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Oltre la sventura - Omaggio a SOLEDAD MIRANDA

26/4/2025

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Ci sono attrici che entrano nell’immaginario collettivo, icone capaci di sopravvivere al tempo e ai mutamenti di mode, gusti e passioni. In alcuni casi ciò avviene a livello popolare, universale; altre volte accade in un contesto soltanto settoriale, eppure pregno di significato. La seconda opzione ben si presta a un nome forse non famoso agli occhi degli spettatori comuni, ma legato in profondità al sentimento di chi ama un certo tipo di cinema con cui viaggiare fuori dai circuiti mainstream: parliamo della magnifica Soledad Miranda, musa indissolubilmente legata alla bulimica sete autoriale di Jesús Franco.

Soledad nasce a Siviglia nel 1943. Si presta alle attività di ballerina, modella e cantante, e debutta sul grande schermo a soli 17 anni. Dopodiché appare in diversi film, dei generi più disparati, compresi addirittura dei peplum girati in Italia, fino a quando Franco, che già le aveva affidato un piccolo cameo nel suo La reina del Tabarín, la chiama per affidarle il ruolo di Lucy Westenra in Count Dracula, rivisitazione stokeriana tra le più vicine (almeno per alcuni versi) alla materia narrativa d’origine. Sebbene non impegnata in una parte di primo piano, Soledad incanta sin da subito per la sua straordinaria bellezza, resta impressa nella mente più della Mina interpretata da Maria Rohm, e riesce persino a rubare la scena a Christopher Lee e Klaus Kinski, non certo gli ultimi arrivati.

Siamo nel 1969. Franco capisce che Soledad è l’asso vincente su cui puntare, e inizia un’intensa partnership durante la quale la sevillana diviene l’attrice feticcio da sfruttare in ogni maniera possibile. Nel giro di un paio d’anni, anche meno, il duo mette insieme alcune produzioni nelle quali la debordante sensualità dell’attrice esplode, rapisce, ipnotizza. Franco gira con lei alcune pose extra da aggiungere al già terminato Les cauchemars naissent la nuit, la inserisce in Sex Charade (a oggi considerato perduto, in quanto non esistono in commercio copie né in Blu-ray né in DVD), e la rende protagonista in Eugénie (conosciuto anche come De Sade 2000), tratto da un racconto del libertino Marchese. 

Qui vediamo una Soledad in fondo ancora acerba, a metà tra una sorta di candore virginale, quasi adolescenziale, e una carica erotica comunque già irrefrenabile. Le numerose volte in cui viene inquadrata sui divani, accucciata, con le mani a stringersi le gambe, con le calze oppure a piedi nudi, ne calcano l’apparenza giovanile, al limite del fanciullesco (anche se nella realtà era già moglie e madre). Salvo mutarne radicalmente le connotazioni quando aiuta il patrigno a uccidere vittime innocenti dopo averle sedotte, innestando sensazioni di godimento orgasmico nella sublimazione dell’omicidio.

Subito dopo si passa a Vampyros Lesbos, da molti ritenuto il punto più alto della carriera di Franco, nonché ulteriore riproposizione stokeriana virata però al femminile. Nei panni della contessa Nadine Korody, Soledad (con lo pseudonimo di Susann Korda per evitare problemi con la censura spagnola) domina la narrazione, inseguita con febbrile voluttà dalla macchina da presa, che insiste su riprese ravvicinate persino stordenti, zoom inesausti, e al contempo esplora ogni angolazione del suo corpo spesso totalmente senza veli, in lingerie o "coperto" solo da una sciarpa rossa divenuta di culto, e di recente omaggiata da Sean Baker nel pluripremiato Anora (con tanto di dedica a Soledad e Franco nei titoli di coda). 

Senza soluzione di continuità si va al film successivo, She Killed in Ecstasy, in cui vengono riutilizzate in parte le stesse musiche di Vampyros, oltre che lo stesso gruppo ormai fedele di attori (Fred Williams, Ewa Strömberg, Howard Vernon, Paul Müller, oltre al futuro Ispettore Derrick Horst Tappert). La trama, basata sulla vendetta di una vedova nei confronti dei responsabili del suicidio maritale, è perlopiù pretesto per sviluppare un lavoro (comunque pregevole) che si trasforma nel vero e assoluto trionfo di Soledad, nonché nella sua completa celebrazione. Lo stile estetico ed estatico di Franco, il suo lirismo spesso portato all’eccesso, il tentativo di innalzare la sua cifra poetica oltre i canoni della serie B (o presunta tale), trova in questo caso esiti felici, ma soprattutto consente allo spettatore di restare definitivamente inebetito di fronte a un’attrice con pochissimi eguali, creatura di splendore quasi mistico. 

La Soledad di She Killed in Ecstasy è più matura e consapevole. Il raggio d’azione espressivo si allarga. La vediamo ridere e piangere, ossequiare la malinconia della perdita e del lutto e nuotare nei meandri della ferocia ferina, bestiale, spiritata. Franco le fa indossare parrucche bionde e sgargianti capi quasi sempre virati al rosso, al viola o al nero, anche se poi gran parte delle volte è la sua nudità a far capolino. Lei, come da prassi, è a suo agio in fantasiose sequenze ad alto contenuto sessuale con uomini e donne, così come nelle situazioni di volta in volta più caute o violente, e non c’è attimo in cui non illumini come un raggio di sole dopo la tempesta.

C’è tempo, purtroppo, solo per un altro film, The Devil Came From Asakava, nel quale, accanto ai soliti attori già citati, interpreta il ruolo di un agente segreto in missione nella giungla, in una spy story vagamente bondiana di relativo interesse, nella quale però l’incanto di Soledad, sempre più sicura e conscia dei suoi mezzi, non manca di palesarsi in tanti momenti, tra un colpo di pistola, una danza audace e una doccia avvolta da registica epidermica adorazione.

Tutto termina qua, perché poco dopo l’attrice perde la vita, per le conseguenze di un incidente automobilistico, a soli 27 anni. Una tragedia resa ancora più beffarda dal fatto che la sventura si palesa mentre sta andando a firmare un nuovo contratto, grazie al quale la sua carriera avrebbe fatto un significativo step in avanti.

Cosa sarebbe accaduto, dopo? Soledad sarebbe rimasta ancora a lungo con Franco o prima o poi avrebbe compiuto il grande salto, magari verso paludosi lidi glamour hollywoodiani? La sua genuinità sarebbe rimasta intatta oppure le leggi della serie A (o presunta tale) l’avrebbero fagocitata?

Domande a cui nessuno avrà mai risposta. Ci resta solo uno sparuto gruppetto di pellicole, alcune delle quali in circolazione in molteplici versioni differenti, doppiate in inglese o in francese o in tedesco, integrali o tagliate, rispettose degli originali o rimontate, filologicamente accettabili o stuprate, come per buona parte della sterminata filmografia di Jess Franco. Ci restano le immagini di Soledad, troppo poche, eppure sufficienti per decretarne uno status di Mito, intoccabile anche a oltre 50 anni dalla scomparsa.

Aveva davanti a sé un regista che la faceva recitare nuda per gran parte del minutaggio, scandagliandone con fare un po’ (tanto) morboso ogni angolo del corpo, appiccandole addosso la MDP, chiedendole circonvoluzioni lascive sempre nuove; lei stava al gioco, forse divisa tra convinzione artistica, apprendistato e rampa di lancio per altri obiettivi. Il suo viso pareva un’opera d’arte. Non si trattava però soltanto di mera bellezza: Soledad andava oltre.

Ci manca, ancora oggi. Ci resta il non cicatrizzabile rimpianto. Ma non finisce mai l’opportunità di ricordarla e rivederla in quei frammenti, a modo loro gloriosi. Ed eterni. A dispetto del crudele e infame destino.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Extra

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I MIGLIORI FILM DEL 2024 - La classifica

31/12/2024

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Certe tradizioni è bello rispettarle, sempre e comunque, anche se si tratta solo di giochini poco importanti. Ecco quindi la consueta classifica dei film che più abbiamo amato negli ultimi 12 mesi. Quest'anno domina la Francia (ancora più del solito) e trionfa Emilia Pérez, lo splendido musical di Jacques Audiard, travolgente capolavoro che si stampa nella testa e nel cuore. Subito dietro, a minima distanza, il magnifico fantasy mutaforma di Thomas Cailley. Sul podio anche l'ammaliante opera di Alice Rohrwacher (databile al 2023, come qualche altro titolo in lista, ma per diversi motivi recuperata in ritardo rispetto all'uscita). A seguire, grandi maestri inossidabili e alcune liete sorprese.

