ORIZZONTI DI GLORIA - La sfida del cinema di qualità
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JE SUIS HEUREUX QUE MA MÈRE SOIT VIVANTE – Le tracce del dolore

23/4/2013

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Ispirato a un articolo pubblicato da Emmanuel Carrère, a sua volta tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto, Je suis heureux que ma mère soit vivante inizialmente sarebbe dovuto essere diretto da Jacques Audiard, intrigato dall'idea di portare sul grande schermo la vicenda. 
Dopo aver presentato la sua idea a un produttore, Audiard chiese allo stesso Carrère di scrivere la sceneggiatura, ma quest'ultimo rinunciò. Lo script venne allora affidato ad Alain Le Henry, già co-autore dei primi lungometraggi di Audiard. Nel momento in cui la produzione era pronta a dare il via alle riprese, il pluripremiato regista si trovò però già impegnato nella realizzazione de Il profeta, progetto per lui imprescindibile. Per non lasciar cadere tutto nell'oblio, Audiard chiese allora a Claude Miller di dirigere il film, ritagliandosi il ruolo di co-produttore. Miller accettò, e a sua volta coinvolse il figlio Nathan, dando vita a una regia a quattro mani.
Una genesi non facile dunque, per un film dedicato a una storia di abbandono, ricerca, colpe e perdono. Il racconto è incentrato sul giovane Thomas, dato in adozione dalla madre quando era ancora bambino, e ora, giunto all'età adulta, spinto dall'irrefrenabile bisogno di ritrovarla, per mostrarle tutto il disprezzo accumulato negli anni. Irrequieto, alla ricerca di una pace interiore all'apparenza impossibile, Thomas procura non pochi grattacapi alla famiglia adottiva. Quando finalmente riesce a rintracciare la madre biologica, scopre come quest'ultima abbia nel frattempo avuto un altro figlio, da un uomo da cui peraltro si è separata. Thomas un po' alla volta cerca di (ri)entrare nella vita della madre, per cogliere tracce di quell'affetto perduto troppo presto.
Il cinema francese da sempre si interessa con notevole costanza a storie di famiglie disgregate, perdute, ritrovate, tratteggiando lunghi viaggi rivolti verso le proprie origini, per cogliere il senso reale di identità spesso confuse e inesplicabili; ne abbiamo avuto un recente esempio anche con Le fils de l'autre di Lorraine Levy, con Emmanuelle Devos, presentato all'ultimo Torino Film Festival e uscito poi a marzo nelle sale. In questo caso, il rapporto smarrito/ritrovato tra Thomas e la madre Julie vive di sospetti, accenni, rancori trattenuti, abitudini trasandate, colpe interiorizzate, camminando sul labile filo che separa amore assoluto e odio incurabile. Negli loro occhi si captano sensazioni stratificate, imbarazzi e dolori, lacrime e pentimenti, e la danza della madre dissennata e del figlio tormentato accoglie tenerezze mai provate, parole mai enunciate, verità mai dichiarate. 
Pervaso da un'inquietudine costante, che naviga sottopelle dando la sensazione di poter esplodere da un istante all'altro, il film dei Miller si dipana con qualche salto un po' troppo frettoloso, riuscendo comunque a incastonare nel cuore dello spettatore il significato primigenio del dolore dell'abbandono. È un'opera malinconica, attraverso cui gli autori, alternando i piani temporali del racconto, cercano di non dare giudizi, limitandosi a indagare le (poche) possibilità di futuro nascoste nel dramma del passato. Pur senza la genialità istintuale di Audiard dietro la macchina da presa, l'operazione riesce, anche grazie al contributo dei due protagonisti: Vincent Rottiers, nominato ai César per questo ruolo e rivisto al Bergamo Film Meeting in Le monde nous appartient, e la bravissima Sophie Cattani (Tomboy, Polisse), dotata di un'invidiabile sensibilità scenica di derivazione teatrale ma molto efficace anche al cinema. Un'attrice di alto livello, finora non abbastanza valorizzata, che speriamo di ritrovare molte altre volte nei prossimi anni.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Titolo originale: Je suis heureux que ma mère soit vivante
Regia: Claude Miller, Nathan Miller
Sceneggiatura: Alain Le Henry, Claude Miller, Nathan Miller (da un articolo di Emmanuel Carrère)
Fotografia: Aurélien Devaux
Anno: 2009
Durata: 90'
Uscita italiana: inedito
Attori principali: Vincent Rottiers, Sophie Cattani, Christine Citti, Yves Verhoeven.

