Beaurevel, antica famiglia nobiliare dell’America del sud precipitata in disgrazia. Non più orgogliosi detentori dei loro cognome, ma ombre annoiate rinchiuse in un salottino: la grande villa circondata da imponenti cancellate è l’essenza della trascuratezza: soltanto la giovane Barbara vi porta la sua freschezza di rosa.
Barbara (Ava Gardner) è orfana e ha alle spalle una nonna della quale è proibito parlare. Si chiamava Carrie Crandall, donna immorale e malvista da tutta New Orleans, identica a Barbara per bellezza e intensità dello sguardo. La giovane orfana vive nella grande villa fatiscente di zia Luisa Beaurevel e del suo odioso figlio Paolo (Melvyn Douglas); essi esercitano su di lei un serrato controllo e scacciano il ricordo di nonna Crandall. Là fuori New Orleans respira e ammalia con i suoi palazzi stracarichi di fregi e balconcini, è una Babele floreale chiassosa e festante, pronta ad abbassare gli occhi e intonare una vecchia ballata quando i ceri della festa dei morti punteggiano il cimitero.
C’è anche Marco Lucas, a New Orleans, ma ancora per poco. Lo impersona uno spregiudicato Robert Mitchum, faccia da ragazzaccio e modi impetuosi, giovane medico deciso a farsi un nome. Mentre stringe le mani della bella Barbara nel corso di uno dei loro incontri segreti, le chiede di seguirlo su una barca che salpa per il Sudamerica. Dopo un bacio che ha il sapore dell’eternità, Barbara rincasa decisa a scappare: vi trova il cugino Paolo, più infido e vile che mai, pronto a farle cambiare idea attraverso pietosi ricatti. Di lì a poco Barbara scrive una lettera per spiegare a Marco che non partirà con lui ma lo aspetterà a New Orleans, e Paolo promette di consegnarla. Superfluo dire che Paolo non lo farà.
Si profila per Barbara una sterile attesa dell’amato, mentre zia Luisa tenta di farla convolare a giuste nozze con un ricco quanto noioso rampollo per risanare le finanze di famiglia. Ma il passato (quel my forbidden past che è titolo originale del film) ha il sonno leggero e nonna Crandall sta scomoda nel regno dei morti.
Quando l’amato medico rientra a New Orleans, Barbara è al porto e lo cerca speranzosa con lo sguardo; lo vede scendere in un completo bianco e gli si avvicina raggiante. Suo malgrado c’è la bionda Cora al suo braccio, è di disarmante bellezza e ha qualcosa che Barbara non ha: il cognome Lucas fresco di nozze.
La tragedia prende forma, ma Stevenson ha in serbo colpi bassi ben peggiori. Per Barbara ha inizio una spirale di poco dissimile alla follia: il suo proposito di riconquistare Marco dilaga, ella accetta persino un’ingente eredità lasciata dalla scandalosa nonna Crandall. Rivestita da capo a piedi, ripulita dalla miseria e più bella che mai, Barbara può riscattarsi nei panni di avvenente nobildonna e affrontare Cora senza mezzi termini, mettendo sul piatto la sua attrazione per Marco.
Cora dal canto suo (una magnifica e ingiustamente poco conosciuta Janis Carter, di un fascino che a tratti oscura totalmente la Gardner) è più meschina di quanto non sembri ed è discretamente affascinata dal denaro. In un susseguirsi di dialoghi come mosse di scherma, l’intrigo s’aggroviglia: è come guardare dritto in una buca piena di serpi che strisciano, distinguere le une dalle altre diventa difficile. Barbara, inviperita sì ma per amore, intende giocare ogni carta per sbarazzarsi di Cora e trova un complice nel cugino Paolo.
Il canto dei morti è ora assordante, nessuno è al sicuro.
Questo film offre un ventaglio di scene cupissime e meravigliose. Superba è l’ambientazione notturna al cimitero, quando un’inquieta Barbara incontra Marco clandestinamente. La tomba spoglia e severa di nonna Crandall, un piccolo venditore di candele che canta nella penombra, le lapidi uniche testimoni di un bacio rubato. E l’America, quella nera, degli schiavi che cantano oscillando fra lodi a Dio e racconti del demonio: devozione e superstizione, apparenze di ferro, veleno a fiotti. Stevenson svolge bene il suo lavoro senza fronzoli eccessivi, pur risultando a tratti frettoloso. Ancora molto distante dall’uragano Disney che gli indicherà una regia di sapore diverso, confeziona un noir di ambientazione suggestiva, arricchendolo con le corpose sfumature del dramma.
La musica spirituale e oscura della servitù, le graffianti voci nere che scandiscono i momenti, come ben intuirete sono per me un motivo in più per restare davanti allo schermo. Imbambolata. Ipnotizzata. Paralizzata da tanto amore e da tanto veleno.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: My Forbidden Past
Anno: 1951
Durata: 70 min
Regia: Robert Stevenson
Sceneggiatura: Marion Parsonnet, Leopold Atlas
Fotografia: Harry J. Wild
Montaggio: George C. Shrader
Attori: Robert Mitchum, Ava Gardner, Melvyn Douglas, Barry Brooks, Janis Carter.