A parlare sono i corpi danzanti e i volti di sei ballerini che nel 1990 dicono addio per un istante alla normalità e vivono un picco di successo. Rispondono a un annuncio, fanno un provino, vengono notati e, contro ogni previsione, vengono ricontattati da Madonna in persona: ha scelto loro per il suo tour Blonde Ambition, che segnerà un punto di svolta nel mondo della musica. Sono anni di brividi e scossoni, l’irriverente personaggio di Madonna si impone sullo scenario musicale creando scompiglio, per quei sei ragazzi di diversa etnia lavorare con lei è una vera benedizione. Si mostrano dunque davanti all’obiettivo per ciò che sono oggi, uomini consapevoli. Ciascuno di loro avrà una piccola grande confessione da fare.
Per comprendere a fondo l’esperienza di questi ragazzi può essere importante recuperare Truth or Dare, una visione propedeutica: si tratta di un documentario diffuso nel 1991, in cui la telecamera segue Madonna attraverso il backstage del tour Blond Ambition, fra iniziative eccentriche e sfrenata provocazione, scandagliando i silenzi della vita di una diva giovane. Strike a Pose attinge a molti spezzoni di quel documentario, ogni concerto è una scommessa con quarantamila fan da non deludere, Madonna è molto esigente con il suo corpo di ballo e diventa un’eroina che grida al mondo “Express yourself”. I ballerini si esibiscono con orecchini, eyeliner e appariscenti copricapi, non più indici di debolezza ma punti di forza in una nuova era che prende forma.
Oliver viene dal mondo dell’hip hop e quando arriva alla crew si dichiara apertamente omofobo: è l’unico eterosessuale del gruppo e lui stesso dice “prima dell’esperienza di Blonde Ambition ero il tipo che avrebbe potuto picchiare i ragazzi gay; mai ci avrei lavorato a contatto”. A sgretolare le sue antiche convinzioni è la nuova famiglia viaggiante che Madonna gli ha appena regalato: un gruppo di amici, fratelli, vite nell’acquario. “Noi qui e il mondo fuori”, diranno i ragazzi stessi e faticheranno ad abituarsi alla burrasca di grida e applausi che accompagnerà i concerti. Fra questi giovani c’è anche Gabriel Trupin, presenza pacifica e brillante, definito dai compagni “il cocco di Madonna”. Lui non è più qui a raccontare la sua esperienza, l’HIV l’ha spento prematuramente.
Scopriamo, con Strike a Pose, che il vero obiettivo del film non è ammorbarci con i lustrini di una vita edulcorata, bensì mostrarci la cruda realtà di una malattia che nel 1990 cominciava a essere motivo di manifestazioni e cortei. La comunità gay sfila esibendo cartelli con scritto “Abbiamo bisogno di ricerca, non di isteria”, ci troviamo di fronte al quadro allarmante di una malattia “nuova” che esplode diffondendo il panico fra i giovani. In questi anni difficilissimi la funzione del Blond Ambition Tour si rivela duplice: da un lato Madonna non fa mistero del suo sostegno nei confronti della comunità gay e vuole che i suoi ballerini sollevino un polverone praticando liberamente la filosofia ”Express Yourself”. Dall’altro incita alla prevenzione dell’AIDS, porta sul palco i preservativi, si batte per la causa ricordando l’amico scomparso Keith Haring.
Nel documentario Truth or Dare la sessualità dei ballerini è ampiamente svelata al pubblico. Madonna si comporta come un’amorevole figura materna, gioca e ironizza, punzecchia i ragazzi e li mette alla prova. A tratti sembra una grande amica affidabile, a volte è quasi una marionettista, ma non sta a noi giudicare. Possiamo solo osservare come quel documentario diventi importantissimo per molti ragazzi gay: per la prima volta viene mostrato un bacio appassionato fra i ballerini nel corso del gioco Truth or Dare (obbligo o verità), un forte segnale nel 1991, una grande presa di posizione che sarà da esempio a molti per uscire dall’ombra, in ogni parte del mondo. Quel bacio esplode, poi i riflettori si spengono e il tour si conclude. Per i ballerini, ora uniti da un’amicizia profonda, è tempo di cercare un futuro di carriera ed è solo a quel punto che la grande macchina della celebrità comincia a cigolare.