Alessio Gradogna


I MIGLIORI FILM DEL 2024 – CLASSIFICA

1) EMILIA PÉREZ (Jacques Audiard, Francia)
2) LE RÈGNE ANIMAL (Thomas Cailley, Francia)
3) LA CHIMERA (Alice Rohrwacher, Italia/Francia/Svizzera)
4) FLOW (Gints Zilbalodis, Lettonia/Francia)
5) ABOUT DRY GRASSES (Nuri Bilge Ceylan, Turchia)
6) GRAND TOUR (Miguel Gomes, Portogallo/Italia/Francia)
7) LE DÉLUGE (Gianluca Jodice, Francia/Italia)
8) HORIZON: AN AMERICAN SAGA – CHAPTER 1 (Kevin Costner, USA)
9) HORS-SAISON (Stéphane Brizè, Francia)
10) RITA (Paz Vega, Spagna) 
11) JUROR #2 (Clint Eastwood, USA)
12) DO NOT EXPECT TOO MUCH FROM THE END OF THE WORLD (Radu Jude, Romania)
13) LA PASSION DE DODIN BOUFFANT (Tran Anh Hùng, Francia)
14) ET LA FÊTE CONTINUE! (Robert Guédiguian, Francia)
15) OLIVIA & LAS NUBES (Tomás Pichardo-Espaillat, Repubblica Dominicana)

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I MIGLIORI FILM DEL 2023 - LA CLASSIFICA

31/12/2023

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La classifica dei migliori film dell'anno è una sorta di rito. Tutt'altro che necessario, certo, ma utile allo scopo di ricordare e omaggiare i titoli che più ci hanno estasiato, sorpreso, divertito, emozionato, commosso, nei mesi appena trascorsi.

Ecco dunque la graduatoria relativa al 2023, con posizione numero uno riservata ad Aki Kaurismaki e al suo meraviglioso Foglie al vento, lavoro che riassume alla perfezione la carriera di un autore unico e impareggiabile: ottanta minuti di poesia, magia, solitudine, redenzione, amore, vita, speranza. Sul podio anche il potentissimo thriller di Rodrigo Sorogoyen e l'inno alla solidarietà umana firmato Ken Loach. Subito sotto il magmatico Trenque Lauquen dall'Argentina, a seguire Scorsese, Nanni Moretti e tanto cinema francese (senza la distinzione, ormai sostanzialmente inutile, tra film usciti o meno nelle sale italiane).

Alessio Gradogna



I MIGLIORI FILM DEL 2023 – CLASSIFICA

1) FOGLIE AL VENTO (Aki Kaurismaki, Finlandia)
2) AS BESTAS (Rodrigo Sorogoyen, Spagna/Francia)
3) THE OLD OAK (Ken Loach, Regno Unito)
4) TRENQUE LAUQUEN (Laura Citarella, Argentina)
5) L’ORIGINE DU MAL (Sébastien Marnier, Francia)
6) KILLERS OF THE FLOWER MOON (Martin Scorsese, USA)
7) IL SOL DELL’AVVENIRE (Nanni Moretti, Italia)
8) NOVEMBRE (Cédric Jimenez, Francia)
9) DALVA (Emmanuelle Nicot, Belgio/Francia)
10) MAY DECEMBER (Todd Haynes, USA)
11) PAST LIVES (Celine Song, USA/Corea)
12) L’ULTIMA NOTTE DI AMORE (Andrea Di Stefano, Italia)
13) PASSAGES (Ira Sachs, Francia)
14) TOUCHED (Claudia Rorarius, Germania)
15) L’AMOUR ET LES FORÊTS (Valérie Donzelli, Francia)

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I MIGLIORI FILM DEL 2016 - Le nostre classifiche

11/1/2017

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​Un altro anno se n'è andato; è tempo di classifiche. Anche questa volta i redattori di ODG hanno espresso le loro preferenze per indicare i film che più sono stati capaci di entusiasmarli durante i 12 mesi appena trascorsi. 

Per il quarto anno consecutivo esprimiamo dunque il nostro omaggio alle opere che ci hanno maggiormente convinto e coinvolto. Come sempre, a differenza di quanto accade nella norma, noi abbiamo deciso di smarcarci dalle terribili (e a quanto pare incurabili) mancanze della distribuzione italiana, non limitandoci a indicare film usciti al cinema da gennaio a dicembre 2016, ma mettendo insieme film arrivati nelle sale e lavori al momento inediti ma visti ai festival o in altri contesti. 

Volendo notare una prima particolarità, è forse interessante notare come, tra le 9 classifiche presenti, ci siano ben 8 numeri uno differenti (alcuni dei quali davvero sorprendenti). Allo stesso tempo si segnala come i film più citati, ovvero Neruda e The Hateful Eight, trovino posto “solo” in 6 graduatorie su 9. Da ciò si deduce come il 2016 sia stato estremamente vario ed eterogeneo, più degli anni scorsi, raccogliendo, almeno per quanto ci riguarda, un'ampia diversificazione di gusti, senza titoli realmente “dominanti” ma con tanta varietà di stili, generi e provenienze geografiche, a testimoniare, se mai ce ne fosse bisogno, la bellezza del cinema a 360°.

Ogni redattore ha indicato le sue 15 opere preferite, aggiungendo una citazione per un film extra (il cosiddetto film “sorpresa/simpatia”) e una ulteriore indicazione per la serie Tv più amata durante l'anno. Come di consueto, cliccando su ogni singolo titolo sarete indirizzati alla rispettiva recensione, se presente sul sito, o in alternativa a un trailer della pellicola in questione. Alla fine del post troverete anche i link per visualizzare le classifiche degli anni precedenti.

​Buona lettura.

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ALESSIO GRADOGNA

​1) L'économie du couple (Dopo l'amore, Joachim Lafosse, Francia/Belgio)
2) Song of the Sea (La canzone del mare, Tomm Moore, Irlanda)
3) Bacalaureat (Un padre, una figlia, Christian Mungiu, Romania)
4) Frantz (François Ozon, Francia)
5) The Witch (Robert Eggers, Usa)
6) Sully (Clint Eastwood, Usa)
7) Rester Vertical (Alain Guiraudie, Francia)
8) Godless (Ralitza Petrova, Bulgaria)
9) El Club (Il club, Pablo Larrain, Cile)
10) Anomalisa (Charlie Kaufman e Duke Johnson, Usa)
11) Under the Shadow (L'ombra della paura, Babak Anvari, Iran/Giordania)
12) Slava (Glory, Kristina Grozeva e Petar Valchanov, Bulgaria)
13) Kubo and the Two Strings (Kubo e la spada magica, Travis Knight, Usa)
14) Le fils de Jean (Philippe Lioret, Francia)
15) Ma' Rosa (Brillante Mendoza, Filippine)

Film sorpresa/simpatia: Schnick Schnack Schnuck (Maike Brochhaus, Germania)
Miglior serie Tv: Penny Dreadful (John Logan, Uk/Usa)
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SERENA CASAGRANDE

1) Paterson (Jim Jarmusch, Usa)
2) Wiener-Dog (Todd Solondz, Usa)
3) Neruda (Pablo Larraín, Cile)
4) American Honey (Andrea Arnold, Usa/Uk)
5) Elle (Paul Verhoeven, Francia)
6) The Wailing (Gokseong, Na Hong-jin, Corea del Sud)
7) L'hermine (La corte, Christian Vincent, Francia)
8) The Handmaiden (Mademoiselle/Ah-ga-ssi, Park Chan-wook, Sud Corea)
9) Everybody Wants Some!! (Tutti vogliono qualcosa, Richard Linklater, Usa)
10) Bacalaureat (Un padre, una figlia, Cristian Mungiu, Romania)
11) Lo and Behold, Reveries of the Connected World (Lo and Behold - Internet: il futuro è oggi Werner Herzog, Usa)
12) The Witch (Robert Eggers, Usa)
13) Frantz (François Ozon, Francia)
14) Ma Loute (Bruno Dumont, Francia)
15) Under the Shadow (L'ombra della paura, Babak Anvari, Iran/Giordania)

Film Sorpresa/Simpatia: Under Sandet (Land of Mine - Sotto la sabbia, Martin Zandvliet, Danimarca)
Miglior serie Tv: The Crown (Peter Morgan, Usa/Uk)
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LAURA DELLE VEDOVE

​1) Monte (Amir Naderi, Italia)
2) Nocturama (Bertrand Bonello, Francia)
3) Ku Qian (Bitter Money, Wang Bing, Cina)
4) Neruda (Pablo Larraín, Cile)
5) La La Land (Damien Chazelle, Usa)
6) Into the Inferno (Dentro l’inferno, Werner Herzog, Usa)
7) Zvizdan (Sole Alto, Dalibor Matanic, Croazia)
8) Ang Babaeng Humayo (The Woman Who Left, Lav Diaz, Filippine)​
9) The Big Short (La Grande Scommessa, Adam Mckay, Usa)
10) Paterson (Jim Jarmusch, Usa)
11) Liberami (Federica Di Giacomo, Italia)
12) Rester Vertical (Alain Guiraudie, Francia)
12) One More Time With Feeling (Andrew Dominik, Usa)
13) Sing Street (John Carney, Irlanda)
14) Une Vie (Stéphane Brizé, Francia)
15) Christine (Antonio Campos, Usa)

