Non di una sola scena, tuttavia, possiamo fermarci a parlare. Specie quando ci troviamo di fronte a un film così acuto e accattivante, dove il candore della neve nasconde la voragine oscura di un delitto, forse il peggiore fra tutti. Non basta la buona vecchia coperta a farci da scudo quando l’avversaria sullo schermo è Anna Holm; basta guardarla per presagire guai.
Anna (Joan Crawford) è accusata di omicidio e al banco dei testimoni si alternano i membri della sua “banda”: sono spesso macchiette, penalizzate da un malconcio doppiaggio che tradisce accenti stranieri e incertezze di pronuncia, limite tipico dei film americani che importammo doppiati alla meglio dopo la liberazione.
Anna è titolare di una piccola pensione nei pressi di un bosco e i suoi loschi compari lo raccontano in aula. Solitamente la banda mette a punto ingegnosi ricatti rivolti ai clienti della pensione, spesso mariti adulteri o mogli di facili costumi a caccia di flirt. Anna non è soltanto a capo del piccolo gruppo di ricattatori, ma ha un’altra inquietante caratteristica: un volto deturpato e un cuore di pietra. Non di rado la prendono in giro. Lei risponde mostrando l’irrimediabile orrore delle sue cicatrici. Non ha paura di mostrarsi, la mostruosa Anna Holm.
Nel suo passato c’è stato un incendio fatale. Ora Anna è incattivita e vendicativa come una bambina, fa voce grossa e pesta i piedi, porta a spasso la croce del suo cuore digiuno d’amore. Cuore che si sbriciola in argilla friabile non appena conosce Torsten (Erik nella versione italiana, interpretato da Conrad Veidt), unico uomo capace di parlarle senza farle pesare i segni che ha sul viso. Cappellini nuovi e camicette, molti sono i trucchi che la donna studia allo specchio pur di piacere al terribile Conrad.
Quando le capita fra le mani la ricca moglie di un medico, Vera Segert, Anna decide di andare personalmente a casa sua a ricattarla, minacciando di raccontare ai quattro venti le sue squallide avventure extraconiugali. Perde le staffe e alza persino le mani sul quel visino d’angelo che tanto piace agli uomini, che tanto la fa sentire diversa e imperfetta. Il tutto per qualche soldo, per bei vestiti, per l’amore.
Quando il marito di Vera, Gustav Segert (Melvyn Douglas) irrompe in casa, scambia Anna per una ladra entrata dalla finestra. Alla luce di una lampada l’uomo cattura le fattezze di quel viso martoriato, lo prende fra le mani, lo osserva stupefatto e quindi rivela di essere un chirurgo plastico. Un chirurgo che forse può aiutare Anna a ritrovare un volto di donna.
La bellezza diventa così l’anticamera dell’amore: Anna vede nella perfezione degli zigomi una possibilità in più per legare il cuore di Torsten al suo. Questa vanità ferita, questo bestiale desiderio di rivalsa è tutt’uno con lei; la donna che vediamo sullo schermo è un fascio d’odio e incomprensione. Non appena recupera la bellezza si abbandona alle braccia di Torsten con sicurezza nuova e inscalfibile.
Una storia d’amore folle, perversa, che non basta a se stessa ma ha sete di sangue e ricchezza. Per questo, seduto al piano eseguendo “la melodia del tessitore”, tratta dal repertorio musicale tradizionale della Svezia, Torsten snocciola ad Anna un piano disumano e preciso. Ci sarebbe modo di arricchirsi ereditando le fortune di uno zio console che vive in una vecchia e gloriosa dimora fra le montagne. Tuttavia è necessario eliminare l’erede più prossimo, il nipote Asterio: un bimbo di quattro anni dalla salute cagionevole. Non sarebbe certo difficile per una governante affettuosa e dal viso pulito occuparsi della questione.
George Cukor è più nero e arrabbiato del solito. Volto di donna tocca assieme ad Angoscia un picco di cupezza assolutamente indimenticabile. Sullo schermo si muovono tre film uniti in uno, annodati fra loro, spaventosi e grotteschi. Il racconto dei testimoni convocati in aula, il flashback sulle malefatte di Anna e la ricostruzione della vita come governante sotto il falso nome di Signorina Polsen.
Il film dilaga nell’ultima parte, tuffandosi nei paesaggi ammantati dalla neve, inquadrando la solida serenità della grande casa dove il console vizia il piccolo Asterio e dove Anna strozza con fermezza la propria compassione, decisa ad attuare un piano omicida senza scusanti.
Abeti dalle fronde cariche di neve, le slitte che resteranno impresse al pubblico per sempre, danze tradizionali eseguite nei costumi tipici e con la morte nel cuore. Cukor parte per la Svezia e ci trascina con lui al cospetto di un bambino, frammento di bontà e innocenza esposto a tremendi pericoli. Così assistiamo al remake dell’omonimo film del 1937, per la regia di Molander, dove Anna Holm era una giovane Ingrid Bergman.
E comprendiamo che questa Crawford sfigurata, velenosa e in fondo piena di dolore, ha tenuto testa alla collega svedese.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: A Woman's Face
Anno: 1941
Durata: 106'
Regia: George Cukor
Soggetto: dal lavoro teatrale Il etait une fois di Francis de Croisset
Sceneggiatura: Donald Ogden Stewart, Elliot Paul Christopher Isherwood e altri
Fotografia: Robert Planck
Musiche: Bronislau Kaper
Attori: Joan Crawford, Melvyn Douglas, Osa Massen, Conrad Veidt, Reginald Owen