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LES COMBATTANTS - L'arte della sopravvivenza

10/2/2015

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Arnaud ha 17 anni. Dopo la morte del padre, aiuta il fratello maggiore nella gestione della piccola azienda a conduzione familiare che si occupa della costruzione di tettoie da giardino. La sua estate sembra andare in questa determinata direzione, tra il lavoro e le serate di svago con gli amici di sempre. 
Le cose cambiano quando Arnaud conosce Madeleine, coetanea tanto affascinante quanto misteriosa, con il fisico scolpito e strambe idee orientate verso apocalittiche idee di morte e distruzione. La ragazza sta per iscriversi a un corso di preparazione militare: il suo obiettivo è diventare sempre più forte e preparata, per affrontare al meglio le imminenti disgrazie che porteranno al probabile collasso della razza umana. 
Arnaud comprende di essere attratto da questa bizzarra creatura perennemente in guerra con il mondo, anche se non ne comprende fino in fondo i gesti e i pensieri; per restarle vicino, o forse inconsciamente per proteggerla, si iscrive anche lui allo stage di 15 giorni con i paracadutisti, un'esperienza formativa durante la quale all'improvviso i due si troveranno a dover realmente lottare per la sopravvivenza, da soli nella foresta, senza cibo né medicine.

Les Combattants nel 2014 è stato in assoluto il film rivelazione dell'anno in Francia. Presentato alla Quinzane des Réalisateurs a Cannes ha portato a casa svariati premi; è poi uscito nelle sale transalpine a fine agosto ottenendo l'applauso del pubblico e un quasi totale plebiscito da parte della critica d'Oltralpe, ed è arrivato a conquistare ben nove nomination ai César, inclusa quella come miglior film. 
Il lavoro in questione è l'opera d'esordio di Thomas Cailley, classe 1980; una pellicola che si iscrive solo parzialmente nell'ampio filone contemporaneo francese dedicato all'età adolescenziale, in quanto cerca di percorrere strade per quanto possibile originali e autonome. Il tema di fondo verte sul bisogno di crescita di due diciassettenni che cercano una strada nella vita, senza aver ancora pienamente compreso la direzione da intraprendere. Arnaud pare destinato a una placida esistenza condotta secondo classici stilemi di provincia impostati su casa, lavoro e amici, in una scontata quotidianità in cui anche non fare nulla ha un senso, come egli stesso spiega nel dialogo più bello del film: “Essere capaci di far passare il tempo, senza fare niente di particolare, senza pensare a grandi cose: questo è sopravvivere. Altrimenti si diventa pazzi”. Madeleine, al contrario, morde i freni della realtà a testa bassa, buttandosi in piscina con pesi attaccati alla schiena, aprendo bottiglie di birra con i denti, trangugiando orrende misture a base di pesce frullato, per urlare al mondo la propria ribellione, il rifiuto delle abitudini sociali della sua età e il desiderio impellente di essere più forte di ogni incombenza che la circonda.
Dietro al catastrofismo spirituale e all'estremismo comportamentale, risulta facile rendersi conto di come in realtà Madeleine soffra di un acuminato senso di solitudine, di un bisogno di amore e normalità che non è capace di esprimere. A tal fine ella corre disperata controvento, sfidando quel mondo che non ne sa tradurre le più intime necessità, per mascherare la fragilità di cui peraltro non può che essere vittima.
L'incontro tra due personalità così differenti genera meccanismi narrativi in parte prevedibili, con gli attriti iniziali e un successivo avvicinamento che sfocia nel sentimento, senza che ciò vada peraltro a inficiare la buonissima riuscita di un film che impressiona per freschezza e lucidità, nonostante qualche eccessivo simbolismo dovuto a ingenuità comunque perdonabili. La prima parte dell'opera disegna con assoluta efficacia lo spaesamento esistenziale dei due protagonisti e le piccole scoperte e delusioni di un'estate assolata in cui ribollono i germi del cambiamento; la seconda parte, di estrazione militaresca, aggiunge forse meno elementi di riflessione, riuscendo però a risalire la china nel momento in cui i due si trovano da soli, perduti ai margini del nulla, come anime allo sbando in un Eden che tale più non è. Il prefinale, di stampo quasi fantascientifico, risulta sin troppo ambizioso, ma è utile per preparare il saluto a personaggi che abbiamo nel frattempo imparato ad apprezzare anche e soprattutto per le loro imperfezioni. 
Les combattants (Love at First Fight per il mercato internazionale) sfrutta una brillante colonna sonora che mescola dance, rock, elettronica e new wave, accompagnando con ardore la messinscena senza risultare troppo invasiva, e si avvale delle interpretazioni del discreto Kevin Azaïs e soprattutto di Adèle Haenel, ormai diventata una delle giovani attrici francesi più richieste in patria. Già premiata con il César lo scorso anno per l'ottimo Suzanne, la Haenel si getta senza remore in un'interpretazione dura, molto fisica e mascolina, ai limiti dell'androginia, ricordando in qualche spunto la Sigourney Weaver dei tempi d'oro e dando piena sostanza a un personaggio a tutto tondo che in poche avrebbero potuto impersonare meglio di così. 
Dai suoi occhi grintosi si sviluppa una coinvolgente battaglia che coinvolge il presente e il futuro, una lotta da affrontare guardando più in là rispetto alla realtà fattuale, per uscire dalla trincea e trovare la via del proprio destino.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Titolo originale: Les Combattants
Regia: Thomas Cailley
Sceneggiatura: Thomas Cailley e Claude Le Pape
Musiche originali: Hit'N'Run
Fotografia: David Cailley
Montaggio: Lilian Corbeille
Durata: 98'
Anno: 2014
Attori: Kévin Azaïs, Adèle Haenel, Antoine Laurent, Brigitte Roüan

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