All'inizio questo comporta “solo” il dover reggere il gioco con i colleghi e il dover vivere insieme, circostanza che, prima da parte di lui poi anche da quella di lei, fa nascere un sentimento e poi un matrimonio vero. Ma Helena sta nascondendo un pericolosissimo segreto: è una sovversiva, o meglio, è vittima di una banda che l'ha scelta per la missione di attentare allo zar, previo il legame col principe. Lei però, come da tradizione, si è innamorata davvero. Non vorrebbe più adempiere al suo dovere, ma viene minacciata, una minaccia che può coinvolgere anche il marito. Scoperto il tutto Kurbsky decide di aiutarla a lasciare il paese, ma il capo della polizia mangia la foglia, mentre Helena scompare.
Proiettato alle Giornate del Cinema Muto all'interno dell'omaggio al Danske Filminstitut per i suoi 75 anni (il film è di nazionalità tedesca, ma la copia viene dalle collezioni danesi ed è l'unica esistente), L'aiutante dello zar, come uscì in Italia, si è rivelato una sorpresa in positivo. Nella prima parte sembra una commedia sofisticata: gag maliziose (quando, sul treno, il principe cerca di celare la presenza della ragazza nel suo scompartimento), equivoci, personaggi e ambienti di livello, un amore in vista, e in aggiunta qualche momento di suspence (quando lui teme di essere stato scoperto). Poi cambia tono, si potrebbe anche dire genere, a partire da quando vediamo Helena coinvolta in qualcosa di cui l'amato è (ancora) all'oscuro, perché si allontana di nascosto da casa. E da qui diventa un perfetto meccanismo di tensione, dovuta agli accadimenti, alla posta in gioco per i personaggi, alle situazioni in cui si trovano e alla progressiva sensazione del protagonista di essere con le spalle al muro; tensione anche visiva, perché ad accompagnare una sceneggiatura abbastanza essenziale c'è una regia sicura, che riesce a tenere il film su una nota di intensità con un linguaggio piuttosto pulito. Il risultato è affilato, tiene inchiodati alla poltrona durante la visione e resta nella memoria dopo.
Ivan Mozzhukin, notissimo divo russo che dagli anni '20 lavorò in Francia (protagonista anche di un Il fu Mattia Pascal e di un Casanova), sfoggia una recitazione estremamente controllata, anche nella mimica facciale, e il bell'aspetto dell'attore fa gioco: ricorrono primi piani velati del suo volto, che hanno anche – forse soprattutto – una motivazione divistica ma pure una funzione relativa al personaggio, un uomo che cela dietro l'abitudine alla compostezza e alla necessità di non tradirsi emozioni fortissime, in quanto si trova invischiato in un dramma che rischia di fargli crollare il mondo addosso e lo obbliga a mentire. Il dramma del protagonista è comunicato con forza allo spettatore; Carmen Boni, comunque, è sufficientemente all'altezza di Mozhukin.
L'ultima parte ha uno snodo più convenzionale, quando il principe convince il capo della polizia a lasciarlo libero per il tempo utile a risolvere la questione, ritrovando e salvando Helena dai suoi “compagni” e il tutore della legge, che incute timore, si ammorbidisce; segue un non lungo inseguimento e la vicenda va a chiudersi con un lieto fine molto parziale in un luogo di addii – una stazione, circolarmente – , perché il pericolo è scampato per entrambi gli amanti, ma poter vivere l'amore è un'altra questione.
Ha qualcosa di “romanzesco”, se si vuole, pure il ritratto del losco capo dei rivoluzionari. Nella serie di inquadrature su alcuni componenti del gruppo, nel loro nascondiglio, la regia ha un'incertezza tecnica visibile (e perdonabile): la macchina da presa si muove verso l'accesso al covo, dietro il quale Kursbky sta origliando, con un movimento traballante. Lo zar, nelle sequenze che vedono il suo personaggio in scena (tra cui un ricevimento nel quale dovrebbe aver luogo l'attentato), non è mai inquadrato, resta una figura “lontana”, la cui importanza non può e non deve essere toccata dagli eventi in corso.
In definitiva Der adjutant des zaren è un buon spettacolo, adatto a più palati, che meriterebbe di essere maggiormente conosciuto.
Strizhevsky, attore prima di diventare regista, realizzò anche un film in Italia negli anni '40, La carne e l'anima, mentre la carriera dell'italiana Carmen Boni, che all'epoca era praticamente una diva, si svolse in più fasi tra madrepatria e Germania.
Alessio Vacchi
Sezione di riferimento: Festival Report
Scheda tecnica
Tit. or.: Der adjutant des zaren
Regia e sceneggiatura: Vladimir Strizhevsky
Cast: Ivan Mozzhukhin, Carmen Boni, Eugen Burg, George Serov, Alexander Granach
Fotografia: Nikolai Toporkoff
Germania, 1929
Durata: 98'