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SI ALZA IL VENTO - Arrivederci, maestro

11/9/2014

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“Si alza il vento, dobbiamo cercare di sopravvivere” (Paul Valéry)

Ad un anno dalla presentazione in Concorso alla penultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, dove venne annunciato che sarebbe stato l’ultimo film di Hayao Miyazaki, Si alza il vento arriva nei nostri cinema come evento speciale da cogliere al volo, dal momento che lo si potrà vedere sul grande schermo per soli quattro giorni, dal 13 al 16 settembre.
Tratto dal manga omonimo realizzato dallo stesso Miyazaki, il film ruota attorno alla figura di Jirō Horikoshi, ingegnere aeronautico noto per aver progettato i caccia zero, gli aerei da guerra giapponesi divenuti tristemente famosi nel corso della seconda guerra mondiale per l’attacco a Pearl Harbor e per le missioni suicide dei kamikaze.
Non poteva che essere incentrata sulla passione-ossessione per il volo l’ultima opera diretta dal maestro giapponese, vero e proprio testamento artistico di una carriera lunga mezzo secolo e costellata da innumerevoli capolavori. L’amore per gli aerei è sempre stato uno dei temi centrali, portanti e autobiografici – in quanto figlio di un ingegnere aeronautico - della sua poetica. Immediata dunque l’identificazione di Miyazaki con Jirō Horikoshi in questo biopic animato che si apre con una splendida sequenza onirica in cui troviamo il protagonista ancora bambino in volo su paesaggi naturali ed incontaminati che un attimo dopo vengono oscurati e minacciati da una pioggia di ordigni sganciati da un immenso bombardiere.
Dalla spensieratezza si passa dunque a cupi presagi di guerra e di sventura, elementi ricorrenti nel corso del film così come i sogni del protagonista, dove ci imbattiamo a più riprese nella figura di Giovanni Caproni, ingegnere aeronautico tra i pionieri dell’aviazione italiana famoso per aver progettato alcuni bombardieri usati durante il primo conflitto mondiale. Un modello e mentore per Jirō, al punto da popolarne i sogni con i suoi consigli e i suoi avvertimenti, facendogli capire che il sogno di un uomo di volare sarà considerato come una maledizione, poiché l’aereo diventerà famoso per le uccisioni e la distruzione. Più avanti il conte Caproni confida al giovane “discepolo” che dieci anni di vita creativa per un artista e progettista sono sufficienti e di voler vivere un decennio per se stesso. Impossibile non cogliere nelle parole dell’ingegnere italiano un esplicito e lampante riferimento allo stesso Miyazaki, che per nostra fortuna ha avuto una vita artistica ben più longeva di una sola decade.
Fatta eccezione per gli inserti onirici, la struttura del film si presenta assai diversa rispetto ai precedenti lavori del maestro giapponese, ed è più ancorata e fedele alla realtà nel seguire la crescita di Jirō, uno dei migliori personaggi maschili della sua filmografia, da ragazzino col sogno degli aerei a brillante studente universitario, fino ad essere assunto come ingegnere presso gli impianti aeronautici della Mitsubishi dove darà prova delle sue enormi capacità.
A causa di questa spiccata impronta realistica è bene sottolineare che Si alza il vento è rivolto principalmente, se non esclusivamente, al pubblico adulto. Gli innumerevoli riferimenti alla progettazione dei velivoli, dove nel film emerge l’incredibile sforzo e la tenacia di un paese come il Giappone, ancora povero e indietro da un punto di vista tecnico, per colmare il divario ed essere competitivo con nazioni come Germania e Stati Uniti, potrebbero risultare alquanto ostici e tediosi per i più piccoli e in parte respingenti anche nei confronti dei più grandi.
Fortunatamente, accanto al tema del volo, nella seconda parte dell’opera si sviluppa anche quello sentimentale con la delicata e toccante storia d’amore tra Jirō e Nahoko, conosciuta ancora giovanissima durante un viaggio in treno verso Tokyo poco prima del terribile terremoto di Kanto del 1923. Rincontratisi casualmente qualche anno dopo, in occasione di una vacanza in montagna, tra i due affiora un sentimento tenero e profondo, ostacolato dalle precarie condizioni di salute della ragazza, afflitta da una grave forma di tubercolosi. È il vento a giocare un ruolo fondamentale nella loro storia, “galeotto” nel farli prima conoscere e poi nuovamente incontrare e innamorare, e protagonista tra l’altro di una delle scene più belle e trascinanti – dalla comicità quasi slapstick - in cui vediamo i due giovani impegnati a giocare con un aeroplanino di carta.
Sono questi i momenti di maggior serenità del film, immersi in paesaggi incantati e meravigliosi, da sempre cari a Miyazaki, con una natura talmente bella e aggraziata da togliere il fiato. Le splendide e ispirate musiche del sodale Joe Hisaishi, che rimandano a un piccolo mondo antico ormai scomparso, sprigionano calore e tranquillità, contribuendo in maniera fondamentale a rendere sublimi e indimenticabili diverse sequenze. Un film che si fa lieve nel tratteggiare i pochi, preziosi, istanti d’intimità domestica dei due innamorati, con un finale malinconico e commovente dove emerge con forza la condanna della guerra (di tutte le guerre) che utilizza gli aerei come strumento di morte e distruzione.
Nell’epilogo, uno dei più emozionati e struggenti degli ultimi anni, ritorna protagonista il vento che, alzandosi, sprona chi è rimasto a farsi forza e ad andare avanti. Il degno commiato artistico di uno dei più importanti e geniali autori che il cinema d’animazione (e non solo) abbia mai conosciuto.

Boris Schumacher

Sezione di riferimento: Film al cinema, Animazione


Scheda tecnica

Titolo originale: Kaze tachinu
Anno: 2013
Regia: Hayao Miyazaki
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Musiche: Joe Hisaishi
Durata: 126’

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