ORIZZONTI DI GLORIA - La sfida del cinema di qualità
  • HOME
  • REDAZIONE
  • LA VIE EN ROSE
  • FILM USCITI AL CINEMA
  • EUROCINEMA
  • CINEMA DAL MONDO
  • INTO THE PIT
  • VINTAGE COLLECTION
  • REVIVAL 60/70/80
  • ITALIA: TERZA VISIONE
  • AMERICA OGGI
  • ANIMAZIONE
  • TORINO FILM FESTIVAL
    • TORINO 31
    • TORINO 32
    • TORINO 33
    • TORINO 34-36-37
  • LOCARNO
    • LOCARNO 66-67-68
    • LOCARNO 69
    • LOCARNO 72-74-75-76-77
  • CANNES
    • CANNES 66
    • CANNES 67
    • CANNES 68
    • CANNES 69
  • VENEZIA
  • ALTRI FESTIVAL
  • SEZIONI VARIE
    • FILM IN TELEVISIONE
    • EXTRA
    • INTERVISTE
    • NEWS
    • ENGLISH/FRANÇAIS
  • SPECIAL WERNER HERZOG
  • SPECIAL ROMAN POLANSKI
  • ARCHIVIO DEI FILM RECENSITI
  • CONTATTI

L’AMOUR ET LES FORÊTS, di Valérie Donzelli

13/12/2023

0 Comments

 
Foto
Chi conosce il sottoscritto, sa bene quanto incondizionato amore ci sia da queste parti nei confronti di Valérie Donzelli, autrice/attrice come poche capace di regalare sempre spensieratezza e belle sensazioni, grazie alla sua bravura, genuinità, creatività, irriverenza. Forte era dunque la curiosità di approcciare il suo nuovo film da regista, L’amour et les forêts, tratto dall’omonimo romanzo di Éric Reinhardt, in cui peraltro scoprire una Valérie molto diversa rispetto alle consuete e felici connotazioni che nel tempo l’hanno resa così speciale.

Qui, infatti, abbandoniamo la gioia, le tourbillon de la vie di opere trascinanti e scatenate come Main dans la main e Notre dame, per immergerci nel percorso di una donna alle prese con dolci voli dell’innamoramento che poi deflagrano in una nebbia di tormento e disperazione.

Tutto inizia con il casuale incontro tra Blanche e Greg, da cui scaturisce subitanea una passione totalizzante, insaporita da una ricetta a base di frasi romantiche, soavi passeggiate, armonia fisica e spirituale. Per lei, idealista, al contrario della disincantata sorella gemella, il rapporto con quest’uomo caduto all’improvviso dal cielo dei sogni assume i tratti del romanzo divenuto realtà. Il sentimento vero, profondo, cercato da sempre, nel respiro di una favola meravigliosa di cui cogliere i frutti; anche perché, a una certa età, «J’ai plus envie d’être sage».

Blanche abbandona il mare della Normandia e la famiglia per seguire lui altrove, resta incinta, lo sposa, compie rinunce, accoglie tutti i suoi desideri. Siamo però al via di una strada pericolosa: la venerazione assoluta di Greg per la donna un po’ alla volta muta traiettorie e accoglie storture di possesso, dominio psicologico, controllo ossessivo, sopraffazione. Nessuna violenza fisica (almeno sino a un certo punto), bensì un sottile e infido scavo mentale. Blanche si intorpidisce e indebolisce, sente sensi di colpa che non dovrebbe affatto avere, comprende infine di essere stata chiusa in gabbia ma non ha la forza di uscirne. La coltre di buio si fa di giorno in giorno più spessa, e quando finalmente si attua un moto di ribellione allo stato delle cose, ecco aprirsi le fauci di conseguenze devastanti. 

Il sunto dell’opera lascia intendere come si navighi in territori ben lontani dai titoli di Valérie sopra citati. Casomai, perlomeno nella prima parte, possiamo rintracciare qualche lieve contatto con l’incompreso Marguerite et Julien. È proprio nella fase inaugurale del film che la regista inserisce quel tocco tipicamente suo, colorato di ardore e originalità. L’avvicinamento tra Greg e Blanche si estremizza riempiendosi di suggestioni da fiaba, la fotografia sfiora coordinate da fotoromanzo, i personaggi cantano in macchina accarezzando il musical. Si riconoscono tratti brillanti e peculiari del cinema Donzelli. 

