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QUELQUES HEURES DE PRINTEMPS - Il lungo addio

6/8/2014

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Alain Evrard ha quasi cinquant'anni. Dopo un periodo di reclusione dovuto a contrabbando esce di prigione, e non avendo un altro posto dove andare torna a vivere a casa dell'anziana madre Yvette. Il rapporto tra i due trascina silenzi e incomprensioni nate molto tempo prima e mai risolte, generando grevi momenti di litigio alternati a un reciproco e risentito distacco. Alain e Yvette simboleggiano due solitudini che invece d'incontrarsi si scontrano, rifiutando quell'affetto latente che pare non voler riemergere in alcun modo. 
Un giorno Alain scopre che la madre è gravemente malata (un tumore al cervello ormai incurabile), ma nemmeno questa rivelazione pare appianare il rapporto tra i due. Yvette sceglie di rivolgersi a un'istituzione che concede alle persone giunte al termine della vita la possibilità di effettuare un suicidio assistito, per spegnersi dolcemente prima che la malattia produca effetti devastanti; Alain non comprende fino in fondo il perché di questa decisione, ma capisce di doverle comunque stare accanto, fino all'ultimo istante, per dare a entrambi un'ultima occasione di amore e riscatto. 
Presentato in Piazza Grande a Locarno nel 2012, accolto dagli applausi di quasi tutta la stampa francese, nominato ai César e tanto per cambiare mai uscito in Italia, Quelques heures de printemps affronta con coraggio e parsimonia il delicatissimo tema dell'eutanasia, con esiti parzialmente paragonabili all'ottimo Miele di Valeria Golino. Il film di Stéphane Brizé accoglie su di sé i pregi di una sceneggiatura equilibrata, sensibile e non schierata, raccontando con semplicità e cognizione di causa la storia di un intenso dramma familiare la cui risoluzione naviga lontana da qualsiasi forma di retorica. 
I due personaggi al centro della vicenda camminano sulle onde del dolore, oscillando tra dubbi, fallimenti, abbandono e dignità. Alain è un uomo di mezza età irascibile, gravato dai fantasmi della colpa, incapace di gestire qualsiasi legame sentimentale e di accontentarsi di un lavoro di basso livello pur di rincominciare; Yvette è una donna determinata, ferma sulle proprie convinzioni e pronta a tutto pur di uscire dal mondo a testa alta. Madre e figlio scontano le macchie indelebili di parole non dette e baci non dati, si spiano a vicenda coltivando una rabbia infinita, si scambiano dispetti da quattro soldi riducendosi al rango di adolescenti testoni, si cercano nell'odio, e rischiano di dirsi addio divisi dal disprezzo, sprecando l'ultima opportunità per trovare la pace.
Esistono però creature straordinarie, capaci di unire gli esseri umani con molta più efficacia di quanto la stupidità delle persone sia in grado di fare: gli animali. Nel momento in cui l'amato cane di famiglia accusa all'improvviso un preoccupante malore, la corsa in clinica veterinaria si tramuta nel momento di svolta dell'intera vicenda, frantumando finalmente il muro del risentimento. Da quella notte in poi, anche una cena consumata insieme in silenzio davanti alla Tv assume i connotati di una dimostrazione d'affetto, un piccolo gesto con cui avvicinarsi in modo più dolce al viaggio d'addio verso la struttura in Svizzera dove si svolgerà il suicidio assistito, per essere pronti, negli ultimi istanti, a confessare forse quell'affetto rimasto per troppo tempo nascosto in fondo all'anima.
Il film di Brizé (reperibile online in lingua originale con i sottotitoli italiani) vibra d'intensità e ricchezza emotiva, nonostante insegua una messinscena in apparenza “povera” e fredda; gioca con le traiettorie di sguardo, parla di amore e dignità senza alcun ricatto ricoperto di pietismo, e rincorre lo scorcio di primavera del titolo cullando lo spettatore con intimità e rispetto, sino a portarlo per mano verso il commovente finale. 
Vincent Lindon, grande attore che ormai conosciamo alla perfezione, rinuncia in alcuni punti alla morigerata inquietudine che da sempre lo caratterizza, e pur mantenendo la qualità di recitazione di altri recenti lavori come Pour Elle e Les Salauds, si lascia andare a sorprendenti esplosioni di rabbia, senza peraltro mai perdere d'efficacia. Accanto a lui Hélène Vincent, ammirabile per come riesce a donare decoro e fermezza d'animo al suo personaggio, ed Emmanuelle Seigner, eterea fiamma che divampa dal nulla in una serata di svago al bowling, per poi oscillare e infine svanire tra i flutti dell'incomprensione, lasciando Alain e il suo volto sfatto a rimirare un paesaggio lontano, ricoperto da un sole che soltanto in parte potrà lenire l'eterno spettro del rimpianto.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Regia: Stéphane Brizé
Sceneggiatura: Florence Vignon e Stéphane Brizé
Fotografia: Antoine Héberlé
Musiche: Nick Cave e Warren Ellis
Anno: 2012
Durata: 108'
Attori: Vincent Lindon, Hélène Vincent, Olivier Perrier, Emmanuelle Seigner

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