Selezionato per il concorso lungometraggi alla ventitreesima edizione del Festival del cinema africano, d'Asia e America Latina, e in uscita nei cinema francesi a giugno, Chroniques d'une cour de récré è una sorta di memoriale autobiografico, ispirato alla reale età giovanile del regista Brahim Fritah, classe 1973. Ambientato all'inizio degli anni Ottanta, il film si nutre dei ricordi dello stesso autore, che traspone sullo schermo la sua infanzia con evidente genuinità e purezza d'intenti, correndo a perdifiato nel difficoltoso mondo di una fase della vita acerba e caotica, in cui ogni evento assume proporzioni potenzialmente decisive per una crescita spirituale e caratteriale.
Brahim s'innamora di una vecchia gru in procinto di essere demolita, stringe una forte e ribelle amicizia con il solitario ragazzo cileno Salvador, subisce le punizioni non troppo severe di insegnante e preside, percorre una dolce infatuazione nei confronti di una compagna di classe di origine orientale, assiste alla lotta del padre contro il licenziamento, fotografa ciò che lo circonda come per imprimere al soffio dell'eternità la forza del momento; il tutto con entusiasmo e dubbi, curiosità e attimi di sconforto, alla ricerca di un appiglio con cui profumare il soffio della vita. Il regista si denuda attraverso il suo alter-ego, si incunea in ogni scena, usa il cinema come strumento di catarsi, e offre agli spettatori un ritratto d'infanzia forse non troppo originale, ma pervaso da una forte dose di limpida tenerezza.
Insieme al massiccio amico Salvador, una sorta di grande Meaulnes dal passato misterioso e dal futuro incerto, Brahim partecipa alla battaglia degli operai della fabbrica, guidati dal temperamento deciso di Moustache, interpretato da Vincent Rottiers, attore sempre più in prima linea tra i nuovi talenti del cinema francese (lo abbiamo visto al Bergamo Film Meeting in Le monde nous appartient, e ammirato in Je suis heureux que ma mère soit vivante). Pierrefitte a Parigi come l'Estaque di Marsiglia: i segmenti relativi allo scontro sociale sembrano perseguire l'eredità di Robert Guédiguian, anche se qui la prospettiva resta fissata ad altezza di bambino. Le situazioni adulte, ovviamente non del tutto comprensibili, si alternano con le tipiche strutture logistiche dell'età di riferimento, e le giornate di Brahim, noiose o scatenate ma in fondo mai banali, compongono piccoli tasselli atti a definire un mosaico che lo accompagnerà per sempre.
Multiculturale e privo di banali limitazioni declamatorie, il film di Fritah si lascia apprezzare sia per il candore che lo ricopre, sia per la creatività di una messinscena colorata e fantasiosa, acuita da inserti in bianco e nero, inquadrature quasi fumettistiche, traiettorie visive ingorde e sballate, idee più che azzeccate (il delizioso tappeto jazz che accompagna il corteggiamento di sguardi tra Brahim e la carinissima compagna orientale); ne esce un quadro ricco, vivace, talvolta frenetico ma mai bulimico: un diario narrativo bello e possibile, che ci lascia in eredità un ampio sorriso e anche un pizzico di nostalgia.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Festival
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Scheda tecnica
Regia: Brahim Fritah
Sceneggiatura: Brahim Fritah, Johanne Bernard
Fotografia: Pascal Lagriffoul
Musica: Jean-Christophe Onno
Interpreti: Yanis Bahloul, Rocco Campochiaro, Vincent Rottiers, Mostefa Djadjam
Durata: 85'
Anno: 2012