Giovani, speranzosi e sedotti da Madonna, ciascuno di loro si ritrova sbalzato nella nuova, caotica realtà: improvvisamente ricchi, famosi, desiderati da tutti e non più sorretti da quella diva che li ha creati. Mai giudicati “bravi ballerini”, sempre giudicati “i ballerini di Madonna”.
Così perdono velocemente il controllo. Alcolismo, eroina, depressione, incapacità di stabilire rapporti durevoli. Salim e Carlton, due delle colonne portanti della crew, vorranno affidare a Strike a Pose un messaggio sinora taciuto: all’epoca del Blond Ambition tour entrambi scoprirono di essere positivi all’HIV e nonostante l’imperativo “Express yourself” non lo ammisero mai pubblicamente. Mentre i sei ragazzi assaggiano il declino si ha l’impressione che Madonna si faccia da parte gradualmente: “Devi farti curare” suggerisce a Luis, uno dei ballerini, quando scorge in lui i sintomi di una dipendenza da eroina. Dopo quelle parole i rapporti fra i due si interrompono.
Per tre dei ragazzi inizia persino una battaglia legale dovuta proprio alle immagini diffuse con Truth or Dare: i ballerini sostengono di essere stati filmati in atteggiamenti compromettenti dietro promessa di un compenso mai corrisposto. Subentra anche l’ipotesi di un danno morale, “Mio figlio Gabriel non voleva che il mondo sapesse della sua omosessualità” dice la madre, ricordando il bacio gay del figlio sullo schermo. Emerge dunque un’esigenza di ostentazione propria di Madonna e non dei ragazzi. Pare dunque che fosse lei a volerli spingere alla spettacolarizzazione del proprio orientamento sessuale, loro volevano solo ballare.
Si crea attorno a quel documentario quello che a tutti gli effetti è percepito come un mistero: in che misura i ragazzi volevano che la loro immagine venisse sfruttata? Quali accordi c’erano fra loro e Madonna? Non bastava essere eccellenti nella danza per essere ricordati?
Sono quesiti ai quali Strike a Pose non risponde, ma ci lascia l’emozione di una scena finale con l’incontro dei ballerini 25 anni dopo. Abbracci, pianti e sollevanti confessioni, l’occasione per raccontare le loro vite scivolate sul fondo e poi tornate a galla, alla normalità. Oliver (colpito dalla sindrome di Bell) insegna hip hop ai bambini e durante il giorno fa il cameriere; Luis è faticosamente uscito dal tunnel della droga; Jose vive a casa con la madre, e dopo una lunga depressione ora insegna danza e portamento; Salim insegna danza e convive con l’HIV. Anche per Carlton la battaglia con la malattia è all’ordine del giorno, ma ciò non gli impedisce di tenere corsi all’aperto. Kevin Stea, presente a Bologna, ha lavorato con Lady Gaga, Beyonce, Micheal e Janet Jackson, Prince, Bowie e molti ancora. Ognuno di questi ballerini è uscito dall’ambizione bionda e infine è riuscito a costruirsi una serenità quotidiana, dopo crolli e smarrimento.
“Se ora Madonna ci vedesse penserebbe che siamo dei falliti”, dice uno di loro, “ma non importa, perché noi siamo diventati una famiglia e ci vogliamo bene”.
Infine quei ragazzi si sono espressi – express yourself – assieme. Decisamente più oggi che nel 1990.
Kevin Stea saluta il pubblico bolognese in un italiano quasi perfetto e lascia intendere che prossimamente l’antico gruppo di ballo si ricomporrà per nuovi spettacoli. Aggiunge che Madonna ha ricevuto il filmato e sorride: chissà se un giorno si ritroveranno e faranno pace, la diva e i ragazzi che rese famosi.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Festival Report
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Scheda tecnica
Titolo originale: Strike a Pose
Regia: Ester Gould, Reijer Zwaan
Musiche: Bart Westerlaken
Montaggio: Dorith Vinken
Con: Luis Camacho, Oliver Crumes, Salim Gauwloos, Jose Xtravaganza, Kevin Alexander Stea.
Durata: 90'
Anno: 2016