Film sorpresa/simpatia: Zoolander 2 (Ben Stiller, Usa)
Miglior serie Tv: The Young Pope (Paolo Sorrentino, Italia)
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MARIANGELA SANSONE

​1) Beduino (Júlio Bressane, Brasile)
2) Neruda (Pablo Larraín, Cile)
3) Tabl (Drum, Keywan Karimi, Iran/Francia)
4) Fai bei sogni (Marco Bellocchio, Italia)
5) Ang Babaeng Humayo (The Woman Who Left, Lav Diaz, Filippine)
6) Spira Mirabilis (Massimo D'Anolfi e Martina Parenti, Italia)
7) Nocturama (Bertrand Bonello, Francia)
8) Monte (Amir Naderi, Italia)
9) Fuocoammare (Gianfranco Rosi, Italia/Francia)
10) Doctor strange (Dottor Strange, Scott Derrickson, Usa)
11) The Neon Demon (Nicolas Winding Refn, USA, Danimarca)
12) The Hateful Eight (Quentin Tarantino, Usa)
13) Sully (Clint Eastwood, Usa)
14) Elle (Paul Verhoeven, Francia)
15) It Follows (David Robert Mitchell, Usa)

Film sorpresa/simpatia: Lo chiamavano Jeeg Robot (Gabriele Mainetti, Italia) 
Miglior serie Tv: The Young Pope (Paolo Sorrentino, Italia)
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GIACOMO CALZONI

1) Sully (Clint Eastwood, Usa)
2) The Hateful Eight (Quentin Tarantino, Usa)
3) Shānhé gùrén (Al di là delle montagne, Jia Zhang-ke, Cina)
4) Ma vie de Courgette (La mia vita da zucchina, Claude Barras, Svizzera)
5) The Witch (Robert Eggers, Usa)
6) It Follows (David Robert Mitchell, Usa)
7) Carol (Todd Haynes, Usa)
8) Saul fia (Il figlio di Saul, László Nemes, Ungheria)
9) Kubo and the Two Strings (Kubo e la spada magica, Travis Knight, Usa)
10) Paterson (Jim Jarmusch, Usa)
11) Steve Jobs (Danny Boyle, Usa)
12) Song of the Sea (La canzone del mare, Tomm Moore, Irlanda)
13) Neruda (Pablo Larrain, Cile)
14) Fai bei sogni (Marco Bellocchio, Italia)
15) Frantz (François Ozon, Francia)
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​Film sorpresa/simpatia: One More Time with Feeling (Andrew Dominik, Inghilterra)
Miglior serie Tv: Stranger Things ​(Matt Duffer, Ross Duffer, Usa)
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VINCENZO VERDERAME

​1) The Hateful Eight (Quentin Tarantino, Usa)
2) As Mil e Uma Noites - Volume 1, O Inquieto (Le mille e una notte - Volume 1, Inquieto, Miguel Gomes, Portogallo)
3) Forushande (Il Cliente, Asghar Farhadi, Iran)
4) Paterson (Jim Jarmusch, Usa)
5) El Club (Il Club, Pablo Larrain, Cile)
6) Ang Babaeng Humayo (The Woman Who Left, Lav Diaz, Filippine)
7) Bacalaureat (Un padre, una figlia, Cristian Mungiu, Romania)
8) Elle (Paul Verhoeven, Francia)
9) Julieta (Pedro Almodóvar, Spagna)
10) Zvizdan (Sole alto, Dalibor Matanić, Croazia)
11) Das Unmögliche Bild (The Impossible Picture, Sandra Wollner, Germania)
12) Eshtebak (Clash, Mohamed Diab, Egitto)
13) Porto (Gabe Klinger, Portogallo)
14) Everybody Wants Some!! (Tutti vogliono qualcosa, Richard Linklater, Usa)
15) Veloce come il vento (Matteo Rovere, Italia)
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Film sorpresa/simpatia: La Tortue Rouge (La tartaruga rossa, Michaël Dudok de Wit, Francia)
Miglior serie Tv: Mr. Robot – Season 2 (Usa Network, Usa)
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EMANUEL MICALI

1) Knight of Cups (Terrence Malick, Usa)
2) Saul Fia (Il figlio di Saul, Nemes László, Ungheria)
3) Hail, Caesar (Ave, Cesare, Ethan Coen, Joel Coen, Usa)
4) American Honey (Andrea Arnold, Usa/Uk)
5) Hell or High Water (David Mackenzie, Usa)
6) Kubo and theTwo Strings (Kubo e la spada magica, Travis Knight, Usa)
7) High-Rise (Ben Wheatley, Uk)
8) The Hateful Eight (Quentin Tarantino, Usa)
9) Louder than Bombs (Segreti di famiglia, Joachim Trier, Usa)
10) Creed (Creed: Nato per combattere, Ryan Coogler, Usa)
11) Midnight Special (Jeff Nichols, Usa)
12) The Witch (Robert Eggers, Usa)
13) Under the Shadow (L'ombra della paura, Babak Anvari, Iran/Giordania)
14) The Neon Demon (Nicolas Winding Refn, Usa)
15) Sully (Clint Eastwood, Usa)

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Film sorpresa/simpatia: El abrazo de la serpiente (Ciro Guerra, Colombia)
Miglior serie Tv: Stranger Things (Matt Duffer, Ross Duffer, Usa)
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ALESSIO VACCHI

1) Neruda (Pablo Larrain, Cile)
2) Juan Zeng Zhe (The Donor, Qiwu Zang, Cina)
3) Fai bei sogni (Marco Bellocchio, Italia)
4) Ilegitim (Adrian Sitaru, Romania)
5) The Wailing (Goksung, Hong-jin Na, Sud Corea)
6) Christine (Antonio Campos, Usa)
7) The Hateful Eight (Quentin Tarantino, Usa)
8) Godless (Ralitza Petrova, Bulgaria)
9) Câini (Dogs, Bogdan Mirica, Romania)
10) Anomalisa (Duke Johnson e Charlie Kaufman, Usa)
11) Carol (Todd Haynes, Uk/Usa)
12) Les fils de Jean (Philippe Lioret, Francia)
13) La pazza gioia (Paolo Virzì, Italia)
14) Juste la fin du monde (E' solo la fine del mondo, Xavier Dolan, Canada/Francia)
15) Lady Macbeth (William Oldroyd, Uk)

​Film sorpresa/simpatia: Wiener-Dog (Todd Solondz, Usa)
Miglior serie Tv: ---
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BORIS SCHUMACHER

​1) The hateful eight (Quentin Tarantino, Usa) 
2) The wailing (Goksung, Na Hong-jin, Corea del Sud)
3) Everybody wants some!! (Tutti vogliono qualcosa, Richard Linklater, Usa)
4) Bacalaureat (Un padre, una figlia, Cristian Mungiu, Romania)
5) Neruda (Pablo Larrain, Cile)
6) Elle (Paul Verhoeven, Francia)
7) Paterson (Jim Jarmusch, Usa)
8) Ma vie de courgette (La mia vita da zucchina, Claude Barras, Svizzera)
9) Le fils de Jean (Philippe Lioret, Francia)
10) Sully (Clint Eastwood, Usa)
11) Raman Raghav 2.0 (Anutrag Kashyap, India)
12) Brooklyn (John Crowley, Uk)
13) Saul fia (Il figlio di Saul, Laszlo Nemes, Ungheria)
14) La pazza gioia (Paolo Virzì, Italia)
15) Truman (Cesc Gay, Spagna)


Film sorpresa/simpatia: I am not a serial killer (Billy O'Brien, Irlanda)
Miglior serie Tv: Stranger Things (Matt & Ross Duffer, Usa)
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STRANGER THINGS - Prima stagione - Quei favolosi anni ‘80

