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LA DONNA CHE CANTA - Prigioniera numero 72

20/3/2016

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Foto
Canada 2009. In seguito alla morte della madre Nawal, l'amico e notaio Jean Lebel convoca i gemelli Jeanne e Simon Marwan per la lettura del testamento. Secondo le ultime volontà della donna, affida ai fratelli due buste. La prima da recapitare al padre, creduto morto fino ad allora, la seconda a un altro fratello, di cui ignoravano l'esistenza. Soltanto quando i destinatari ne avranno appreso il contenuto, ai figli verrà consegnata un'ulteriore lettera e Nawal potrà essere sepolta e riposare in pace. Simon (Maxim Gaudette) reagisce con rabbia e rifiuta il coinvolgimento in una ricerca che considera inutile; Jeanne (Mélissa Désormeaux-Poulin), anche se sconvolta, decide invece di raggiungere la terra d'origine della madre, il Libano, e di scavare nel suo passato finché la verità non verrà a galla. 
Scopre così che la vita di Nawal Marwan (Lubna Azabal) è stata marchiata a fuoco, con cicatrici indelebili, dalla devastante guerra civile che ha straziato il suo Paese a partire dalla metà degli anni Settanta. Un destino che la accomuna a chiunque abbia conosciuto quella sanguinosa fase storica. Jeanne si rivolge dunque ai sopravvissuti. Le persone che incontra preferiscono non parlare della guerra, alcuni fingono di non ricordare, ma la terribile realtà lentamente emerge in superficie.
​Jeanne viene a sapere che la madre, dopo aver ucciso un leader politico di religione cristiana, è stata arrestata e imprigionata per quindici anni nel famigerato carcere di Kfar Ryat, dove è stata torturata e violentata da Abou Tarek (Abdelghafour Elaaziz), dal quale ha avuto un figlio. Annientata e incapace di proseguire le indagini senza il sostegno del fratello, lo supplica di raggiungerla. Questi, in compagnia del notaio Jean (Rémy Girard), vola quindi in Libano. Toccherà proprio a Simon svelare il mostruoso segreto che Nawal ha deciso di confessare loro soltanto dopo la sua morte. 
Presentato alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia nel 2010 e candidato all'Oscar come miglior film straniero nel 2011, Incendies (La donna che canta nella versione italiana) è il quarto lungometraggio di Denis Villeneuve. Il soggetto è tratto dall'omonimo dramma di Wajdi Mouawad (regista, attore teatrale e scrittore di origine libanese stabilitosi in Canada), che si è a sua volta ispirato a fatti veramente accaduti e in particolare alla vita dell'attivista Souha Fawaz Bechara, coinvolta nell'attentato al generale dell'Esercito del Libano del Sud Antoine Lahad. 
Attraverso una narrazione a volte poco rigorosa a causa dell'uso massiccio di flashback, Villeneuve racconta una pagina dolorosa dell'intricatissima storia recente del Medio Oriente (e lo spettatore a digiuno della materia faticherà a comprendere lo sviluppo della vicenda). La tragedia di Nawal, la prigioniera numero 72, è simile a quella di ogni individuo proveniente da zone di guerra. Il suo dramma rappresenta la pena inflitta a milioni di innocenti, alla quale però Villeneuve contrappone lo sguardo carico d'odio del bambino soldato che compare nelle prime inquadrature; una vittima, inizialmente, che potrà tuttavia trasformarsi in carnefice. Non mancano infatti scene agghiaccianti di torture e violenze, di cui troveremo traccia anche nei seguenti lavori del regista canadese, Prisoners e Sicario. Non a caso la donna del titolo è Nawal, che dalla sua cella canta a voce alta per non sentire le urla delle altre prigioniere stuprate e torturate. 
Nonostante le atrocità di cui è capace l'essere umano, Nawal affida comunque ai figli un messaggio d'amore, unico sentimento in grado di spezzare la catena dell'odio.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Extra


Scheda tecnica
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Titolo originale: Incendies
Anno: 2010
Regia: Denis Villeneuve
Sceneggiatura: Denis Villeneuve, Valérie Beaugrand-Champagne.
Fotografia: André Turpin
Durata: 130'
Attori: Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Rémy Girard, Abdelghafour Elaaziz

