Per cinquant’anni ha sempre vinto, ma quando le viene diagnosticata una forma precoce di Alzheimer, inizia a perdere: perde il lavoro, le abitudini ordinarie, progressivamente le proprie facoltà cognitive. Giorno dopo giorno perde le tracce di sé, di quello che era e di quello che è. «Chiunque si rivolgesse a lei l'aveva sempre fatto con grande rispetto. Se l’eccellenza della sua mente era destinata a essere gradualmente rimpiazzata dalla malattia mentale, cosa avrebbe preso il posto di quel rispetto? Pietà? Condiscendenza? Imbarazzo?».
Alice si perde nei luoghi che frequenta quotidianamente, non ricorda le parole, quale gusto di gelato preferisce, non riconosce i propri figli, si rifugia nei ricordi della sua vita da bambina e perde di vista il proprio futuro. Si gode ogni istante perché sa che è l’unica cosa che le resta: tutto ciò che faceva e che amava, tutto ciò che era, necessitava del linguaggio. La sua battaglia per cercare di rimanere legata alla sua persona è cruda, commovente e ammirevole. Per sopravvivere alla malattia il più a lungo possibile si affida alla tecnologia, al suo cellulare e al computer, appuntando le cose da fare e da ricordare. Si guarda allo specchio per paura di svegliarsi un giorno e di non riconoscersi, registra consigli per la Alice che un giorno avrà perso tutto, quando l’Alzheimer averà distrutto il prodotto di una vita come una pala demolitrice.
Seguendo l’impronta di film come Amour (di Michael Haneke) e Away From Her (di Sarah Polley), che descrivevano il disfacimento senile della mente, Still Alice mostra l’autenticità di una donna nel pieno della sua malattia. Un film coinvolgente fino in fondo, che nonostante la sua capacità di comunicare a un grande pubblico non perde qualità. A interpretare Alice è una strabiliante Julianne Moore in una prova unica: buca lo schermo e comunica direttamente con lo spettatore attraverso il suo sguardo smarrito e impaurito dalla malattia. Per mezzo delle parole e delle azioni la protagonista ci parla di una debolezza umana che consiste nel ricercare un punto di riferimento nella vita: ciò si rivela una necessità vana, poiché l’unica costante è l’assenza momentanea di cambiamenti, ed è spesso una malattia come questa a mostrarlo, in modo violento e vibrante. Tuttavia, vivere con questa consapevolezza non può che limitare l’uomo, ed è la stessa Alice a ricordarcelo.
L’intesa tra Julianne Moore e tutti gli attori protagonisti è dirompente: sono i suoi confronti con il marito Alec Baldwin, che prova con tutto se stesso ad affrontare la situazione senza far mancare alla moglie il suo affetto, oppure il relazionarsi con i figli Kate Bosworth, Hunter Parrish e - soprattutto - Kristen Stewart (sempre più brava e capace finalmente di scrollarsi di dosso l’immagine di Bella di Twilight), a segnare lo spettatore. Anche loro subiscono le conseguenze di questa condizione che porta la moglie/madre a isolarsi dal mondo esterno e che cancella il suo senso di identità.
Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, scritto e diretto da Richard Glatzer e Wash Westmoreland, Still Alice è l'adattamento cinematografico del romanzo Perdersi scritto nel 2007 dalla neuroscienziata Lisa Genova. Sulla copertina del libro vi è raffigurata una farfalla, esattamente come il ciondolo della collana che Alice indossa sempre. Le fu regalato dalla madre e lo conserva come un simbolo: della vita, della fugacità del tempo e dell’essenzialità; perché sebbene abbiano una durata media di un solo mese, «che bella vita che conducono le farfalle».
Beatrice Paris
Sezione di riferimento: Festival Reportage, Film al cinema
Scheda tecnica
Anno: 2014
Regia: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Sceneggiatura: Wash Westmoreland, Richard Glatzer
Attori: Julianne Moore, Kristen Stewart, Kate Bosworth
Fotografia: Denis Lenoir
Montaggio: Nicolas Chaudeurge
Musiche: Ilan Eshkeri
Durata: 99'