21/7/2016

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A distanza di pochi giorni dalla sua uscita Stranger Things, miniserie tv ideata dai fratelli Duffer e prodotta da Netflix, è già divenuta un’opera di culto, capace d’inchiodare al piccolo schermo migliaia di persone che hanno divorato in una manciata di giorni gli otto episodi che ne compongono la prima annata. Un successo annunciato vista la spasmodica attesa che si respirava sul web nelle settimane precedenti la messa in onda della serie che Netflix, come sempre, ha reso disponibile nella sua interezza a partire da venerdì 15 luglio, invogliando molti a fare binge watching e a portare a termine la visione il più velocemente possibile.
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Nel 1983, nella piccola e tranquilla cittadina di Hawkins, nell’Indiana, si verifica la sparizione di Will, un ragazzino che stava facendo ritorno a casa in bici dopo una giornata passata a giocare a Dungeons & Dragons con Mike, Dustin e Lucas, i suoi amici inseparabili. La madre di Will si rivolge subito allo sceriffo Hopper, il quale, dopo l’iniziale scetticismo, si rende conto che la scomparsa del ragazzo è collegata ad una serie di fatti oscuri e inquietanti che sembrano condurre alla misteriosa agenzia governativa, con a capo il dottor Brenner, che si trova nelle immediate vicinanze della piccola comunità. Intanto Mike, Dustin e Lucas non si danno per vinti e, cercando di mettersi sulle tracce di Will, s’imbattono in una strana ragazzina sfuggita ai crudeli esperimenti del dottor Brenner.
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Questo è solo l’episodio pilota della serie, uno spunto di partenza che ricorda da subito svariate pellicole americane degli anni ’80 entrate da tempo nell’immaginario collettivo di intere generazioni. Stranger Things si presenta come una riuscita e azzeccata operazione nostalgia che rende omaggio a un decennio irripetibile, quello a cavallo tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli ’80, attraverso continui rimandi cinematografici e svariati riferimenti alla cultura e alla società di quel periodo. Una serie dall’animo spielbergiano, con l’immediato collegamento a E.T. (l’amicizia tra ragazzini, le corse in bicicletta, la cornice sci-fi), ma anche carpenteriano, quando si addentra in territori più bui e oscuri sorretta dalle belle musiche sintetiche ed elettroniche realizzate da Kyle Dixon e Michael Stein, che omaggiano palesemente l’autore di Halloween e La cosa com’era già accaduto di recente per la straordinaria colonna sonora di It Follows. 
I rimandi non finiscono certo qui: i giovani protagonisti citano costantemente il gioco di ruolo Dungeons & Dragons, il mondo letterario creato da Tolkien, la saga di Star Wars, l’universo dei comics e via dicendo, senza tralasciare un elemento fondamentale e imprescindibile: Stranger Things sembra quasi un collage dei romanzi più ispirati di Stephen King , una via di mezzo tra It, Stand by me e L’incendiaria. 
Nell’ideare la serie, concepita più come un unico film fiume suddiviso in otto capitoli, i fratelli Duffer si sono accostati al decennio in cui è ambientata con un’attenzione minuziosa e scrupolosa a ogni singolo dettaglio e un rigore filologico che lascia stupefatti (a partire dal font usato per i titoli di testa), senza dimenticare il riuscito inserimento nel cast di due volti familiari e iconici di quel periodo come Winona Ryder e Matthew Modine. 
Il successo e la piena riuscita di Stranger Things non è da imputarsi solo all’effetto vintage, ma anche e soprattutto a un sapiente e ispirato lavoro in fase di scrittura, che si concentra su tre linee narrative ben bilanciate ed equilibrate – quelle dei giovani protagonisti, dei loro fratelli e sorelle maggiori e dei loro genitori – che negli ultimi episodi convergono e si uniscono in modo fluido e armonioso. Uno degli aspetti più sorprendenti è dato dal fatto che la serie, nonostante manchi per forza di cose di originalità, rifacendosi a un immaginario collettivo arcinoto al pubblico a cui è rivolta, risulti in costante crescita di capitolo in capitolo, riuscendo ad appassionare e coinvolgere sino a giungere a un finale commovente e liberatorio.
La componente soprannaturale, horror e fantascientifica intriga, incolla alla poltrona e – come sempre in questi casi – serve anche e soprattutto a parlare d’altro, di amicizia, famiglia, primi amori, elaborazione del lutto e di pericoli e paure da affrontare e superare per crescere e diventare grandi. 
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I fratelli Duffer fanno propria la lezione spielbergiana, riponendo nei loro giovani protagonisti la speranza per un futuro migliore ma dipingendo al contempo i loro genitori in modo abbastanza benevolo e positivo, al contrario di quanto avviene nel cinema americano degli ultimi anni dove, spesso e volentieri, gli adulti sono assenti, fuori fuoco o fuori campo (si pensi al seminale e imprescindibile It Follows o a titoli recenti di Gus Van Sant come Elephant e Paranoid Park). Sullo sfondo di Stranger Things c’è l’America reaganiana ancora in preda alla paranoia da Guerra Fredda, dove i poteri forti come il Governo, i militari e i servizi segreti recitano la parte dei cattivi in contrapposizione, forse in modo un po’ ingenuo ma efficace, ai giovani e alle loro famiglie, imperfette, incasinate o disfunzionali che siano. 
Sembra strano non trovare nella miniserie dei fratelli Duffer lo zampino di J.J. Abrams, uno che sull’omaggio a un certo cinema e immaginario a cavallo tra i ’70 e gli ’80 ha costruito un’intera e redditizia carriera. Basti pensare a Super 8, il collegamento più recente e diretto a Stranger Things, con cui condivide lo stesso, identico, scenario. 
I fratelli Duffer si dimostrano profondi conoscitori non solo di un determinato periodo storico ma anche dei generi con cui si sono cimentati, e si divertono a disseminare alcuni piccoli ed evidenti omaggi a Under the Skin, pellicola sci-fi criptica e anomala diretta da Jonathan Glazer nel 2013, assai meno nota al grande pubblico rispetto ai vari titoli citati nella serie targata Netflix. 
Stranger Things diverte, intrattiene, emoziona, provoca anche qualche piccolo spavento; c’è da scommettere che saprà catturare l’attenzione delle nuove generazioni, oltre a quella di chi è cresciuto negli anni ’80 e non farà fatica ad immergersi in atmosfere piacevolmente familiari e nostalgiche. Il finale, ben costruito e orchestrato, lascia aperte le porte per una seconda stagione (o più propriamente per un sequel) che, visti gli esiti e l’accoglienza calorosa ed entusiastica, sembra quasi scontata e inevitabile.

Boris Schumacher

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Scheda Tecnica

Titolo originale: Stranger Things
Regia: Matt e Ross Duffer
Sceneggiatura: Matt e Ross Duffer
Fotografia: Tim Ives, Tod Campbell
Anno: 2016
Durata: 8 Episodi da 50 min. circa cadauno
Interpreti principali: Winona Ryder, David Harbour, Finn Wolfhard, Millie Bobby Brown, Matthew Modine

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LA DONNA CHE CANTA - Prigioniera numero 72

20/3/2016

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Canada 2009. In seguito alla morte della madre Nawal, l'amico e notaio Jean Lebel convoca i gemelli Jeanne e Simon Marwan per la lettura del testamento. Secondo le ultime volontà della donna, affida ai fratelli due buste. La prima da recapitare al padre, creduto morto fino ad allora, la seconda a un altro fratello, di cui ignoravano l'esistenza. Soltanto quando i destinatari ne avranno appreso il contenuto, ai figli verrà consegnata un'ulteriore lettera e Nawal potrà essere sepolta e riposare in pace. Simon (Maxim Gaudette) reagisce con rabbia e rifiuta il coinvolgimento in una ricerca che considera inutile; Jeanne (Mélissa Désormeaux-Poulin), anche se sconvolta, decide invece di raggiungere la terra d'origine della madre, il Libano, e di scavare nel suo passato finché la verità non verrà a galla. 
Scopre così che la vita di Nawal Marwan (Lubna Azabal) è stata marchiata a fuoco, con cicatrici indelebili, dalla devastante guerra civile che ha straziato il suo Paese a partire dalla metà degli anni Settanta. Un destino che la accomuna a chiunque abbia conosciuto quella sanguinosa fase storica. Jeanne si rivolge dunque ai sopravvissuti. Le persone che incontra preferiscono non parlare della guerra, alcuni fingono di non ricordare, ma la terribile realtà lentamente emerge in superficie.
​Jeanne viene a sapere che la madre, dopo aver ucciso un leader politico di religione cristiana, è stata arrestata e imprigionata per quindici anni nel famigerato carcere di Kfar Ryat, dove è stata torturata e violentata da Abou Tarek (Abdelghafour Elaaziz), dal quale ha avuto un figlio. Annientata e incapace di proseguire le indagini senza il sostegno del fratello, lo supplica di raggiungerla. Questi, in compagnia del notaio Jean (Rémy Girard), vola quindi in Libano. Toccherà proprio a Simon svelare il mostruoso segreto che Nawal ha deciso di confessare loro soltanto dopo la sua morte. 
Presentato alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia nel 2010 e candidato all'Oscar come miglior film straniero nel 2011, Incendies (La donna che canta nella versione italiana) è il quarto lungometraggio di Denis Villeneuve. Il soggetto è tratto dall'omonimo dramma di Wajdi Mouawad (regista, attore teatrale e scrittore di origine libanese stabilitosi in Canada), che si è a sua volta ispirato a fatti veramente accaduti e in particolare alla vita dell'attivista Souha Fawaz Bechara, coinvolta nell'attentato al generale dell'Esercito del Libano del Sud Antoine Lahad. 
Attraverso una narrazione a volte poco rigorosa a causa dell'uso massiccio di flashback, Villeneuve racconta una pagina dolorosa dell'intricatissima storia recente del Medio Oriente (e lo spettatore a digiuno della materia faticherà a comprendere lo sviluppo della vicenda). La tragedia di Nawal, la prigioniera numero 72, è simile a quella di ogni individuo proveniente da zone di guerra. Il suo dramma rappresenta la pena inflitta a milioni di innocenti, alla quale però Villeneuve contrappone lo sguardo carico d'odio del bambino soldato che compare nelle prime inquadrature; una vittima, inizialmente, che potrà tuttavia trasformarsi in carnefice. Non mancano infatti scene agghiaccianti di torture e violenze, di cui troveremo traccia anche nei seguenti lavori del regista canadese, Prisoners e Sicario. Non a caso la donna del titolo è Nawal, che dalla sua cella canta a voce alta per non sentire le urla delle altre prigioniere stuprate e torturate. 
Nonostante le atrocità di cui è capace l'essere umano, Nawal affida comunque ai figli un messaggio d'amore, unico sentimento in grado di spezzare la catena dell'odio.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Extra


