Eastern Boys inizia con una concitata ed estremamente scenografica sequenza girata all'interno della Gare du Nord di Parigi, per la quale Campillo si è ispirato a Uomini di domenica, film semi-documentaristico del 1930 scritto da Billy Wilder. Un gruppo di ragazzi, di provenienza russa, ucraina e moldava, bighellona all'interno della stazione, studiando i movimenti dei tanti viaggiatori che la affollano, in cerca di qualche sprovveduto da derubare. Un elegante uomo tra la quarantina e la cinquantina, Daniel, individua uno di questi ragazzi, Marek, lo segue fino a quando quest'ultimo è solo, lo approccia e gli domanda una prestazione sessuale; raggiunto un accordo sul prezzo gli fornisce il suo indirizzo, affinché il ragazzo si rechi a casa sua il giorno seguente a un'ora prestabilita.
Quando giunge il momento e suona il citofono, Daniel apre la porta convinto di trovarsi di fronte Marek, ma nel giro di pochi minuti l'abitazione è invasa da tutta la banda che aveva visto il giorno prima alla stazione. Da quel momento inizia un crocevia di eventi che cambierà profondamente e definitivamente tutta la sua vita. Daniel viene derubato, resta inebetito di fronte all'inganno subito, ma quando qualche giorno dopo Marek bussa alla sua porta, l'uomo accantona la paura e il rancore per lasciare strada all'amore; le conseguenze saranno complesse e molti saranno i rischi da affrontare.
Il film di Campillo è tratto dalla vera storia di un uomo che ha adottato un ragazzo dopo esserne stato l'amante qualche anno prima, per favorirne i diritti relativi alla futura eredità; una sentenza che ha generato un forte dibattito in Francia, paese peraltro sicuramente molto più avanti rispetto al nostro nell'accettazione culturale e legislativa delle coppie sganciate dalla tipica struttura familiare. Partendo da questa base, l'autore ha scritto e diretto un film ricchissimo di tematiche, con significazioni profonde che si sviluppano a partire dalla difficile situazione di giovani immigrati costretti a vivere lontano da casa e a tirare avanti con mezzucci spesso ai limiti (e oltre) della legalità.
I ragazzi dell'est soggiornano in un albergo parzialmente tramutato in centro di accoglienza e obbediscono alle regole imposte dal loro capo, non a caso soprannominato Boss, che si impone come una sorta di padre-padrone a cui fare riferimento; si tratta di un individuo umorale, preda di inquietanti scatti nevrotici ma anche capace di momenti di sorprendente dolcezza (come dimostra la tenera scena in cui accarezza e bacia i piedi della moglie). Se dunque in teoria Marek e i suoi compagni sono liberi di fare ciò che vogliono, in realtà le loro azioni sono sempre sorvegliate, nell'ambito di una struttura gerarchica che impone leggi ben precise la cui mancanza di rispetto genera violente punizioni.
Marek prova ad allontanarsi dalle imposizioni del clan, trasferendosi in pianta stabile a vivere a casa di Daniel, che nel frattempo si è innamorato di lui e ha deciso di mantenerlo e proteggerlo; da quel momento inevitabilmente il giovane si espone al rischio di rappresaglie da parte di Boss, deciso a mantenere unita, in un modo o nell'altro, la famiglia di cui si è autoproclamato leader. L'ultima parte del film, forse la meno efficace a causa di un certo schematismo narrativo, assume dunque toni tesi e concitati, scivolando verso una resa dei conti inevitabile.
L'eccitazione nei confronti di Marek, risolta in scene di sesso niente affatto volgari, in cui anzi Campillo evidenzia con brillante acume momenti di umanissimo e comune imbarazzo come l'attimo in cui bisogna spogliarsi, perde poco alla volta le proprie connotazioni. Da semplice amante Marek diventa per Daniel qualcosa d'altro, un compagno da salvaguardare in ogni modo, un amico con cui combattere lo spleen del quotidiano, poi infine un figlio adottivo, a cui regalare una stanza tutta per sé, un telefonino e le chiavi di casa.
In questa magnifica trasmutazione di senso risiede gran parte della forza di Eastern Boys, pellicola abile a intrecciare tanti fili senza mai perdere le redini del discorso, e dotata di sufficiente forza per vibrare attraverso comparti di stordente impatto, come nel caso della lisergica sequenza iniziale in cui la banda occupa la casa di Daniel: una lunga e ipnotica scena accompagnata da musica house, che lascia storditi e al contempo estremamente affascinati per la bizzarria di ciò che accade davanti ai nostri occhi e per l'incredibile reazione di Daniel. Da qui in avanti il film alterna sorrisi e sofferenze, speranze e paure, scomode realtà e rischiose ambiguità che restano impresse nella mente ben oltre il termine della visione.
Una segnalazione a parte meritano i tre attori protagonisti, tutti di ottimo livello: Olivier Rabourdin, artista di ampia esperienza cinematografica e teatrale, già ammirato ad esempio in Welcome di Lioret e nello splendido Des hommes et des dieux di Beauvois; il giovane e intenso Kirill Emelyanov, nominato ai César; il grintoso Daniil Vorobjev, scoperto da Campillo dopo la visione di una lunga serie di film e telefilm russi, scelto in un primo tempo per il ruolo di Marek e poi destinato alla parte di Boss per la troppa differenza di età con il personaggio previsto dalla sceneggiatura: una scelta quasi obbligata ma risultata più che vincente.
Nei volti di questi tre personaggi Eastern Boys, destinato purtroppo a restare inedito nei cinema italiani ma rintracciabile online e visibile in streaming con sottotitoli nell'ambito del My French Film Festival, si impone come uno dei più stimolanti e originali titoli francesi realizzati negli ultimi 2-3 anni, al netto delle imperfezioni che lo accompagnano; un lavoro insieme fisico e mentale, intimo e sociale, privo di inganni morali e in grado di fornire tanti utili strumenti di riflessione.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Regia: Robin Campillo
Sceneggiatura e montaggio: Robin Campillo
Attori: Olivier Rabourdin, Kirill Emelyanov, Daniil Vorobyev
Musiche: Arnaud Rebotini
Fotografia: Jeanne Lapoirie
Anno: 2013
Durata: 128'