Dopo la morte a seguito di un incidente stradale dell’anziano leader della Goldmoon, una delle più potenti organizzazioni malavitose coreane, si scatena una lotta intestina per determinarne il successore. I due principali e agguerriti pretendenti sono Cheong, gangster sopra le righe dai modi rozzi e grossolani e l’ambizioso e imperscrutabile Joong-gu. Ja-sung, l’uomo più fidato di Cheong, non è un semplice delinquente ma un poliziotto infiltrato da ben otto anni nella Goldmoon, in procinto di diventare padre e desideroso di terminare al più presto questa logorante e rischiosa missione sotto copertura. Tuttavia Kang, il suo diretto superiore, ha in serbo altri piani per lui e vuole sfruttare l’influente posizione raggiunta nel corso degli anni da Ja-sung per scardinare dal suo interno l’organizzazione criminale. Ovviamente non tutto filerà liscio in questo complicato e temibile scacchiere che ben presto si trasformerà in un gioco al massacro senza esclusione di colpi.
Nella primissima parte New World ricorda non poco Infernal Affairs, il cult hongkonghese rifatto pochi anni dopo da Martin Scorsese, che con The Departed ottenne il suo primo e al momento unico Oscar come miglior regista. Con il passare dei minuti invece ci si rende conto che il film sudcoreano prende un’altra direzione, ben più intricata e complessa, smarcandosi nettamente dai titoli appena citati. Merito di una sceneggiatura talmente curata, profonda e articolata da risultare uno degli elementi di maggior forza del film. Un fatto non certo casuale dato che - come abbiamo già avuto modo di sottolineare - Park Hoon-jung è approdato alla regia dopo aver mosso i primi passi come sceneggiatore, continuando a firmare i suoi copioni anche dopo esser passato dietro alla macchina da presa.
New World si presenta come un gangster movie visivamente potente e raffinato, capace di crescere a mano a mano che sullo schermo si dipana l’intreccio narrativo e di rilanciarsi continuamente tramite un susseguirsi di efficaci e calibrati colpi di scena, costituiti da intricati rapporti tra doppiogiochisti, informatori, spie e spiati. Numerose e di ottima fattura le scene dove la violenza deflagra con forza inaudita, come la memorabile e magistrale sequenza della mattanza in ascensore realizzata con grande perizia tecnica e virtuosismo, con la cinepresa che prima riprende lo scontro dall’alto per poi calarcisi dentro con rabbia e foga.
Chi conosce il cinema coreano sa bene come nella stragrande maggioranza dei casi le forze dell’ordine siano dipinte come del tutto inefficienti e incompetenti, al limite del grottesco. Nella pellicola di Park ci troviamo invece al cospetto di un poliziotto, il capitano Kang impersonato da Choi Min-sik, capace di mettere in atto un piano labirintico e machiavellico per far implodere la potente organizzazione mafiosa che si ritrova a fronteggiare. Cinico e calcolatore, l'uomo è disposto a tutto pur di perseguire il suo scopo, anche a costo di perdere sul campo i suoi infiltrati, costretti loro malgrado a vivere alla stregua di feroci e spietati malavitosi che nel film appaiono come eleganti e influenti uomini d’affari di una qualsivoglia multinazionale. Nell’indossare i panni del capitano Kang, Choi Min-sik muta nuovamente pelle e dimostra ancora una volta la sua estrema poliedricità, tratteggiando il suo personaggio con fare misurato e controllato, con uno stile recitativo tutto in sottrazione fatto di sfumature e piccoli dettagli. Non sono certo da meno le prove dei suoi illustri colleghi, due attori del calibro di Hwang Jeong-min e Lee Jung-jae, a dir poco perfetti nei rispettivi ruoli di Cheong e Ja-sung.
Un noir in salsa coreana ambizioso e stratificato, che indaga in modo scrupoloso il mondo del crimine e le sue regole ma affronta anche temi universali come l’amicizia e la lealtà, che qui sembrano essere più ad appannaggio dei malviventi che non dei tutori della legge: un dato quantomeno originale, imprevedibile e spiazzante che provocherà in Ja-sung, agente sotto copertura che per anni ha desiderato unicamente di tornare a indossare la divisa, scelte estreme e radicali.
In conclusione New World è da considerarsi uno dei migliori esempi nel suo genere prodotti in questi ultimi anni anche sotto l’aspetto prettamente tecnico, grazie al ricorso a un commento musicale avvincente e incalzante, un montaggio teso e serrato e una fotografia volutamente fredda e plumbea.
Boris Schumacher
Sezione di riferimento: Festival
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Scheda Tecnica
Titolo originale: Sin-se-gae
Regia: Park Hoon-jung
Sceneggiatura: Park Hoon-jung
Fotografia: Chung Chung-hoon
Anno: 2013
Durata: 134’
Interpreti principali: Choi Min-sik, Hwang Jeong-min e Lee Jung-jae