Scheda tecnica
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Titolo originale: Incendies
Anno: 2010
Regia: Denis Villeneuve
Sceneggiatura: Denis Villeneuve, Valérie Beaugrand-Champagne.
Fotografia: André Turpin
Durata: 130'
Attori: Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Rémy Girard, Abdelghafour Elaaziz

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ANDRZEJ ZULAWSKI - La danza del caos

23/2/2016

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Una regia muscolare e carnale, in cui la mdp si fa organica; un arto convulso e urlante, che è parte integrante del corpo attoriale, così come urlano le immagini sullo schermo nei film di Zulawski. Quella carnalità aveva stregato il mio sguardo sin dalla prima visione di quello che è considerato, a ragione, il suo capolavoro, Possession (1981), dove Zulawski riesce nell’intento di trasporre l’essere nella sua corporalità, con le emozioni e le perversioni più intime che si fanno cosa liquida. 
“Possession e La Sciamana (1996) rappresentano gli esiti più distonici, fantasmagorici ed erotici del suo cinema” (1). Da lì è iniziato il mio viaggio alla scoperta del cinema zulawskiano, attraverso le sue ossessioni immortalate su pellicola, le corse sfrenate della mdp, ora attraverso corridoi stretti e cupi, ora attraverso le radure fredde della sua Polonia. 

I semi del suo cinema si palesano da subito, sin dalle prime opere polacche, La terza parte della notte (1971), abbacinante esordio alla regia, dopo le collaborazioni giovanili con Andrzej Wajda, e Diabel (1972), opera “fisica” fortemente osteggiata in Polonia, al punto che la prima proiezione pubblica in patria avverrà solo nel 1987. Un film fortemente storico e politico che parla, tra l’altro, del declino della Polonia nel settecento con riferimenti all’attualità del Paese. La domanda, il leit-motiv, di questa sua seconda regia, è quella filosofica posta dal diavolo: “Il male vi presenta il mondo, le cose, come lui vuole o come esse sono?” (2). 
Il cinema di Zulawski, così anarchico e feroce, nella sua amata terra d’origine ha sempre destato scalpore, vuoi per il suo essere così libero, vuoi per i contenuti politici presenti in ogni sua pellicola. Il blocco del film Il Diavolo determinò la scelta di trasferirsi in Francia. Libero di esprimersi, il regista polacco, nel periodo francese, realizza quelle che sono le sue opere più note, L’importante è amare (1975), Possession, La femme publique (1984), L’amore balordo (1985). Graffi sulla pellicola, ora sanguinante ora danzante, in quel caos folle e geniale che nietzschianamente genera stelle; il caos zulawskiano, ribelle, psicotico e squisitamente perverso. Una danza condotta da quella camera a mano che ruota in modo ossessivo intorno al corpo, che accompagna lo sguardo in corse sfrenate, fino al completo smarrimento dei sensi, in un deragliamento di emozioni coinvolgenti e sconvolgenti. 
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1) Fabrizio Fogliato, Trascendere la trascendenza, Nocturno dossier La fossa dei Serpenti, dicembre 2008.
2) Michele Salimbeni, Il cinema di Andrzej Zulawski, Possessione, fedeltà e amour fou, tra arte e vita, RESedizioni, 2002.

Ho sempre provato un piacere sottile ma profondo nel lasciarmi travolgere dalla regia zulawskiana, così legata alle ossessioni del suo autore, tra i rimandi dostoevskijani, i voli della mdp che scivolava vorticosamente tra gli spazi architettonici, che si insinuava tra i protagonisti, in un ballo su note sincopate, aprendosi su urla munchiane. Un grido muto, stampato sui visi delle sue protagoniste, straziante e feroce, sulla difficoltà di amare e l’impossibilità di comunicare. Uomini e donne sono distanti, pianeti su orbite diverse, un urlo che libera la ferinità femminile, una delle costanti nelle opere di Zulawski, che le donne le ha amate profondamente e che come pochi le ha sapute raccontare, mettendo in luce le ombre più cupe di una femminilità primordiale. 
Lo sguardo allucinato di Anna (Isabelle Adjani), la danza selvaggia di Ethel (Valérie Kaprisky), le lacrime di Nadine (Romy Schneider), la follia irriverente e conturbante di Wloszka (Iwona Petri): le donne del cinema del regista polacco, vivono, soffrono, piangono, ridono e si perdono, in un cinema declinato quasi totalmente al femminile, dedicato ad un femmineo euripideo, passionale e appassionato, selvaggio e notturno. 
La sua cinematografia ha stregato il mio sguardo; ogni singola opera, dalle più note a quelle considerate ingiustamente minori, come Le mie notti sono più belle dei vostri giorni (1989), La note bleue (1991) o La fidélité (2000), riservano il fascino di un cinema unico nel suo genere, prezioso e raro, in cui il regista si dimostra sempre un esperto conoscitore della tecnica e un innovatore del linguaggio cinematografico.
Un autore scomodo, censurato nel suo Paese e considerato blasfemo dalla Chiesa, narratore di un mondo malato, in decomposizione, dove tutto è una continua lotta tra il bene e il male; “tutto il male viene dalla Terra e lei è una stella ribelle e maledetta che i nostri occhi non dovrebbero guardare” (3), come riportato dallo zio Jerzy Zulawski, in La trilogia della luna, da cui fu tratto il film più travagliato del regista, Sul globo d’argento (1977-‘89), un lavoro visionario, surreale e sperimentale, nell’uso della tecnica e del linguaggio. Il Ministro della Cultura del regime polacco interruppe le riprese prima che fossero concluse e fece bruciare i costumi di scena e le scenografie; solo dopo la caduta della dittatura Andrzej Zulawski poté terminare il film, nel 1989, riprendendo il girato del 1977. 

3) Jerzy Zulawski, La trilogia della luna.

Il cinema del regista è eversivo, anarchico e visionario, in bilico tra sogno e realtà, dove la violenza è parte integrante, come lo è nella vita reale, nei rapporti umani. Campo di sperimentazione artistica, l’opera zulawskiana non si pone limiti, vive in un oltre, alla ricerca continua di uno spazio e di un tempo unico e personale. Teatro, poesia, musica e letteratura, tutto è portato in scena, da quel Dostoevskij, così amato da Andrzej, a Boris Godounov, omaggiando a suo modo l’opera di Mussorgskij, il legame con Jerzy Grotowski e il suo teatro, rimanendo particolarmente affascinato dalla recitazione dei suoi attori, fino alla letteratura di Witold Gombrowicz, su cui è basato il suo ultimo lavoro, Cosmos (premio per la migliore regia a Locarno 2015). 
“Un’immersione nell’abisso dell’anima” (4), la verità cruda e violenta, contro ogni forma di menzogna politica, e la dissacrazione dei tabù per far crollare la maschera, perché “è ciò che permette di offrire il nostro essere nudo a qualcosa di indefinibile ma che contiene Eros e Charitas” (5). Forse la natura più profonda del cinema zulawskiano ha una forte matrice autobiografica: “la mia vita, il mio corpo, la mia biografia, sono il campo d’esperienza. Se devi dire qualcosa di onesto, devi pescare in questo terreno. E ciò spesso fa male: così i miei film sono lì per raccontare storie che mi toccano. Noi polacchi spesso ci diciamo che facciamo cinema come una sorta di completamento alla nostra biografia. La nostra generazione, nel periodo dell’infanzia, ha conosciuto la guerra e lutti politici. Tutta questa potenzialità di vita sepolta nel passato si risveglia a contatto con il cinema: i film sono la seconda vita” (6). 