Mentre la narrazione prosegue, lo stile di ripresa invece si rabbuia, in parallelo con la prigionia fattuale ed emotiva in cui precipita la protagonista. Una deriva abbastanza schematica che toglie magari un po’ di personalità all’insieme ma non per questo ne smarrisce l’efficacia. La sceneggiatura, scritta insieme ad Audrey Diwan (L’événement), non perde di solidità e fa risaltare le caratteristiche dei personaggi, la violenza implicita ed esplicita, compiendo ellissi intelligenti e insistendo su scene soffocanti eppure essenziali per l’economia del racconto. Ne esce un amaro ritratto di donna manipolata, adorata (in apparenza) ma poi come tante calpestata nella sua dignità, vittima di un soggetto maschile nella cui mente confusa mordono gelosia, pazzia, infantile insicurezza, continuo bisogno di conferme e bieca mostruosità.

L’amour et les forêts, uscito a maggio 2023 in Francia e molto apprezzato in patria sia dalla stampa che dal pubblico, si innalza sullo splendore di Virginie Efira, alle prese con doppio ruolo (Blanche e la gemella Rose) e un tour de force intriso di cangianti sfumature, dai sorrisi radiosi alle rughe dell’afflizione, da sensuali nudità a commiserazione e vergogna, dall’illusione al terrore. Accanto a lei un valido Melvil Poupaud, attore irreprensibile da cui non ci si può mai aspettare nulla al di fuori della pienezza interpretativa.

La loro danza fuori equilibrio si sviluppa lasciando spazio a citazioni letterarie (Racine, Molière), risvegli forzati, interrogatori sfibranti, inserti linguistici forse semplici ma idonei al contesto (le inquadrature con lui davanti messo a fuoco e la donna dietro sfocata), atti barbari cui si fatica a dare il giusto nome, aiuti silenziosi e preziosi. Sino a un’ultima, bellissima immagine, nella quale il viso di Blanche incarna al meglio un mélange di logoramento, tracce di residuo timore ma soprattutto ritrovato coraggio. Il coraggio di voler essere di nuovo libera. Senza più catene.

«Ho amato anche tutte le lacrime che ho versato per te.»

Alessio Gradogna


Sezione di riferimento: La vie en rose

Scheda tecnica

Titolo originale: L'Amour et les forêts
Titolo internazionale: Just the Two of Us
Anno: 2023
Regia: Valérie Donzelli
Sceneggiatura: Audrey Diwan, Valérie Donzelli
Fotografia: Laurent Tangy
Durata: 105’
Attori: Virginie Efira, Melvil Poupaud, Dominique Reymond, Romane Bohringer, Virginie Ledoyen

