Spiazzante, si diceva: Mortelle Randonnée sfida ogni casistica legata al genere di riferimento, cercando sin dalle prime battute una strada propria, originale, imprevedibile; lo capiamo quando nella scena iniziale l'investigatore Beauvoir, soprannominato “l'occhio”, discorre al telefono con una donna misteriosa, per poi chiudere la conversazione e perdersi nei ricordi, guardando una vecchia foto che ritrae sua figlia Marie, mai conosciuta. Struggendosi nella nostalgia e nella solitudine l'uomo parla a voce alta, rivolgendosi a se stesso e di conseguenza a noi spettatori, dando vita a un bizzarro meccanismo empatico che sarà poi perpetrato per tutto il resto della pellicola.
Beauvoir è incaricato di pedinare una ragazza, fidanzata del rampollo di una ricca famiglia borghese. Inizia a seguirla da una parte all'altra del mondo, standole sempre addosso, circumnavigando sostanziose fette di globo per rincorrerla a Bruxelles, Marrakech, Roma. Durante la missione, si rende conto di come la ragazza sia un'astuta e pericolosa assassina, e al contempo crede di riconoscere in lei proprio la figlia perduta. L'ovvio gioco cacciatore-preda annulla così le sue connotazioni univoche, per farsi stratificato strumento psicologico nel quale le dinamiche sentimentali conquistano un po' alla volta un ruolo determinante.
Marie, femme fatale dai mille nomi e dai mille aspetti, compie misfatti di ogni tipo, ruba e uccide, fugge e si traveste, diviene una e nessuna, mescola identità e corruzione, spinta da un apparente nichilismo che travalica ogni motivazione abile a spiegare i suoi gesti; Beauvoir, fantasma silenzioso e invisibile, la bracca con qualsiasi mezzo, e giunge al punto di coprirne le beghe, martirizzandosi pur di innalzare una sorta di muro difensivo che la possa salvare da un destino segnato.
Pervaso da un lirismo inatteso, e da squisite dosi di ironia, il film di Miller spariglia le carte e disorienta, salvo poi trasformarsi in un'ipnotica sinfonia drammaturgica in clamoroso equilibrio oltre i confini dell'eccesso. Tutto è spinto sino al limite e più in là, in barba a quell'urgenza di solida credibilità che troppo spesso soffoca la fantasia compositiva del noir. La disperazione si accompagna al senso ludico della scoperta, lo scavo interiore avanza a braccetto con i colpi di scena più azzardati, le basi narrative si estremizzano raschiando via ogni tipizzazione caratteriale. Ne risulta una partitura suadente, estranea alla norma; un gioco infernale di straordinaria bellezza, a cui contribuiscono gli esaltanti dialoghi di Michel Audiard, non a caso amatissimo in patria per la sua genialità nell'uso sferzante della parola, e le interpretazioni di un magnifico Michel Serrault e di un'eterea Isabelle Adjani.
Non baciato da eccessiva fortuna al momento della sua nascita, e ormai in parte dimenticato, Mortelle Randonnée è un film esemplare e impareggiabile, da recuperare e riscoprire a tutti i costi. Rigorosamente in lingua originale.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: La vie en rose
Scheda tecnica
Titolo originale: Mortelle Randonnée
Anno: 1983
Regia: Claude Miller
Sceneggiatura: Michel Audiard, Jacques Audiard (da un romanzo di Marc Behm)
Fotografia: Pierre Lhomme
Musiche: Carla Bley
Durata: 95'
Uscita in Italia: --
Interpreti principali: Michel Serrault, Isabelle Adjani, Guy Marchand, Stéphane Audran, Macha Méril