Quando Tennessee Williams scrive Orpheus Descending immagina l’attento, oscuro e composto pubblico di un teatro. Poi riprende a mano il suo testo, lavora alla sceneggiatura e con il titolo The fugitive kind (non altrettanto felice la traduzione italiana Pelle di serpente) decide di proporre quella storia amara, profonda e intrisa di istinti al pubblico delle sale cinematografiche.
Sidney Lumet, qui agli albori della sua carriera, assicura al film lo sguardo attento di una regia dallo stile inconfondibile. E sullo schermo, in una sofferta altalena di emozioni, compaiono Marlon Brando e Anna Magnani, affiancati da un’esplosiva Joanne Woodward.
Le premesse per un film indimenticabile ci sono, ora bisogna spingersi al cospetto di quel giudice che deciderà le sorti del giovane Valentin Xavier. La scena iniziale, prima ancora dei titoli e senza alcuna colonna sonora, è un vero frontale col giovane Val, detto “Pelle di serpente”, un Marlon Brando ombroso e intenso, spiantato gigolò che finisce in qualche rissa, va in giro con la sua inseparabile chitarra e una giacca di pelle di serpente a cui deve il suo nomignolo.
Una studiata inquadratura pone il pubblico al posto del giudice e in breve Val viene liberato. Errante e stanco di compromessi con certe brutte compagnie, il giovane finisce quasi per caso in una contea desolata, vero specchio di una decadenza tutta made in America, con le sue botteghe alla buona e i piccoli caratteristi locali: lo sceriffo corrotto, la sua fragilissima e visionaria moglie, la giovane Cutrere (Joanne Woodward), alcolizzata biondina e vero terrore degli abitanti. Lei, con una macchina scalcinata e il trucco che cola sul mento, è poco più di un passerotto spaurito e sopravvive consolata dall’alcool e dal sesso. Ma Val non vuole più avere a che fare con donne come lei; vuole invece trovare un lavoro e sfilarsi la proverbiale giacca per indossare una divisa di rispettabilità.
L’opportunità gli viene offerta dall’emporio Torrance, fulcro commerciale del paese, un grande e caotico negozio dove Jabe Torrance strilla ordini dal suo letto di malattia al secondo piano e la moglie Lady (Anna Magnani) si affaccenda dabbasso per il bene del negozio, lasciandosi trattare a pesci in faccia. In questo quadro grigio e disperato di risposte sibilate fra i denti e umiliazioni all’ordine del giorno, Lady insegue il sogno di aprire una pasticceria accanto al negozio e cerca di sanare le ferite di un passato infame.
La donna, italiana focosa e umorale (ruolo diverso non si sarebbe potuto immaginare con un talento come quello della Magnani a disposizione), ha visto sfumare l’ideale di una vita romantica quando la vigna del padre è stata data alle fiamme per teppismo. L’uomo, arso vivo, ha lasciato nel cuore della figlia un odio antico e inossidabile, e lei appare come una moglie provata, spiata da tutti, chiacchierata e punita costantemente dal marito per una sua scappatella precedente.
Lady è sulla difensiva davanti alla bellezza intrigante di Val, lo sottopone a un interrogatorio pieno di trabocchetti e sino all’ultimo desidera mandarlo via e dirgli che non c’è lavoro per lui all’emporio Torrance. Poi cede, di fronte al fugitive kind, determinato, bizzarro oratore, genuino, schietto e disinibito. L’intesa che germoglia fra i due sembra dapprima nervosismo e diffidenza, eppure diventa attrazione in breve tempo. Animali a sangue caldo, pessimisti, istintivi, coriacei, dominanti, una miscela di pulsioni umane incantevole, una coppia improbabile. Amore o forse voglia di scappare, da veri fuggitivi, a una vita tagliente come un rasoio, ingrata e ingiusta.
Mentre la piccola Cutrere ricompare alle soglie della vita di Val come uno spauracchio del passato, Val tiene stretta quella Lady più adulta di lui e più rassegnata. Lei rifiorisce nel progetto della pasticceria e nel confronto con un uomo vero, deciso, passionale. Ma dal secondo piano Jabe Torrance vive fra colpi di tosse, brutti sospetti e piani di vendetta.
Il film “cammina da solo” sulle gambe solide e sicure dei suoi protagonisti, colossali talenti che incendiano le scarse scenografie imposte da Williams, così come avviene spesso per un’opera teatrale. Spazi chiusi, ma pieni di vita e disordine. Sono gli attori a ruggire scena dopo scena, seppure distanti e diversi: la Magnani di casa nostra, gesticolando e scoppiando di furore, il Brando americano blindato nel suo ruolo di bello e inafferrabile. Mondi opposti in collisione.
Il pubblico siamo noi, per Pelle di Serpente. Siamo noi a restare senza fiato davanti a quei visi traboccanti di espressioni. Siamo noi a desiderare fino all’ultimo di alzarci in piedi nel buio modesto del salotto di casa.
Per applaudire al sipario che si chiude.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: The Fugitive Kind
Anno: 1959
Durata: 119'
Regia: Sidney Lumet
Soggetto: Tennessee Williams
Sceneggiatura: Marlon Brando, Tennessee Williams, Meade Roberts
Fotografia: Boris Kaufman
Musiche: Kenyon Hopkins
Attori: Marlon Brando, Anna Magnani, Joanne Woodward, Maureen Stapleton, Victor Jory