0 Comments

GRÂCE À DIEU (Grazie a Dio) – Liberare la paura

20/10/2019

0 Comments

 
Foto
​Le luci del presente, le ombre del passato. Fantasmi oscuri che si aggirano nella mente, spettri irrequieti che ancora danzano confusi senza aver trovato pace. La vita, gli impegni, il lavoro, la famiglia. Ma poi la notte, il silenzio, i ricordi, il dolore. Tormenti che incalzano Alexandre Guérin, quarantenne capace di costruire nel tempo un’esistenza ricca di gioie e certezze: una moglie affezionata, cinque figli in crescita secondo dettami di fede e rispetto, un’occupazione solida in banca. Dietro alla cortina lieta del quotidiano, ci sono però i residui tossici di un’infanzia complicata, durante la quale Alexandre ha subito abusi sessuali da parte del parroco Bernard Preynat. Attenzioni che hanno lasciato un marchio indelebile nello spirito di quel bambino ora diventato uomo. 
Sono passati una trentina d’anni da allora, ma in fondo nulla è mai cambiato. Con vivo sconcerto, Alexandre scopre che Preynat ancora opera a stretto contatto con i bimbi. Disgustato e sconvolto, contatta il Cardinale Barbarin, responsabile della diocesi di Lione. Espone il suo caso, rievoca i fatti accaduti, chiede che il prete sia allontanato. Da quel momento inizia un lungo viaggio tra ricerca di giustizia e insabbiamenti, tentativi di salvare altre reali e potenziali vittime e sporche omissioni da parte dello stesso Barbarin e di tutta la Chiesa. 
Alexandre è la scintilla, la miccia che accende la bomba; dopo di lui altri vengono allo scoperto, trovando finalmente il coraggio di parlare: tra loro, tra i tanti, François Debord ed Emmanuel Thomassin, anch’essi destinatari delle “affettuose carezze” di Preynat al tempo dei campi scout. Nasce un’associazione, La parole libérée, destinata a fornire sostegno alle prede a cui il parroco ha violato l’innocenza; le denunce abbandonano il campo prettamente religioso e si inseriscono nel contesto giudiziario; i protagonisti rivelano i maltrattamenti subiti, coinvolgono i mass media, si battono affinché giustizia sia finalmente fatta. Affinché Preynat, Barbarin e tutti i responsabili degli scempi paghino per le colpe di cui si sono macchiati. Un percorso arduo, ma portato avanti con determinazione e coraggio.
​
Dopo numerose opere di alto livello, legate comunque alla finzione narrativa, François Ozon torna nelle sale con un film questa volta basato su eventi reali. Premiato con l’Orso d’Argento a Berlino e accolto con grandi applausi e pressoché unanimi lodi da parte del pubblico e della stampa francese, Grâce à Dieu (Grazie a Dio) arriva finalmente anche da noi, trainando con sé il suo carico di aspra e necessaria denuncia. 
Se si studia un momento la genesi della lavorazione, si scoprono cose per le quali non c’è purtroppo di che sorprendersi. Il film è stato realizzato in segreto, con un titolo fittizio e una trama fasulla, così da evitare interferenze da parte della Chiesa. Sebbene la vicenda sia ambientata a Lione, gran parte delle scene sono state girate in Belgio e in Lussemburgo, o nella regione parigina, sempre per scartare le ingerenze del potere cattolico lionese. Inoltre, una volta rivelati trailer e vera sinossi del film, nel quale sono persino utilizzati i veri nomi dei soggetti coinvolti (il parroco peraltro è ancora oggi un “presunto innocente” in attesa di processo), gli avvocati di Preynat hanno tentato di bloccarne l’uscita, chiedendo un provvedimento d’urgenza a tale scopo; un attacco per fortuna fallito, in quanto i giudici hanno deliberato a favore della libertà di espressione artistica (e chissà se in Italia il verdetto sarebbe stato lo stesso; ci si permetta qualche dubbio in merito).