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TU DORS NICOLE - La perdita delle illusioni

2/10/2015

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Immagine
I genitori sono in vacanza e la giovane Nicole (Julianne Côté) si ritrova con un'enorme casa vuota a disposizione. Mamma e papà lontani, un giardino con piscina, la compagnia dell'inseparabile amica Véronique (Catherine St-Laurent): le premesse per un'estate memorabile non mancano. Purtroppo l'irruzione del fratello Rémi (Marc-André Grondin), che si appropria della villetta di famiglia per provare con la sua band, stravolgerà i programmi della ragazza e finirà per mettere in crisi l'amicizia con Véronique.
La stringata trama di Tu dors Nicole è tutta qui. Un racconto minimalista, certo, però sostenuto da uno stile mai superficiale o semplicistico. Il regista canadese Stéphane Lafleur narra infatti con rigore il sofferto accesso al mondo degli adulti, quando il tempo dei castelli in aria lascia il posto alle cocenti delusioni. Nicole, per la prima volta, deve affrontare, e accettare, il fatto che la vita non necessariamente risponde alle proprie aspettative. I sogni purtroppo non sempre diventano realtà. Ecco dunque che all'improvviso la storia non appare più così banale, o meglio potrebbe esserlo soltanto agli occhi di un pubblico maturo che ha superato (e dimenticato) i tormenti della gioventù. 
I pochi elementi narrativi permettono inoltre di focalizzare l'attenzione sulla svampita protagonista, che si è infatuata di JF (Francis La Haye), il batterista del fratello. Come da copione JF si mostra invece interessato all'affascinante Véronique, che pure lo ricambia. Il dolore di Nicole non va giudicato con sufficienza, è autentico. Perché è convinta di poter ottenere tutto ciò che desidera, non si aspetta un rifiuto. Attraverso l'accettazione di un “no”, imparerà a crescere e capirà che questi fanno parte del gioco. Un giorno sorriderà al ricordo di quell'estate, ma ora non può saperlo. Come se non bastasse, la ragazza deve far fronte al tradimento dell'amica. Impossibile quindi non provare un briciolo di solidarietà nei suoi confronti e, perché no, magari calarsi nei suoi panni. Perché ciò che le sta accadendo è custodito nel bagaglio di esperienze accumulato dalla quasi totalità del genere umano. Lafleur ne è consapevole e stempera i toni tragici con scene e battute ironiche e talvolta surreali. 
Protagonista comprimaria è senza dubbio un'estate lenta e molle che, come in altri lavori cinematografici recenti (Tomboy, Les Combattants), simboleggia una fase necessaria dell'esistenza, durante la quale chiudere definitivamente un ciclo per aprirne uno nuovo, che non potrà mai più essere come il precedente. 
Tu dors Nicole è un coming-of-age a tutti gli effetti, anche se pare riduttivo relegare un'opera che si avvale di una sobria regia in bianco e nero, con frequenti inquadrature fisse, e di una piacevole colonna sonora, alla categoria dei film adolescenziali. 
Memorabile l'interpretazione di Martin (Godefroy Reding), un bambino di dieci anni che parla però con la voce di un uomo (Alexis Lefebvre, già visto in Laurence Anyways di Dolan). Innamorato di Nicole, è l'unico a nutrire certezze granitiche a proposito del futuro e dell'amore. 
Il film è stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes nel 2014 e costituisce, nella sua semplicità, un altro bell'esempio di produzione franco-canadese, a confermare l'ottimo stato di forma di un cinema attualmente capace di fornire molti prodotti di notevole qualità.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Extra

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Scheda tecnica

Titolo originale: Tu dors Nicole
Anno: Canada 2014
Regia: Stéphane Lafleur
Sceneggiatura: Valérie Beaugrand-Champagne, Stéphane Lafleur
Fotografia: Sara Mishara
Durata: 93'
Interpreti principali: Julianne Côté, Catherine St-Laurent, Marc-André Grondin, Godefroy Reding, Alexis Lefebvre. 

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