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MIA DOLCE ASSASSINA - Oltre i confini del noir

6/4/2013

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Diretto da uno specialista come il compianto Claude Miller, Mortelle Randonnée (in italiano Mia dolce assassina, 1983), è con ogni probabilità uno dei migliori noir espressi dal cinema francese negli ultimi lustri. Un'opera spiazzante, lisergica, appassionante, a suo modo unica. Il film si caratterizza per essere uno dei primi lavori che vede accreditato il futuro Re Mida transalpino Jacques Audiard in qualità di sceneggiatore, insieme al padre Michel, autore dei dialoghi. Lo script è tratto da un romanzo di Marc Behm, che sarà poi oggetto di un'ulteriore trasposizione nel 1999: il non eccelso The Eye, di Stephan Elliott, con Ewan McGregor.
Spiazzante, si diceva: Mortelle Randonnée sfida ogni casistica legata al genere di riferimento, cercando sin dalle prime battute una strada propria, originale, imprevedibile; lo capiamo quando nella scena iniziale l'investigatore Beauvoir, soprannominato “l'occhio”, discorre al telefono con una donna misteriosa, per poi chiudere la conversazione e perdersi nei ricordi, guardando una vecchia foto che ritrae sua figlia Marie, mai conosciuta. Struggendosi nella nostalgia e nella solitudine l'uomo parla a voce alta, rivolgendosi a se stesso e di conseguenza a noi spettatori, dando vita a un bizzarro meccanismo empatico che sarà poi perpetrato per tutto il resto della pellicola.
Beauvoir è incaricato di pedinare una ragazza, fidanzata del rampollo di una ricca famiglia borghese. Inizia a seguirla da una parte all'altra del mondo, standole sempre addosso, circumnavigando sostanziose fette di globo per rincorrerla a Bruxelles, Marrakech, Roma. Durante la missione, si rende conto di come la ragazza sia un'astuta e pericolosa assassina, e al contempo crede di riconoscere in lei proprio la figlia perduta. L'ovvio gioco cacciatore-preda annulla così le sue connotazioni univoche, per farsi stratificato strumento psicologico nel quale le dinamiche sentimentali conquistano un po' alla volta un ruolo determinante.
Marie, femme fatale dai mille nomi e dai mille aspetti, compie misfatti di ogni tipo, ruba e uccide, fugge e si traveste, diviene una e nessuna, mescola identità e corruzione, spinta da un apparente nichilismo che travalica ogni motivazione abile a spiegare i suoi gesti; Beauvoir, fantasma silenzioso e invisibile, la bracca con qualsiasi mezzo, e giunge al punto di coprirne le beghe, martirizzandosi pur di innalzare una sorta di muro difensivo che la possa salvare da un destino segnato.
Pervaso da un lirismo inatteso, e da squisite dosi di ironia, il film di Miller spariglia le carte e disorienta, salvo poi trasformarsi in un'ipnotica sinfonia drammaturgica in clamoroso equilibrio oltre i confini dell'eccesso. Tutto è spinto sino al limite e più in là, in barba a quell'urgenza di solida credibilità che troppo spesso soffoca la fantasia compositiva del noir. La disperazione si accompagna al senso ludico della scoperta, lo scavo interiore avanza a braccetto con i colpi di scena più azzardati, le basi narrative si estremizzano raschiando via ogni tipizzazione caratteriale. Ne risulta una partitura suadente, estranea alla norma; un gioco infernale di straordinaria bellezza, a cui contribuiscono gli esaltanti dialoghi di Michel Audiard, non a caso amatissimo in patria per la sua genialità nell'uso sferzante della parola, e le interpretazioni di un magnifico Michel Serrault e di un'eterea Isabelle Adjani.
Non baciato da eccessiva fortuna al momento della sua nascita, e ormai in parte dimenticato, Mortelle Randonnée è un film esemplare e impareggiabile, da recuperare e riscoprire a tutti i costi. Rigorosamente in lingua originale.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: La vie en rose


Scheda tecnica

Titolo originale: Mortelle Randonnée
Anno: 1983
Regia: Claude Miller
Sceneggiatura: Michel Audiard, Jacques Audiard (da un romanzo di Marc Behm)
Fotografia: Pierre Lhomme
Musiche: Carla Bley
Durata: 95'
Uscita in Italia: --
Interpreti principali: Michel Serrault, Isabelle Adjani, Guy Marchand, Stéphane Audran, Macha Méril

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