4) Andrzej Zulawski, Le roi maudit, conversazione con JéromeDouai, Starfix, n.ro79, dicembre 1989.
5) Jerzy Grotowski, Per un teatro povero, Buloni editore, Roma 1970.
6) Andrzej Zulawski in Passione e viscere. Il cinema di Andrzej Zulawski. A cura di Sergio Naitza. Catalogo per la retrospettiva dedicata ad Andrzej Zulawski. Trieste Film Festival, XIV edizione, 2003.

Zulawski era come il suo cinema, un uomo rigoroso, integerrimo, apparentemente una roccia inscalfibile, ma granitico solo in apparenza. Andrzej era infatti una persona generosa e disponibile.  Quando lo incontrai la prima volta, qualche anno fa, dovevo presentare una retrospettiva a lui dedicata, in occasione della prima edizione del Festival del Cinema Polacco, al Cinema Trevi: parlammo a lungo, passammo qualche ora insieme e imparai a conoscerlo. Mi raccontò della sua famiglia, di come era stata la vita di suo padre e poi la sua, in quella Polonia così ostica, quando per le strade c’erano i cadaveri; i suoi occhi erano fieri, gli occhi di chi ha voglia di aprirsi in maniera diversa; voleva evitare, come tenne a sottolineare, “le solite banalità che si dicono su di me e sui miei film, sempre le stesse cose”. 
A quel primo momento seguirono due giornate intense in sua compagnia e del suo cinema, una lezione al Centro Sperimentale di Cinematografia e il suo settantatreesimo compleanno festeggiato con gli amici del Festival. Fu proprio durante quelle giornate che maturai l’idea di scrivere qualcosa su di lui. Ne parlai con lui, e la prima cosa che mi chiese fu: “lo faresti per motivi accademici?”. Un po’ imbarazzata risposi “no, lo farei esclusivamente per passione, la passione che nutro e che riscontro nei tuoi film”. Quella era la risposta che voleva; mi disse “la passione è il motivo migliore per intraprendere qualsiasi impresa”. Da allora mi fu vicino. Ci siamo incontrati innumerevoli volte, e quando gli chiedevo di parlarmi del suo cinema, dettagli tecnici di questo o di quel film, il suo sguardo si illuminava; si accarezzava i capelli e tornava quel ragazzo anarchico e libero che girava opere feroci sulla vera natura dell’uomo. 
Con Andrzej Zulawski ci abbandona l’ultimo barlume di feroce visionarietà carnale, la vertigine filmica in cui ci si smarriva abbandonandosi alla passione delle emozioni. Se ne va una parte della mia vita, una persona che mi ha insegnato molto su quella splendida follia immaginifica che è il cinema.

Mariangela Sansone

Sezione di riferimento: Extra

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ANDRZEJ ZULAWSKI (1940-2016)
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I MIGLIORI FILM DEL 2015 - Le nostre classifiche

7/1/2016

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Classifiche. Un giochino, certo, niente di più. Ma anche e soprattutto un modo per rendere il giusto omaggio alle pellicole che nel periodo di riferimento ci hanno sorpreso, emozionato, commosso, appassionato, fatto innamorare. Anche questa volta presentiamo dunque le nostre graduatorie relative all'anno da poco concluso, il 2015, con alcune linee guida ben precise.

Innanzitutto, come sempre, abbiamo scelto di non farci accalappiare dalle terrificanti e deprimenti mancanze della distribuzione italiana; di conseguenza abbiamo inserito sia film usciti nelle nostre sale da gennaio a dicembre 2015, sia film del 2015 purtroppo non distribuiti ma visti a festival o rassegne. Il tutto senza alcuna distinzione, perché uno splendido film lo è indipendentemente dal fatto che esca o meno (o quando) in Italia.
A differenza delle classifiche del 2013 e delle classifiche del 2014, questa volta abbiamo ampliato il numero di titoli per ogni redattore, passando da 10 a 15. Alle top 15 si aggiungono poi un film "extra" (denominato sorpresa/simpatia) e, novità di quest'anno, una citazione per la migliore serie Tv.
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Riguardo ai titoli più citati e più amati, non stiamo a conteggiare i punti per stilare un'unica classifica "redazionale", ma lasciamo eguale spazio e importanza alle idee di tutti. Ci limitiamo a evidenziare come ci siano tre pellicole che conquistano la vetta in due diverse graduatorie, ovvero Blackhat di Michael Mann, Mad Max: Fury Road di George Miller e Inherent Vice di Paul Thomas Anderson; il primato in almeno una classifica va anche a Mia madre di Nanni Moretti, The Assassin di Hou Hsiao-hsien, Inside Out di Pete Docter e 11 minutes di Jerzy Skolimowski. I film di Miller e Anderson sono anche i più citati, sette presenze ciascuno, insieme a Non essere cattivo di Caligari. A seguire Moretti, con sei presenze. In generale notiamo, con piacere, che moltissimi sono i titoli italiani a trovare spazio (tutto il contrario rispetto a dodici mesi fa), a conferma del fatto che il 2015 sia stato probabilmente il miglior anno per il cinema nostrano da molto tempo a questa parte. Nutrite, come sempre, anche le presenze americane e francesi.
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Cliccando sui singoli titoli sarete indirizzati alle rispettive recensioni, quando presenti, o in alternativa a un trailer del film in oggetto. Buona lettura. 


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ALESSIO GRADOGNA

1) Mia Madre (Nanni Moretti, Italia)
2) Inside Out (Pete Docter e Ronnie del Carmen, USA)
3) La loi du marché (La legge del mercato, Stéphane Brizé, Francia)
4) Die andere Heimat (L'altra Heimat, Edgar Reitz, Germania)
5) Trois souvenirs de ma jeunesse (Arnaud Desplechin, Francia)
6) Per amor vostro (Giuseppe M. Gaudino, Italia)
7) Behemoth (Beixi Moshuo, Zhao Liang, Cina)
8) A Most Violent Year (J.C. Chandor, USA)
9) Love & Peace (Sion Sono, Giappone)
10) Une nouvelle amie (Una nuova amica, François Ozon, Francia)
11) Right Now, Wrong Then (Hong Sang-soo, Corea)
12) Taxi Teheran (Jafar Panahi, Iran)
13) Bella e perduta (Pietro Marcello, Italia)
14) Evolution (Lucile Hadzihalilovic, Francia)
15) Suburra (Stefano Sollima, Italia)

Film sorpresa/simpatia: Walking With Red Rhino - A spasso con Alberto Signetto (Marilena Moretti, Italia)
Miglior serie Tv: Les Revenants (Fabrice Gobert, Canal+, Francia)
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MARIANGELA SANSONE

1) Mad Max: Fury Road (George Miller, Australia/USA)
2) Sangue del mio sangue (Marco Bellocchio, Italia)
3) Bella e Perduta (Pietro Marcello, Italia)
4) Non essere cattivo (Claudio Caligari, Italia)
5) Inherent Vice (Vizio di Forma, Paul Thomas Anderson, USA)
6) Suburra (Stefano Sollima, Italia)
7) Blackhat (Michel Mann, USA)
8) Carol (Todd Haynes, Regno Unito/USA)
9) A bigger splash (Luca Guadagnino, Italia)
10) Il racconto dei racconti (Matteo Garrone, Italia)
11) American Sniper ( Clint Eastwood, USA)
12) Bridge of Spies (Il ponte delle spie, Steven Spielberg, USA)
13) Babadook (Jennifer Kent, Australia)
14) The walk (Robert Zemeckis, USA)
15) Creed (Ryan Coogler, USA)

Film sorpresa/simpatia: Minions (Pierre Coffin e Kyle Balda, USA)
Miglior serie Tv: The Knick (Steven Soderbergh, USA)
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GIACOMO CALZONI

1) Blackhat (Michael Mann, USA)
2) Mia madre (Nanni Moretti, Italia)
3) Behemoth (Beixi Moshuo, Zhao Liang, Cina)
4) Francofonia (Aleksandr Sokurov, Francia/Germania/Olanda)
5) Il racconto dei racconti (Matteo Garrone, Italia)
6) Non essere cattivo (Claudio Caligari, Italia)
7) Sangue del mio sangue (Marco Bellocchio, Italia)
8) Bridge of Spies (Il ponte delle spie, Steven Spielberg, USA)
9) Afternoon (Tsai Ming-liang, Taiwan)
10) Inside Out (Pete Docter e Ronnie del Carmen, USA)
11) Per amor vostro (Giuseppe M. Gaudino, Italia)
12) I racconti dell’orso (Samuele Sestieri e Olmo Amato, Italia)
13) Inherent Vice (Vizio di forma, Paul Thomas Anderson, USA)
14) Tharlo (Pema Tseden, Tibet)
15) Fast & Furious 7 (James Wan, USA)

