Questa raccapricciante cartolina americana anni quaranta ci attira a sé con una descrizione della quieta vita in campagna; didascalia da documentario, senza un solo ciuffo di fieno fuori posto; lavoro nei campi e basse casupole sparse fra gli alberi; mentalità necessariamente retrograda e gente poco istruita, di buon cuore.
Poi ci avventuriamo oltre il bosco sino alla fattoria dei Morgan, i misteriosi Morgan come li definisce la gente del paese. Andiamo là assieme al giovane Nath (Lon McCallister), venuto a cercare lavoro come bracciante.
Pete Morgan è un uomo burbero dagli occhi profondi e inquieti; nessuno meglio di Edward G. Robinson avrebbe potuto prestargli un volto. Barcolla trascinandosi appresso una gamba di legno, spiacevole ricordo di una caduta alla vecchia cava. Vive con la devota sorella ( Judith Anderson , impossibile dimenticare quel viso, sarà l’odiosa signora Dumbers in Rebecca la prima moglie) e a riempire la loro vita c’è la timida Meg (Allene Roberts), coetanea di Nath, trovatella che i Morgan hanno adottato quindici anni prima.
Un trittico di cuori imperscrutabili, gente schiva, veri amanti dell’isolamento: la casa, il caminetto, la stalla, i fucili da caccia, i forconi, la zuppiera che troneggia in tavola per cena. Questo piccolo mondo odora di polvere, acqua stagnante e forzato silenzio, risulta da subito agghiacciante nel suo raccoglimento maniacale, nell’ansia con cui si è cercato di tagliarsi fuori dalla vita di paese. Finestre chiuse, porte chiuse, luci spente e una chiara raccomandazione per Nath: non avventurarsi nel bosco di notte. Così vivono i Morgan. Rinchiusi e spaventati.
Presto ci troviamo al centro di un Cappuccetto Rosso carico d’odio e per nulla avaro di polvere da sparo, e si comincia a chiedersi chi sia il lupo e dove si nasconda.
Pete Morgan si scalda facilmente quando Nath annuncia di voler rincasare sotto un diluvio torrenziale tagliando per il bosco, così lo mette in guardia dalla casa rossa. Quella casa, sconosciuta ai più, è nascosta nel folto degli alberi e attorno alle sue mura aleggiano grida disperate.
Ci sono le premesse per chiudersi nella fattoria dei Morgan e aspettare l’alba, ma Nath è giovane e pieno di grinta, forse troppa. Vediamo la sua sagoma traballante sfidare il buio e la pioggia penetrando nell’intrico selvaggio di un bosco abbandonato, e io mi raggomitolo sotto le coperte, ansiosa. Perché c’è qualcosa di profondamente magnetico in questo film, una paura affascinante che scalcia dallo schermo e ti viene a prendere.
Il bosco diventerà l’ossessione di Nath, di Meg, la mia, probabilmente anche la vostra. Una distesa di paludi fangose, sentieri interrotti, cartelli malconci e trabocchetti, popolato da urla inspiegabili e – peggio – pallottole vaganti. Quando la piccola Meg, fino a quel momento introversa e sottomessa, si appassionerà alle spedizioni nel bosco (iniziando ad apprezzare sempre di più la vicinanza con il giovane Nath) Pete andrà su tutte le furie e cercherà di chiuderla in casa. Sembra di assistere a un gioco innocente di ragazzi, ma si assapora un torbido retrogusto di pericolo. Aggravano il tutto le irose reazioni del vecchio Pete, un papà adottivo tirannico e assillante.
Ma allora cosa si nasconde in quel bosco? La casa rossa, proprio come aveva detto Pete.
La troveremo assieme a Meg in una scena breve e memorabile, nella quale la casupola fatiscente spunterà fra gli alberi lasciandoci senza fiato e rivelando il suo volto butterato da infiltrazioni e squarci. Ma se la casa rossa non è che un pugno di macerie, perché Pete è terrorizzato all’idea che qualcuno ci metta piede?
Forse la sua gamba di legno ha una storia da raccontare, e qualcuno la scoprirà a proprie spese. Fra dubbi, sanguinosi trabocchetti e una memoria barcollante che si sveglia poco a poco guidata da un motivetto spettrale, ci aspettano notti di pioggia e puro terrore.
L’atmosfera gotica sfiora le stelle in questo piccolo, curatissimo film di Delmer Daves : è un noir che pesta i piedi all’horror e lascia addosso la sgradevole impressione di non essere al sicuro. Il bosco è uno scenario impagabile, tana perfetta per gli incubi, ingegnoso Cerbero d’alberi posto a difesa di una vecchia abitazione maledetta. Attorno alla casa rossa ruotano ombre meschine, tanto che solo Meg – la candida Meg – apparirà ai nostri occhi come una vera eroina delle favole.
Pura suspense, capace di zittire il temporale. Ma non i fruscii del bosco, vi assicuro.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: The Red House
Anno: 1947
Durata: 100'
Regia: Delmer Daves
Sceneggiatura: Delmer Daves, Albert Maltz
Fotografia: Bert Glennon
Musiche: Miklós Rózsa
Attori: Edward G. Robinson, Lon McCallister, Judith Anderson, Rory Calhoun