Nonostante gli ostacoli, possiamo dunque ammirare senza impedimenti un’opera da molti accomunata al recente Il caso Spotlight, di Tom McCarthy, anche se i contatti tra le due pellicole sono in verità soltanto superficiali. Mentre infatti il film americano puntava su coordinate piuttosto definite, legate al giornalismo d’inchiesta, il lavoro di Ozon, di ben altro spessore, si concentra sull’emotività delle vittime, sulla loro interiorità, sui rapporti familiari, cercando di scavare all’interno di anime e cuori le cui ferite mai si potranno del tutto rimarginare. 
​
Da sempre cantore di una sessualità disinibita, fremente, trasgressiva, multiforme, dipinta in varie tonalità di affermazione di sé, il regista di Swimming Pool, Potiche, Jeune et Jolie, Une nouvelle amie e L’amant double si pone ora al lato opposto, andando a indagare le pieghe non totalmente cicatrizzabili di contatti fisici squallidi, patologici, coercitivi, privi di volontà di scelta. Una strada d’analisi tortuosa, che facilmente sarebbe potuta scadere nel sensazionalismo e/o nella caccia alla tiepida lacrima. Ozon, invece, con estrema abilità, respinge questi rischi, mettendo in scena un film sorprendentemente costruito quasi come un thriller, teso e dal gran ritmo, a tratti perfino concitato, in cui lo spettatore è scaraventato nel torbido mare della vicenda subito, senza preamboli, senza avere la possibilità di immergere prima i piedi in acqua per acclimatarsi. Grâce à Dieu parte spedito e non si ferma più; rari i momenti di stasi, poche le sequenze topiche. L’impasto è compatto, fluido, efficace, sempre lucido. 
In costante e brillantissimo stato di forma ormai da oltre un decennio, Ozon rifugge pure i tranelli della rappresentazione a tesi: la condanna alle ignominie pedofile di Preynat e all’omertà di Barbarin è forte e conclamata, ma la sceneggiatura non ricatta il pubblico costringendolo solo a una crociata ideologica. L’autore riesce invece a mantenersi in equilibrio tra precisa descrizione dei fatti e analisi psicologica di uomini che combattono per una causa giusta, giustissima, cercando al contempo di trovare così o lo scopo di un’intera vita o una maturazione della vita stessa, oltreché l’approdo tanto agognato a una minima serenità interiore. 
​
Accompagnato dalla bravura dei suoi principali attori, Melvil Poupaud (indimenticato protagonista, tra gli altri, di Laurence Anyways di Dolan), Denis Ménochet (visto in Jusqu’à la garde – L’affido) e l’ottimo Swann Arlaud, e da uno stuolo di “comprimari” di gran livello (Frédéric Pierrot, Hélène Vincent, Josiane Balasko), Grâce à Dieu sfrutta i dettami della denuncia sociale per farsi strumento di emancipazione e liberazione. Il senso dell’opera sta infatti (anche) proprio qui: liberare la paura, liberarsi dalla paura, affrancarsi dalla schiavitù del silenzio, svincolarsi dalla sedimentazione di una sofferenza per la quale non esiste alcuna prescrizione.
Il compimento dell’atto cinematografico in quanto tale, e della missione di tutte le vittime che oggi combattono per impedire che simili orrori restino impuniti e si ripetano in Francia come altrove, risiede nelle profondità di questo concetto: alzare lo sguardo, comunicare, aprirsi, ascoltare, comprendere, agire. Per non avere più paura.