Film sorpresa/simpatia: Babadook (Jennifer Kent, Australia)
Miglior serie Tv: True Detective stagione 2 (USA)


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BORIS SCHUMACHER

1) Inside Out (Pete Docter e Ronnie Del Carmen, USA)
2) Il racconto dei racconti (Matteo Garrone, Italia)
3) El Club (Pablo Larrain, Cile)
4) Foxcatcher (Bennett Miller, USA)
5) Mia madre (Nanni Moretti, Italia)
6) Phoenix (Il segreto del suo volto, Christian Petzold, Germania)
7) Shan he gu ren (Mountains May Depart, Jia Zhangke, Cina)
8) Trois souvenirs de ma jeunesse (Arnaud Desplechin, Francia)
9) A most violent year (J.C. Chandor, USA)
10) Bridge of spies (Il ponte delle spie, Steven Spielberg, USA)
11) Blackhat (Michael Mann, USA)
12) Mad Max: Fury Road (George Miller, Australia/USA)
13) Non essere cattivo (Claudio Caligari, Italia)
14) Sicario (Denis Villeneuve, USA)
15) Inherent Vice (Vizio di forma, Paul Thomas Anderson, USA)
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Film sorpresa/simpatia: I racconti dell’orso (Samuele Sestieri e Olmo Amato, Italia)
Miglior serie TV: Narcos (Netflix, Stagione 1, USA)


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SERENA CASAGRANDE

1) The Assassin (Hou Hsiao-hsien, Taiwan, Cina, Hong Kong)
2) Carol (Todd Haynes, Usa, Regno Unito)
3) A Most Violent Year (J. C. Chandor, Usa)
4) The Tribe (Myroslav Slaboshpytskiy, Ucraina)
5) Les Combattants (The Fighters, Thomas Cailley, Francia)
6) Blackhat (Michael Mann, Usa)
7) Non essere cattivo (Claudio Caligari, Italia)
8) Inherent Vice (Vizio di forma, Paul Thomas Anderson, Usa)
9) Leviathan (Andrei Zvyagintsev, Russia)
10) Mia madre (Nanni Moretti, Italia)
11) Bande de filles (Diamante nero, Céline Sciamma, Francia)
12) Foxcatcher (Bennett Miller, Usa)
13) Bridge of Spies (Il ponte delle spie, Steven Spielberg, Usa)
14) Phoenix (Il segreto del suo volto, Christian Petzold, Germania)
15) Sicario (Denis Villeneuve, Usa)


Film Sorpresa/Simpatia: Mad Max: Fury Road (George Miller, Australia, Usa)
Miglior serie TV: ​Narcos (Netflix, Stagione 1, USA)
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FRANCESCA BORRIONE

​1) Mad Max: Fury Road (George Miller, Australia/USA)
2) Ex Machina (Alex Garland, UK)
3) Inside Out (Pete Docter e Ronnie del Carmen, USA)
4) Carol (Todd Haynes, USA)
5) Spotlight (Thomas McCarthy, USA)
6) The Hateful Eight (Quentin Tarantino, USA)
7) The Martian (Ridley Scott, USA)
8) Room (Lenny Abrahamson, Canada/Irlanda)
9) Bridge of Spies (Il ponte delle spie, Steven Spielberg, USA)
10) Creed (Ryan Coogler, USA)
11) While We’Re Young (Giovani si diventa, Noah Baumbach, USA)
12) Far From the Madding Crowd (Via dalla pazza folla, T. Vinterberg, USA-UK)
13) The Tribe (Myroslav Slaboshpytskiy, Ucraina)
14) Mistress America (Noah Baumbach, USA)
15) Slow West (John Maclean, USA)

Film sorpresa/simpatia: Love & Mercy (Bill Pohlad, USA)
Miglior serie Tv: Togetherness (HBO – Mark and Jay Duplass, USA)
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EMANUEL MICALI

1) Inherent Vice (Vizio di Forma, Paul Thomas Anderson, Usa)
2) Leviathan (Leviafan, Andrey Zvyagintsev, Russia)
3) A Most Violent Year (J. C. Chandor, Usa) 
4) Carol (Todd Haynes, Usa) 
5) Suburra (Stefano Sollima, Italia)
6) Sicario (Denis Villeneuve, Usa)
7) Non essere cattivo (Claudio Caligari, Italia)
8) Turist (Forza maggiore, Ruben Östlund, Svezia)
9) Mistress America (Noah Baumbach, Usa)
10) Eisenstein in Guanajuato (Peter Greenaway, Paesi Bassi)
11) Ex Machina (Alex Garland, Regno Unito)
12) Mad Max: Fury Road (George Miller, Australia)
13) While we’re young (Giovani si diventa, Noah Baumbach, Usa)
14) Whiplash (Damien Chazelle, Usa)
15) Birdman (Alejandro González Iñárritu, Usa)
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Film sorpresa/simpatia: Love & Mercy (Bill Pohlad, Usa)
Miglior serie Tv: True Detective (Nic Pizzolatto, Usa)
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LAURA DELLE VEDOVE

1) 11 Minut (­Jerzy Skolimowski, Polonia)
2) Mad Max: Fury Road (George Miller, Australia/USA)
3) The Whispering Star (Sion Sono, Giappone)
4) Eva no duerme (Pablo Agüero, Argentina-Spagna -Francia)
5) Tag (Sion Sono, Giappone)
6) Lo chiamavano Jeeg Robot (Gabriele Mainetti, Italia)
7) Inherent Vice (Vizio di forma, Paul Thomas Anderson, USA)
8) The Assassin (Hou Hsiao-Hsien, Taiwan)
9) Saul fia (Il figlio di Saul, László Nemes, Ungheria)
10) Non essere cattivo (Claudio Caligari, Italia)
11) Mate-me por favor (Anita Rocha da Silveira, Brasile-Argentina)
12) Spotlight (Il caso Spotlight, Thomas McCarty, USA)
13) Brooklyn (John Crowley, Irlanda)
14) While we’re young (Giovani si diventa, Noah Baumbach, USA)
15) The Childhood of a Leader (Brady Corbet, UK-Francia-Ungheria)
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Film sorpresa/simpatia: Latin lover (Cristina Comencini, Italia)
Miglior serie TV: Sense8 (Lana e Andy Wachowski, J. Michael Straczynski, USA, Netflix)
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VINCENZO VERDERAME

1) Inherent Vice (Vizio di forma, Paul Thomas Anderson, USA)
2) Taxi Teheran (Jafar Panahi, Iran)
3) Son of Saul (Il figlio di Saul, László Nemes, Ungheria)
4) Mountains May Depart (Al di là delle montagne, Jia Zhang-Ke, Cina)
5) Mia Madre (Nanni Moretti, Italia)
6) The Assassin (Hou Hsiao-Hsien, Taiwan)
7) Timbuktu (Abderrahmane Sissako, Francia)
8) Cemetery of Splendour (Apichatpong Weerasethakul, Thailandia)
9) Tikkun (Avishai Sivan, Israele)
10) Carol (Todd Haynes, Gran Bretagna, USA)
11) The Lobster (Yorgos Lanthimos, Grecia)
12) Non essere cattivo (Claudio Caligari, Italia)
13) The Forbidden Room (Guy Muddin, Evan Johnson, Canada)
14) La Tierra y la Sombra (César Augusto Acevedo, Colombia)
15) The Whispering Star (Sion Sono, Giappone)


Film sorpresa/simpatia: Bella e perduta (Pietro Marcello, Italia)
Miglior serie tv: The Affair – Season 2 (Showtime, USA)


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ALESSIO VACCHI

1) Blackhat (Michael Mann, USA)
2) Mad Max: Fury Road (George Miller, Australia/USA)
3) Hungry Hearts (Saverio Costanzo, Italia)
4) Mistress America (Noah Baumbach, USA)
5) Il racconto dei racconti (Matteo Garrone, Italia)
6) Per amor vostro (Giuseppe M. Gaudino, Italia)
7) Suburra (Stefano Sollima, Italia)
8) Sicario (Denis Villeneuve, USA)
9) John From (João Nicolau, Portogallo)
10) Turner (Mr. Turner, Mike Leigh, UK/Francia/Germania)
11) 45 Years (45 anni, Andrew Haigh, UK)
12) Keeper (Guillaume Senez, Belgio/Svizzera/Francia)
13) Mia madre (Nanni Moretti, Italia)
14) Iona (Scott Graham, UK)
15) She's Funny That Way (Tutto può accadere a Broadway,P.Bogdanovich, USA)
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Film sorpresa/simpatia: Ricki and the Flash (Dove eravamo rimasti, Jonathan Demme, USA)
Miglior serie Tv: --

