Quello che entrambi non sanno è che per la ragazza, Alice, 30 anni da compiere tra pochi giorni, non sta per iniziare soltanto un impegno lavorativo; ciò che la attende è invece un complesso viaggio dentro ai profondi misteri della coscienza e del corpo, a bordo di una nave, chiamata Fidelio, dove si (ri)apriranno orizzonti profumati di piaceri e paure.
Presentato in concorso a Locarno 67 e in uscita a Natale nei cinema francesi, Fidelio, l'odyssée d'Alice è il primo lungometraggio di Lucie Borleteau , per il quale la regista si è ispirata a una persona reale, una sua cara amica che ha deciso di entrare nella marina mercantile. Ambientando gran parte del film tra gli angusti spazi della sala macchine e delle cabine del cargo, in alternanza ad ampi campi di ripresa in cui l'imbarcazione viene fagocitata dall'immenso potere visivo delle acque, la Borleteau procede per intarsi paralleli, tracciando diversi sentieri che partono dalla calda e fremente pelle della sua Alice per poi oscillare tra le onde di un cuore in tempesta.
L'odissea (sentimentale) della protagonista si muove tra le ambivalenze di una sorta di menage à trois in cui trovano posto Felix, il ragazzo che l'aspetta al suo ritorno, giovane di origini norvegesi che vorrebbe lavorare come disegnatore di fumetti, e il capitano della nave, Gael, che altri poi non è se non un vecchio e grande amore sepolto dall'oblio del tempo e ora riemerso grazie al gioco del destino.
Istintiva, scatenata, irrefrenabile, Alice corre senza sosta tra i pericoli del lavoro in sala macchine, gli alcolici momenti di festa con i membri dell'equipaggio, i rapporti sessuali con l'ex ritrovato, l'umida e intima quiete di momenti di piacere solitario in cui Felix e Gael si alternano nei suoi pensieri, e ulteriori incontri con altre “prede” occasionali. A fare da cornice alla vicenda, il diario del marinaio deceduto a bordo della Fidelio, che Alice scopre e legge con avidità ritrovando evidenti punti di contatto tra i resoconti del defunto e le problematiche che impediscono a lei di compiere scelte nette e definitive.
Così, nelle profondità dei suoi occhi irresistibili e tra le linee del suo corpo sinuoso, Alice sorride, indaga, balla, si arrabbia, si masturba, per poi cercare quasi ogni notte l'odore di un uomo, come ingrediente indispensabile per combattere un latente senso di solitudine che potrebbe farla sprofondare negli abissi dell'oblio. In lei si alternano un'inesausta ricerca di attrazione e seduzione, una peregrinazione infinita verso quella stabilità che al contempo sogna e rifiuta, uno stordente mix di ingenuità e scaltrezza, ardore fanciullesco e disprezzo delle regole, nonché una sorta di sbornia perenne con cui attaccare i tremori della vita.
Molto ben interpretato da Ariane Labed , già premiata qualche anno fa a Venezia e ora vincitrice a Locarno del meritato Pardo come miglior attrice, il personaggio di Alice è uno dei ritratti femminili più interessanti che il cinema europeo ci abbia proposto negli ultimi anni. La Labed mostra tutta se stessa, letteralmente, senza timori, dominando con impegno e generosità un microcosmo culturalmente stratificato e le mille contraddizioni di una ragazza che in fondo non si può non amare, per come riesce perfino a essere dolce nella sua eterna infedeltà e nelle volubili derive del suo comportamento. Accanto a lei Anders Danielsen Lie , già visto in Oslo, 31. august, bravo a recitare con discreta efficacia in una lingua che non gli appartiene, e Melvil Poupaud , belloccio del cinema francese, che pensa soprattutto a mettere sul piatto il suo physique du rôle.
Al di là di qualche limite strutturale, e di una regia che ogni tanto si lascia prendere troppo la mano rischiando di smarrire la corretta via di navigazione, il film della Borleteau convince per freschezza, carica e spontaneità; non si blocca davanti ai tentennamenti, osa senza remore, e rifiuta di imporre qualsiasi gabbia morale e moralista a una vicenda libera e affascinante, proprio come la sua protagonista.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose, Locarno
Scheda tecnica
Regia: Lucie Borleteau
Sceneggiatura: Lucie Borleteau, Clara Bourreau
Fotografia: Simon Beaufils
Musiche: Thomas De Pourquery
Anno: 2014
Durata: 97'
Attori: Ariane Labed, Melvil Poupaud, Anders Danielsen Lie, Pascal Tagnati, Bogdan Zamfir