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