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TU DORS NICOLE - La perdita delle illusioni

2/10/2015

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I genitori sono in vacanza e la giovane Nicole (Julianne Côté) si ritrova con un'enorme casa vuota a disposizione. Mamma e papà lontani, un giardino con piscina, la compagnia dell'inseparabile amica Véronique (Catherine St-Laurent): le premesse per un'estate memorabile non mancano. Purtroppo l'irruzione del fratello Rémi (Marc-André Grondin), che si appropria della villetta di famiglia per provare con la sua band, stravolgerà i programmi della ragazza e finirà per mettere in crisi l'amicizia con Véronique.
La stringata trama di Tu dors Nicole è tutta qui. Un racconto minimalista, certo, però sostenuto da uno stile mai superficiale o semplicistico. Il regista canadese Stéphane Lafleur narra infatti con rigore il sofferto accesso al mondo degli adulti, quando il tempo dei castelli in aria lascia il posto alle cocenti delusioni. Nicole, per la prima volta, deve affrontare, e accettare, il fatto che la vita non necessariamente risponde alle proprie aspettative. I sogni purtroppo non sempre diventano realtà. Ecco dunque che all'improvviso la storia non appare più così banale, o meglio potrebbe esserlo soltanto agli occhi di un pubblico maturo che ha superato (e dimenticato) i tormenti della gioventù. 
I pochi elementi narrativi permettono inoltre di focalizzare l'attenzione sulla svampita protagonista, che si è infatuata di JF (Francis La Haye), il batterista del fratello. Come da copione JF si mostra invece interessato all'affascinante Véronique, che pure lo ricambia. Il dolore di Nicole non va giudicato con sufficienza, è autentico. Perché è convinta di poter ottenere tutto ciò che desidera, non si aspetta un rifiuto. Attraverso l'accettazione di un “no”, imparerà a crescere e capirà che questi fanno parte del gioco. Un giorno sorriderà al ricordo di quell'estate, ma ora non può saperlo. Come se non bastasse, la ragazza deve far fronte al tradimento dell'amica. Impossibile quindi non provare un briciolo di solidarietà nei suoi confronti e, perché no, magari calarsi nei suoi panni. Perché ciò che le sta accadendo è custodito nel bagaglio di esperienze accumulato dalla quasi totalità del genere umano. Lafleur ne è consapevole e stempera i toni tragici con scene e battute ironiche e talvolta surreali. 
Protagonista comprimaria è senza dubbio un'estate lenta e molle che, come in altri lavori cinematografici recenti (Tomboy, Les Combattants), simboleggia una fase necessaria dell'esistenza, durante la quale chiudere definitivamente un ciclo per aprirne uno nuovo, che non potrà mai più essere come il precedente. 
Tu dors Nicole è un coming-of-age a tutti gli effetti, anche se pare riduttivo relegare un'opera che si avvale di una sobria regia in bianco e nero, con frequenti inquadrature fisse, e di una piacevole colonna sonora, alla categoria dei film adolescenziali. 
Memorabile l'interpretazione di Martin (Godefroy Reding), un bambino di dieci anni che parla però con la voce di un uomo (Alexis Lefebvre, già visto in Laurence Anyways di Dolan). Innamorato di Nicole, è l'unico a nutrire certezze granitiche a proposito del futuro e dell'amore. 
Il film è stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes nel 2014 e costituisce, nella sua semplicità, un altro bell'esempio di produzione franco-canadese, a confermare l'ottimo stato di forma di un cinema attualmente capace di fornire molti prodotti di notevole qualità.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Extra

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Scheda tecnica

Titolo originale: Tu dors Nicole
Anno: Canada 2014
Regia: Stéphane Lafleur
Sceneggiatura: Valérie Beaugrand-Champagne, Stéphane Lafleur
Fotografia: Sara Mishara
Durata: 93'
Interpreti principali: Julianne Côté, Catherine St-Laurent, Marc-André Grondin, Godefroy Reding, Alexis Lefebvre. 

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ORIZZONTI DI GLORIA - Due anni insieme

11/4/2015

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Due anni. Non sembra vero, ma è così. Il tempo passa in fretta, come sempre accade quando si fa qualcosa che piace e appassiona. 11 aprile 2015: ODG festeggia il suo secondo compleanno, raggiunto con tante difficoltà ma anche molte soddisfazioni.
Nell'editoriale di dodici mesi fa scrivevo che la nostra sfida, ovvero inserirci nella sovraffollata palude di riviste e blog provando a dare spazio soprattutto al cinema di qualità, alle pellicole d'autore, ai film invisibili e/o dimenticati, era stata nel complesso vinta; un'affermazione che credo di poter ribadire oggi, forse con un pochino di presunzione ma anche con la convinzione di aver profuso tutto l'impegno possibile per provare a costruire un sito diverso, originale e, pur con tutti suoi limiti, unico.

Attualmente ODG conta tra le sue pagine 601 articoli, con 480 film recensiti, dei quali almeno un centinaio inediti sugli schermi italiani. Negli ultimi mesi siamo riusciti a implementare la copertura dei film in sala, aspetto in cui eravamo carenti, dando quindi un po' più di spazio all'attualità senza peraltro mai dimenticare le tante sezioni parallele che ci caratterizzano, in primis la Vintage Collection e La vie en rose, arrivate già ad accumulare rispettivamente 59 e 32 articoli. Durante il secondo anno qualche collaboratore si è allontanato oppure ha diminuito l'apporto quantitativo di nuovi contenuti, come è normale che sia, ma nuovi redattori si sono aggiunti, ragazzi giovani con tanta motivazione e il desiderio di imparare e migliorarsi. 
Abbiamo modificato la grafica della home page nel tentativo di renderla più vivace e accattivante. Con calma ma con buona regolarità crescono gli iscritti alla nostra pagina ufficiale Facebook, così come i dati delle visite giornaliere e mensili. Anche i rapporti con gli uffici stampa si sono rafforzati, nonostante talvolta non si riesca a raccogliere gli inviti ad anteprime ed eventi, per il semplice fatto che, a differenza di altre realtà editoriali stanziate perlopiù in luoghi strategici e centrali (Roma in particolare), la squadra di Orizzonti di Gloria è sparsa un po' dappertutto, dal Piemonte all'Emilia, dal Veneto all'Umbria, dall'Abruzzo alla Puglia: una stratificata dislocazione territoriale che per certi versi limita le opportunità di presenziare agli eventi previsti nelle grandi città. In ogni caso cerchiamo comunque di “esserci”, a modo nostro, ovviando alla parziale impossibilità di assistere a tutte le anteprime e ad alcuni festival con un costante sguardo rivolto verso la ricerca e il recupero di realtà filmiche alternative spesso non abbastanza valorizzate, (anche) a causa delle pessime scelte di tanti (non tutti) distributori.

Siamo sempre liberi e autonomi, privi di qualsiasi condizionamento esterno e di qualsiasi fastidioso e soffocante banner pubblicitario; ma non abbiamo nemmeno sponsorizzazioni o finanziamenti, mancanze che rendono non semplice la gestione del sito per quanto concerne le spese di mantenimento.
Consapevoli delle tante cose che ancora dobbiamo migliorare proviamo comunque ad andare avanti, assaggiando un brivido di felicità quando arrivano le soddisfazioni, soprattutto quelle impreviste (che poi sono anche le più belle): ad esempio vedere che un lungo saggio dedicato a un film come La Soufrière di Werner Herzog riceve un alto numero di visite; oppure scrivere la recensione del commovente documentario Walking with Red Rhino e ricevere complimenti direttamente da persone molto vicine al suo protagonista; oppure ancora notare che, grazie agli ottimi posizionamenti nei motori di ricerca, diversi nostri articoli ormai “datati”, per esempio Labbra di lurido blu, X Femmes, Visitor Q, L'inconnu du lac o The Story of Mikko Niskanen, continuano ad attirare l'attenzione anche molto tempo dopo la loro pubblicazione, a conferma di come la vita di un testo possa per fortuna proseguire ben oltre i riscontri immediati.

Sono proprio queste piccole gioie a darci la spinta per proseguire e camminare a testa alta, consapevoli del fatto che, pur con tanti aspetti da perfezionare e senza poter competere con i colossi del settore, il nostro lavoro in un modo o nell'altro trova uno scopo, una risposta... e un senso.
Non posso quindi che ringraziare tutti i redattori che con entusiasmo rendono pulsante il cuore di ODG, chi c'è stato fin da subito e chi è arrivato dopo; e non posso che ringraziare voi lettori, che ci seguite con affetto e interesse cullando insieme a noi le infinite suggestioni del cinema di qualità, eterno e indistruttibile contenitore di sogni, sorprese ed emozioni.

Alessio Gradogna
Direttore Editoriale

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