Inizia così un bizzarro e frenetico triangolo sentimentale dove Micha e Charlotte, di nascosto l'uno dall'altra, si tradiscono con la stessa persona. Dal canto suo Mélodie si trova invischiata in un vortice difficilmente controllabile, dato che li ama entrambi, non riesce a scegliere tra loro e allo stesso tempo deve inventarsi mille sotterfugi per far sì che i due non scoprano i reciproci tradimenti. Le continue bugie danno vita a una serie di situazioni surreali, sino a che, inevitabilmente, arriverà il momento in cui qualcuno, tra i tre protagonisti, dovrà prendere una sofferta decisione.
Jérôme Bonnell, classe 1979, si era già fatto notare dal pubblico francese nel 2013, in occasione di Le temps de l'aventure, valido dramma sentimentale in cui Emmanuelle Devos e Gabriel Byrne affrontavano una dirompente e improvvisa passione nei riguardi di una persona sconosciuta. Qui Bonnell prosegue (parzialmente) sulla stessa strada, componendo un ménage à trois originale, bizzarro, per certi versi anche stralunato, eppure pervaso da una magnifica delicatezza di fondo.
Il triangolo amoroso ha radici ben piantate nella tradizione del cinema francese; il punto di riferimento tutelare resta, sempre e comunque, l'immortale Jules et Jim di Truffaut, ma molti sono gli autori, transalpini e non, a essersi cimentati anche recentemente in questo sottogenere, con esiti più che soddisfacenti; si pensi, ad esempio, a Christophe Honoré con Les Chansons d'Amour, a Xavier Dolan con Les amours imaginaires, a Emmanuel Mouret con Caprice.
Il rischio, in questo tipo di operazione, è restare inchiodati alla superficialità, all'apparenza, al desiderio di soddisfare i gusti del pubblico, senza approfondire nella giusta maniera le infinite traiettorie di cui il cuore umano è capace. Bonnell scansa senza fatica l'ostacolo, mettendo in scena un'opera dolce e sensuale, profonda e completa, leggera ma non banale, in grado di soffiare verso gli occhi dello spettatore una lieve e giusta malinconia che peraltro non sopravanza mai la naturalezza del racconto e la tenerezza dei toni.
Uscito nei cinema francesi a marzo 2015 e assai amato dalla stampa d'Oltralpe, che lo ha accolto con definizioni come “une merveille de comédie sentimentale” (Nicolas Schaller, Le Nouvel Observateur) e “un coup de coeur” (Yves Grosjean, TF1 News), A trois on y va ribalta i consueti canoni del triangolo, con l'uomo al vertice e due donne alla base, per mettere in scena un autarchico schema donna-donna-uomo, in cui il desiderio scavalca ogni confine e apre la strada a un erotismo che manda all'aria ogni limitazione relativa all'orientamento sessuale. Il centro dello schema, la frenetica Mélodie, ama allo stesso modo un uomo e una donna, fa l'amore con entrambi, ne conserva odori e sapori, mentre intorno alle vibrazioni della passione la sua vita, così come quella dei due partner, si misura nei vantaggi di un'età in cui è ancora possibile “fregarsene di essere adulti”, dove si può godere dell'attimo senza pensare alle conseguenze.
L'idea di fondo, ovvero “l'exploration de la libre circulation du désir et du plaisir” (Philippe Rouyer, Positif), dà adito a una serie di situazioni grottesche e divertenti, in cui il film accoglie il gusto del burlesque senza mai scivolare nella parodia; si veda, ad esempio, il momento in cui Mélodie scappa per i tetti e, subito dopo, l'immagine in cui, in campo lungo, si vedono Charlotte e Micha che, a pochi metri di distanza tra loro e inconsapevoli della presenza l'uno dell'altra, le rivolgono un identico gesto in cui la invitano alla fuga.
Tra messaggi continui sul telefono, scuse da accampare per trovare il modo di incontrare uno dei due amanti, bugie con le gambe corte e incroci pericolosi e paradossali, A trois on y va, purtroppo inedito in Italia, assume i contorni di un marivaudage peraltro ben assiso al sentiero della contemporaneità; un film soffice, carezzevole, niveo, dove tutto si snoda senza forzature, glorificando un'alchimia totale che, nel suo ambito, lo trasforma in uno dei migliori lavori francesi degli ultimi anni.
A interpretare i lati del triangolo troviamo la brava Sophie Verbeeck, il luminoso Félix Moati (candidato ai César come miglior attore emergente) e, al vertice della narrazione, una sempre splendente e più che mai scatenata Anaïs Demoustier, che corre per le strade e i corridoi, si arrampica sui tetti, balla la techno, indossa la toga d'avvocato, difende con ardore i suoi clienti in tribunale e poi si spoglia di ogni indumento e inibizione, risultando irresistibile in ogni contesto. Va sottolineato, in questo senso, che lei e Moati erano grandi amici nella vita anche prima di lavorare insieme nel film, fattore che ha contribuito a rinforzare la chimica tra i due durante le riprese.
Negli occhioni sgranati della Demoustier, protagonista anche del sopracitato Caprice di Mouret, ruota la girandola delle emozioni iscritte alla danza del cuore; un turbine in cui si alternano e confondono sospiri e gemiti, risate e lacrime, pazzie guidate dall'istinto e razionalismi frenati dal potere dell'attrazione, sino a giungere a un epilogo magari non del tutto credibile ma ben incastonato nell'economia del racconto. Un finale che quasi assomiglia a una favola, bella e forse ancora possibile: la favola del vero amore.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
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Scheda tecnica
Titolo originale: À trois on y va
Regia: Jérôme Bonnell
Sceneggiatura: Jérôme Bonnell e Maël Piriou
Musiche: Mike Higbee
Fotografia: Pascal Lagriffoul
Durata: 86'
Anno: 2015
Attori: Anaïs Demoustier, Félix Moati, Sophie Verbeeck, Patrick d'Assumçao
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