Alessio Gradogna

Sezioni di riferimento: Film al cinema, La vie en rose

Recensioni film di François Ozon: Dans la maison (Nella casa) – Jeune et Jolie (Giovane e bella) – Une nouvelle amie (Una nuova amica) – Frantz – L’amant double (Doppio amore)

Scheda tecnica

Titolo originale: Grâce à Dieu
Anno: 2019
Durata: 127’
Regia e sceneggiatura: François Ozon
Fotografia: Manuel Dacosse
Montaggio: Laure Gardette
Attori: Melvil Poupaud, Denis Ménochet, Swann Arlaud, François Marthouret, Bernard Verley, Josiane Balasko, Frédéric Pierrot, Hélène Vincent

0 Comments

FIDELIO, L'ODYSSÉE D'ALICE - La dolce infedeltà

19/9/2014

0 Comments

 
Picture
Una ragazza nuota nuda tra le acque del Mediterraneo, vicino al porto di Marsiglia. Ad attenderla, in un tratto di spiaggia nascosto agli occhi della gente, c'è il suo fidanzato, pronto per consumare un appassionato atto d'amore. Lei sta per imbarcarsi a bordo di un cargo: è una macchinista, lavoro prettamente maschile che però le piace e ben si confà alla sua anima errabonda. Dovrà sostituire un marinaio appena deceduto in circostanze non molto chiare. Starà via circa un mese. Il compagno promette di restare lì, sulla terraferma, ad aspettarla. 
Quello che entrambi non sanno è che per la ragazza, Alice, 30 anni da compiere tra pochi giorni, non sta per iniziare soltanto un impegno lavorativo; ciò che la attende è invece un complesso viaggio dentro ai profondi misteri della coscienza e del corpo, a bordo di una nave, chiamata Fidelio, dove si (ri)apriranno orizzonti profumati di piaceri e paure.
Presentato in concorso a Locarno 67 e in uscita a Natale nei cinema francesi, Fidelio, l'odyssée d'Alice è il primo lungometraggio di Lucie Borleteau, per il quale la regista si è ispirata a una persona reale, una sua cara amica che ha deciso di entrare nella marina mercantile. Ambientando gran parte del film tra gli angusti spazi della sala macchine e delle cabine del cargo, in alternanza ad ampi campi di ripresa in cui l'imbarcazione viene fagocitata dall'immenso potere visivo delle acque, la Borleteau procede per intarsi paralleli, tracciando diversi sentieri che partono dalla calda e fremente pelle della sua Alice per poi oscillare tra le onde di un cuore in tempesta. 
L'odissea (sentimentale) della protagonista si muove tra le ambivalenze di una sorta di menage à trois in cui trovano posto Felix, il ragazzo che l'aspetta al suo ritorno, giovane di origini norvegesi che vorrebbe lavorare come disegnatore di fumetti, e il capitano della nave, Gael, che altri poi non è se non un vecchio e grande amore sepolto dall'oblio del tempo e ora riemerso grazie al gioco del destino. 
Istintiva, scatenata, irrefrenabile, Alice corre senza sosta tra i pericoli del lavoro in sala macchine, gli alcolici momenti di festa con i membri dell'equipaggio, i rapporti sessuali con l'ex ritrovato, l'umida e intima quiete di momenti di piacere solitario in cui Felix e Gael si alternano nei suoi pensieri, e ulteriori incontri con altre “prede” occasionali. A fare da cornice alla vicenda, il diario del marinaio deceduto a bordo della Fidelio, che Alice scopre e legge con avidità ritrovando evidenti punti di contatto tra i resoconti del defunto e le problematiche che impediscono a lei di compiere scelte nette e definitive.
Così, nelle profondità dei suoi occhi irresistibili e tra le linee del suo corpo sinuoso, Alice sorride, indaga, balla, si arrabbia, si masturba, per poi cercare quasi ogni notte l'odore di un uomo, come ingrediente indispensabile per combattere un latente senso di solitudine che potrebbe farla sprofondare negli abissi dell'oblio. In lei si alternano un'inesausta ricerca di attrazione e seduzione, una peregrinazione infinita verso quella stabilità che al contempo sogna e rifiuta, uno stordente mix di ingenuità e scaltrezza, ardore fanciullesco e disprezzo delle regole, nonché una sorta di sbornia perenne con cui attaccare i tremori della vita. 
Molto ben interpretato da Ariane Labed, già premiata qualche anno fa a Venezia e ora vincitrice a Locarno del meritato Pardo come miglior attrice, il personaggio di Alice è uno dei ritratti femminili più interessanti che il cinema europeo ci abbia proposto negli ultimi anni. La Labed mostra tutta se stessa, letteralmente, senza timori, dominando con impegno e generosità un microcosmo culturalmente stratificato e le mille contraddizioni di una ragazza che in fondo non si può non amare, per come riesce perfino a essere dolce nella sua eterna infedeltà e nelle volubili derive del suo comportamento. Accanto a lei Anders Danielsen Lie, già visto in Oslo, 31. august, bravo a recitare con discreta efficacia in una lingua che non gli appartiene, e Melvil Poupaud, belloccio del cinema francese, che pensa soprattutto a mettere sul piatto il suo physique du rôle. 
Al di là di qualche limite strutturale, e di una regia che ogni tanto si lascia prendere troppo la mano rischiando di smarrire la corretta via di navigazione, il film della Borleteau convince per freschezza, carica e spontaneità; non si blocca davanti ai tentennamenti, osa senza remore, e rifiuta di imporre qualsiasi gabbia morale e moralista a una vicenda libera e affascinante, proprio come la sua protagonista.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose, Locarno


Scheda tecnica

Regia: Lucie Borleteau
Sceneggiatura: Lucie Borleteau, Clara Bourreau
Fotografia: Simon Beaufils
Musiche: Thomas De Pourquery
Anno: 2014
Durata: 97'
Attori: Ariane Labed, Melvil Poupaud, Anders Danielsen Lie, Pascal Tagnati, Bogdan Zamfir


Extrait : Fidelio, l'odyssée d'Alice, de Lucie... di Telerama_BA
0 Comments
    Foto

