Nello slum di Kabiria, in Kenia, vivono tante single mothers, ragazze madri abbandonate dai propri mariti e costrette a utilizzare ogni mezzo per tirare avanti. Nella povertà, nel fango, nel marciume, circondate da bambini senza identità che vivono in strada, snobbate da uomini per i quali la poligamia è un normale dato di fatto, queste donne faticano a trovare il cibo per poter nutrire se stesse e i propri figli. Finiscono così quasi sempre a rubare i cellulari ai turisti per riuscire a guadagnare qualche soldo, e molte di loro, di notte, abbandonano le proprie abitazioni per andare a prostituirsi.
Il doc, terminato poche ore prima della proiezione milanese, frutto di anni di lavoro, segue la giovanissima Wairimu, madre single sin dall'età di tredici anni. Insieme a lei, l'attenzione va ad altre donne che condividono la situazione della protagonista. Nonostante siano talvolta amiche tra loro, le ragazze tengono nascosto il segreto della loro doppia vita; non si confidano con nessuno, soffrono nella solitudine, faticano perfino a sentirsi esseri umani. Grazie al lavoro di Rampini e della sua troupe, un po' alla volta assistiamo però a un fondamentale cambiamento: Wairimu e le altre donne si riuniscono in gruppo, cominciano a condividere le proprie esperienze, e aprono un lungo viaggio che le porta dentro e fuori i confini dell'Africa per trasmettere le loro storie di vita, raccogliendo nel contempo le testimonianze di tante altre persone con situazioni similari. Il documentario si conclude con una sfilata, organizzata da un'associazione finlandese: un evento pubblico in cui le single mothers attuano la loro definitiva apertura al mondo.
Donne ai margini della società, senza nemmeno un nome impresso in una carta d'identità, con cui poter cercare un lavoro onesto e richiedere i minimi servizi assistenziali; bambini di strada che rovistano nell'immondizia, destinati a un futuro di non esistenza; furti e prostituzione come unici possibili strumenti di sussistenza; fame e miseria, abbandono e rassegnazione; una realtà oscura, senza luce, senza più sogni. Il bellissimo lavoro di Rampini attua un importante studio a livello sociologico ed etnografico incentrato sul recente processo di inurbanizzazione che si è solidificato in molti paesi dell'Africa, e riesce a emozionare il pubblico per la sensibilità dimostrata nel lungo periodo trascorso dagli operatori in Kenia. Il regista non cerca soluzioni improbabili, e non propone miracoli: il suo intento è fornire un aiuto piccolo ma concreto e importantissimo, per donare a queste donne un nome, uno scopo, un progetto, una dignità, un soffio di autostima.
L'obiettivo risulta alla fine pienamente centrato, e il sorriso imbarazzato e orgoglioso di Wairimu sul Red Carpet ci lascia in eredità un profondo e vibrante senso di partecipazione ed empatia.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Festival
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Scheda tecnica
Regia: Gianpaolo Rampini
Sceneggiatura: Alessandra Raichi, Gianpaolo Rampini, Lorenzo Pavolini
Fotografia: Gianpaolo Rampini, Maxwell Odhiambo, Kelvin Njanngweso
Montaggio: Gianpaolo Rampini, Alessandra Raichi
Durata: 65 min.