E la mia mente vaga in cerca di poesia, rifugiandosi su un’altra nave, sul ponte, dove un Cary Grant già maturo e sempiterno seduttore fuma una sigaretta di spalle. Artista di scarsa fama, dongiovanni incorreggibile e protagonista di cronache mondane, è il futuro sposo di una ricca ereditiera che gli assicurerà un avvenire tranquillo. Il suo nome è Nickie Ferrante, pelle bruna, sorriso niveo, completo grigio squadrato e una ruga di incoscienza a solcargli la fronte. La nave bacia il litorale francese, la pellicola trasuda colore: il blu insistente del mare, gli interni chiari delle cabine e poi il rosso acceso dei riccioli di Terry, la sconosciuta nella quale Ferrante sta per imbattersi.
Terry gode del talento di una frizzante Deborah Kerr, pallore lunare e capigliatura infuocata, protagonista di sublimi accostamenti cromatici. Colorita è anche la sua parlantina da ragazza semplice e sveglia, dotata di senso pratico e addestrata alla vita dopo anni di esibizioni nei club fino a tarda notte. Ora Terry può riscattarsi rientrando a New York e accettando la proposta di matrimonio di un ricco fidanzato che l’aspetta.
Due cuori, Terry e Nickie, per nulla solitari ma incredibilmente affini. Stanno per sfiorarsi nel gioco di limpida luce del ponte, stanno per perdersi nella corrente. Le impeccabili buone maniere di quella che appare come una commedia cederanno presto il passo al dramma.
I due amanti, passeggeri e compagni di tavolo, camminano a braccetto fingendo di ignorare il filo magnetico che li avvicina, giurando fedeltà ai compagni che li aspettano a casa. Un vero film d’amore, garbato e puntualissimo nel descrivere un tradimento sotto le luci soffuse del romanticismo: il bacio rubato fra i due non viene nemmeno mostrato sullo schermo, ma resta appeso in un angolo ombroso, nascosto in cima alle scale. Su quella nave che torna alla vita di sempre, ci sono due vite che tendono a una sola ed è uno scontro pericoloso che sfiata zefiri di favola e maestrale di pericolo.
Nickie vuole mostrare a Terry quanto di più caro gli appartenga; così, approfittando di uno scalo in una rigogliosa costa azzurra che fiorisce lambita dal mare, la conduce lungo un sentiero tortuoso. Lo seguiamo increduli fino a giungere lassù, alla casa della nonna ottantaduenne che ha scelto di isolarsi in un reame fatto di boccioli, poltrone, pianoforti, dipinti e luoghi dove onorare il defunto marito con la preghiera. Un nido dell’aquila intriso di fiabesca magia che intenerisce e commuove, una vecchietta sottile e affabile che ondeggia fra le stanze avvolta dalla corolla di pizzo del suo scialle.
Gli occhi di quella nonna traboccano di gioia innanzi al felice incontro fra lo scapolo indeciso e la rossa dall’ugola d’oro. I tre nella stanza, noncuranti del tempo e della distanza, sotto una cupola perfetta di carta da parati color oro suonano il pianoforte lasciando che le lacrime imperlino le ciglia: in assoluto una delle scene più maestose di questo film di Leo McCarey, già proposto in una prima versione nel 1939.
Ma si sa che ogni nave deve attraccare, e il porto affollato di New York ha in serbo brutte sorprese per la coppia di amanti che si è lasciata inebriare dai fiori della Francia e da qualche chiaro di luna di troppo. Nel codazzo di amici e parenti del porto, ci sono due promessi sposi che si sbracciano in direzione della nave. E questo è un bel guaio per due innamorati con la valigia in mano e il forzato sorriso sul viso, tanto che all’ultimo si scambieranno la più assurda delle promesse “Ci rivedremo in cima all’Empire State Building fra sei mesi, è il posto più vicino al cielo. Se tu ci sarai, ci sposeremo”. Preparate i fazzolettini, perché la tragedia è servita.
Ma siamo solo all’inizio di ciò che più volte scivolerà danzando fra le pieghe del dramma, inumidendo gli occhi pur mantenendo intatto tutto lo splendore di una storia d’amore vera e graffiante, tormentata e piena di eleganza.
Eleganza è la vera parola chiave dell’intera pellicola, perché questa pellicola conserva i crismi del film d’amore anni cinquanta senza trabocchetti o mistificazioni. Un grande, caparbio, logorante e dissennato amore lungo due ore e – nel mio caso – ambasciatore di un lungo pianto sulla scena finale. Ottimo anche il tema sonoro del film, An affair to remember, cantato da Vic Damone: zucchero in musica.
Così Un amore splendido è un film splendido di ostacoli al sogno e di mare in tempesta. Un cinema sano, eterno e indimenticabile, una storia dolcissima al profumo di fiori dai risvolti spietati. Ripensarci mi costa un lungo sospiro mentre guardo fuori dal mio oblò.
Di Cary Grant, nessuna traccia.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: An Affair to Remember
Anno: 1957
Durata: 119 min
Regia: Leo McCarey
Sceneggiatura: Delmer Daves, Leo McCarey, Donald Ogden Stewart
Fotografia: Milton R. Krasner
Musiche: Hugo Friedhofer, Harry Warren
Scenografia: Jack Martin Smith, Lyle R. Wheeler
Attori: Cary Grant, Deborah Kerr, Richard Denning, Neva Patterson, Cathleen Nesbitt