    LA VIE EN ROSE

    CATEGORIE
    DELLA SEZIONE

    Tutti
    9 Mois Ferme
    Adèle Haenel
    Agathe Bonitzer
    Aimer Boire Et Chanter
    Alain Guiraudie
    Alain Resnais
    Albert Dupontel
    Anais Demoustier
    André Dussolier
    Anna Novion
    Anne Consigny
    Anne Fontaine
    Annette
    A Perdre La Raison
    Ariane Ascaride
    Ariane Labed
    Arnaud Desplechin
    A Trois On Y Va
    Audrey Tautou
    Au Fil D'ariane
    Bande De Filles
    Benoit Poelvoorde
    Bérénice Bejo
    Bruno Dumont
    Camille Claudel 1915
    Cédric Kahn
    Céline Sciamma
    Chiara Mastroianni
    Christa Theret
    Christophe Honoré
    Claire Denis
    Claude Miller
    Clotilde Hesme
    De Bon Matin
    Déborah François
    Diane Kruger
    Divines
    Eastern Boys
    Emilie Dequenne
    Emmanuelle Bercot
    Emmanuelle Devos
    Emmanuelle Seigner
    Fabrice Du Welz
    Fabrice Luchini
    Fatima
    Felix Maritaud
    Fidelio L'odissee D'alice
    François Cluzet
    François Damiens
    François Ozon
    Frantz
    Fred Cavayé
    Frederic Pierrot
    Gabriel Byrne
    Gerard Meylan
    Gilles Lellouche
    Hafsia Herzi
    Il Viaggio Di Jeanne
    Isabelle Adjani
    Isabelle Carré
    Jacques Audiard
    Jean Dujardin
    Jean Paul Rouve
    Jean Pierre Darroussin
    Jérémie Elkaim
    Jérémie Renier
    Je Suis Heureux Que...
    Joachim Lafosse
    Josephine Japy
    Journal D'une Femme De Chambre
    Juliette Binoche
    Karidja Toure
    La Belle Personne
    La Bete Dans La Jungle
    Laetitia Dosch
    La Fille De Monaco
    La Loi Du Marché
    L'amant Double
    L'armee Du Crime
    Laure Calamy
    Laurent Cantet
    Léa Seydoux
    L'économie Du Couple
    Le Moine
    Leos Carax
    Les Combattants
    Les Gardiennes
    Les Innocentes
    Les Ogres
    Les Revenants
    Les Salauds
    Le Temps De L'aventure
    Lola Creton
    Lola Naymark
    LOL - Laughing Out Loud
    Lou De Laage
    Louise Bourgoin
    Louis Garrel
    Main Dans La Main
    Mal De Pierres
    Marine Vacth
    Marion Cotillard
    Mathieu Amalric
    Melanie Laurent
    Melvil Poupaud
    Mes Cheres Etudes
    Mia Dolce Assassina
    Michel Bouquet
    My French Film Festival
    Nathalie Baye
    Niels Arestrup
    Noemie Lvovsky
    Noemie Merlant
    Olivier Rabourdin
    Papicha
    Petite Maman
    Pierre Deladonchamps
    Pierre Niney
    Pour Elle
    Quand Je Serai Petit
    Quelques Heures De Printemps
    Quentin Dolmaire
    Renoir
    Respire
    Rester Vertical
    Ritratto Della Giovane In Fiamme
    Robert Guédiguian
    Robin Campillo
    Romain Duris
    Roman Polanski
    Roschdy Zem
    Sabine Azéma
    Sandrine Kiberlain
    Sara Forestier
    Sauvage
    Sophie Cattani
    Sophie Marceau
    Stéphane Brizé
    Suzanne
    Therese Desqueyroux
    Tonie Marshall
    Trois Souvenirs De Ma Jeunesse
    Una Bouteille A La Mer
    Une Place Sur La Terre
    Un Moment D'egarement
    Valérie Donzelli
    Valérie Lemercier
    Vincent Cassel
    Vincent Lindon
    Vincent Macaigne
    Vincent Rottiers
    Virginie Efira
    Virginie Ledoyen
    Voir Du Pays
    X Femmes

    Feed RSS

Powered by Create your own unique website with customizable templates.