Non conoscevo, tuttavia, il vecchio proverbio che recita “La verginità di una giovane è come un orzaiolo nell’occhio del diavolo”, ed è stato un piacere conoscerlo attraverso un “rondò capriccioso” firmato dal grande Ingmar Bergman .
L’occhio del diavolo viene, come altri film di Bergman, dal mondo incantato del grande freddo, ma prima di scaraventarci in qualche gelida costa affacciata sul mare ci strapazza un po’ facendoci approdare all’inferno. Un gentile presentatore ci introduce al primo atto della commedia ed ecco che le porte dell’ufficio di Satana si spalancano per noi. Bizzarro trovarsi di fronte un uomo ( Stig Järrel ) decisamente ordinario e vestito di tutto punto a impersonare il demonio. Non solo è un signore alquanto incolore, ma lotta con un problema piuttosto demenziale: un orzaiolo, un seccante orzaiolo che gli gonfia la palpebra.
Siccome urge una soluzione, l'uomo decide assieme a due malandrini consiglieri di sacrificare la verginità di una giovane onesta. La scelta cade su Britt Marie, figlia di un pastore e destinata alle nozze con il fidanzato Jonas. Come vuole il detto, ciò dovrebbe bastare a placare il fastidioso orzaiolo di Belzebù.
Così, con un tono faceto tutto da gustare, la storia prosegue invitandoci nelle lussuose stanze di un inferno che ha tutto l’aspetto di una reggia per peccatori. In una di queste stanze è rinchiuso il bel Don Giovanni ( Jarl Kulle ), condannato a scontare una punizione esemplare: ricevere continue visite da parte di belle fanciulle, ma vederle sparire un attimo prima di sedurle. Il diavolo assolda Don Giovanni come suo inviato speciale: dovrà scendere in terra e strappare la virtù alla bella Britt Marie. Il giovane accetta la missione e si porta appresso il fidato servitore Pablo. Così li vediamo approdare alla fredda terra del nord, indottrinati con un manuale di seduzione per “la donna nordica”, abbigliati con gusto e scortati da uno spassoso demonio vestito da frate.
Sembrano i personaggi di una ballata, di una vecchia filastrocca, eppure vengono in terra in nome del demonio: logicamente adescano subito il pastore, padre di Britt Marie, e con un sotterfugio si fanno invitare alla canonica. Ma dietro il massiccio portone di quel regno di pace, intrattenuti dal pastore che appare un sempliciotto un po’ duro di comprendonio, trovano tutt’altro che inattaccabili virtù.
Renata, la moglie del pastore, è una donna frustrata dalla bellezza sfiorita, costretta a letto dai malanni e incapace di riattizzare il fuoco della passione coniugale. Britt (un’impertinente e disinibita Bibi Andersson ) ha i suoi piccanti segreti di futura sposa e alterna l’amore per Jonas a una certa leggerezza seduttiva. Siamo del tutto certi che il trio mandato dagli inferi sia più peccaminoso di due donne annoiate rinchiuse nel sacro silenzio di una canonica del nord?
Un Bergman scanzonato ma non troppo, deciso a dipingere sotto i nostri occhi una commedia di sapore antico pur insinuando in noi alcuni tragici sospetti. La fuggevolezza dei sentimenti umani è la più spassosa barzelletta, la vita è la più grande commedia amara mai messa in scena. Anche la purissima vergine prescelta dal diavolo rivela un’indole tendente al vizio, e questo ci induce a una riflessione.
Gli uomini terreni, in questa opera buffa dai picchi di ironia al vetriolo, sono dei molli perdenti. Jonas, futuro sposo di Britt Marie, è un cafoncello irascibile dalle vedute palesemente ristrette. Il pastore, col suo insipido sorriso, è un pavido: digiuno di disincanti e largamente infantile, vive in un mondo di rosea, piatta, soporifera bontà. Le donne di casa, al contrario, sono un vulcano di bollori repressi e facili alle esplosioni umorali. Don Giovanni, nella sua imperscrutabile maschera da consumato seduttore, sarà la leva sulla quale esse poseranno il peso delle proprie nevrosi.
E l’amore?
L’amore è un blando retrogusto all’intera vicenda, un fuocherello inestinguibile che infine trionfa sui controsensi della natura umana. Fedeltà, menzogna, devozione: tutto è instabile e precario in questa piccola canonica del nord.
Armadi, specchiere, corridoi di mattoni, pasti semplici a base di pesce, temporali violenti e piccole chiese affrescate. Il nord, anche in questo film, ci avvolge con quell’atmosfera raccolta di muri bianchi, tetti bassi, cibi affumicati, belle ragazze con i capelli biondissimi e la risata musicale.
C’è sì l’influenza di un diavolo provocatore, ma si avverte più distintamente la provocazione di un poliedrico regista del calibro di Bergman.
E il proverbio come sempre non sbaglia: una vergine è un cruccio per l’occhio del diavolo, ma sono molte le cose che una vergine può fare in segreto, lontana dagli occhi di tutti.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: Djävulens öga
Anno: 1960
Durata: 87'
Regia: Ingmar Bergman
Sceneggiatura: Ingmar Bergman
Fotografia: Gunnar Fischer
Musiche: Erik Nordgren, Domenico Scarlatti
Attori: Jarl Kulle, Bibi Andersson, Stig Järrel, Nils Poppe