Pienone per la prima mondiale del “film” di Orson Welles Too Much Johnson. Una serata di emozione cinefila, nel disvelamento di immagini mai proiettate prima e commentate da Paolo Cherchi Usai, per quello che, paradossalmente, non è un vero film ma doveva costituire l'introduzione ai tre atti di una pièce teatrale diretta dallo stesso Welles e di cui resta una copia lavoro. Welles sembra aver montato poco più delle prime due sequenze: l'introduzione di una coppia di personaggi di contorno, il protagonista Augustus Billings (che si spaccia per un certo Joseph Johnson ed è impersonato da Joseph Cotten) a letto con l'amante (con un editing notevole, creativo e rapido) e parte dell'inseguimento, anche sui tetti, tra il protagonista e il personaggio di Dathis, il marito cornificato, di cui vediamo tanto materiale, tra un assurdo nascondino fra pile di casse del mercato e l'apparizione di alcuni simil-Keystone cops, prima di infinite riprese e ciak ripetuti.
L'uso degli spazi può essere riconoscibile e già troviamo le tipiche inquadrature dal basso di Welles: alcune immagini sono di qualità e sebbene informe, la comica accelerata che il “film” doveva essere qualche volta suscita la risata. Il rullo più danneggiato contiene le divertenti inquadrature di Dathis che leva il cappello a una serie di uomini, per vedere se corrispondono alla foto della parte superiore del volto del protagonista, l'unica traccia che ha di lui. La seconda parte mostra una tumultuosa partenza in nave per Cuba, in cui si intrufolano pure Augustus e Dathis, che continua la sua ricerca (e la relativa gag). L'ultima parte contiene molto materiale sul duello fra Dathis e il vero Johnson, un proprietario terriero, più Augustus che qua e là si intromette, prima in cima a un dirupo poi in acqua. Il tutto contiene almeno un paio di fuori scena.
In “Labbra sigillate: gli anni dimenticati del cinema svedese 1925-1929”, si sono visti film successivi a quello considerato il periodo d'oro della cinematografia della nazione, dal gusto internazionale ed eterogenei. Come l'interessante Synd (Peccato) di Gustaf Molander, tratto da Strindberg, che inizia come una commedia e sfocia in dramma, con un mistero a base di flashbacks basati su testimonianze contradditorie.
All'interno di “Ucraina: il grande esperimento”, la sorpresa dell'anno, per chi scrive: Nichnyi Viznyk (Il vetturino notturno), mediometraggio di Heorhii Tasin, un dramma mozzafiato e allucinato su un uomo che compie una scelta sbagliata e conosce la violenza di stato in modo devastante, cooptato nel ruolo di accompagnatore alla morte prima di scegliere l'unica via d'uscita possibile. Venne contestato all'epoca perché psicologicamente introspettivo, ma andò peggio a Khlib (Pane) di Mykola Shpykovskyi, mediometraggio sulla collettivizzazione della terra che fu messo al bando: indubbiamente importante dal punto di vista visivo, è oggi francamente un po' stucchevole nel suo orizzonte ideologico e di cose concrete.
Tanti i brevi film della prima retrospettiva al mondo sull'animazione sovietica degli anni Venti: da citare almeno Pochta (Posta), viaggio di una lettera in giro per il mondo. “Anny Ondra, comedienne europea” ha mostrato parte della carriera dell'attrice (raffigurata nell'immagine ufficiale dell'edizione) che prima di recitare per Hitchcock (Blackmail in primis) fu la prima star del cinema cecoslovacco. Redivivus è una produzione per l'epoca ambiziosa, ingenua, bagnata di horror, con ampi flashbacks di ricostruzione storica.
Nella sezione “Gli «ultimi» di Gerhard Lamprecht”, film dalla parte dei loro personaggi sofferenti e con un occhio di riguardo verso i bambini. Die Verrufenen (Der fünfte stand), ovvero I malfamati (Il quinto stato), per esempio, ha per protagonista un uomo uscito dal carcere, che infine riesce a mostrare il suo valore, anche se perde un affetto. Lamprecht è regista corretto di film umani, morali, più che dignitosi.
Tra i film de “Il canone rivisitato”, l'americano Beggars of Life, con una coppia di vagabondi (lei è Louise Brooks) che si imbatte in una accolita di senza tetto poco raccomandabili. Nella sezione “Ritratti”, Musidora, la dixième muse, sulla poliedrica protagonista di Las vampires, da sex symbol amato dai surrealisti a collaboratrice di Henri Langlois.
Confermatesi appuntamento di alto valore, “Le giornate” hanno avuto però una programmazione non sempre agevole (il blocco di film delle origini dal vero messicani che sarebbe stato meglio spalmare su più giorni, come fatto per i cartoons con Felix e Ko Ko il clown, che aprivano e chiudevano ogni giornata). C'è poi la generale, annosa questione del passaggio al digitale: sempre più copie di film chiaramente girati in 35mm proiettate in DCP, formato standard del presente e forse del futuro, dalla resa però dubbia, quando non soggette a frequenti fermi immagine, come successo per i film di Lamprecht visti.
Alessio Vacchi
Sezione di riferimento: Festival
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