Siamo infatti di fronte a un film che analizza un caso di cronaca realmente accaduto; Evelyn ha contribuito alla sua stesura in quanto ispiratrice del delitto. In un certo senso siamo di fronte alla confessione di una donna molto vicina all’assassino. E questo basta a trascinarci in un tripudio di colori cangianti posti a paravento su una storia torbida, fra stacchetti musicali alla Ziegfeld e cappellini con la piuma.
New York, primi del Novecento, sfogliamo i giornali al contrario e torniamo lì. Un ristorante esclusivo ha appena accolto Stanford White, il principe degli architetti. Lui è la mente vulcanica che abbellisce il palcoscenico newyorchese con edifici grandiosi. Ha una moglie affezionata, è un bell’uomo il cui sguardo è affidato all’azzurro perforante degli occhi di Ray Milland, ha il rispetto di tutti. Fatta eccezione per Harry Thaw, il suo eterno rivale. Un ragazzo nervoso e violento deciso a dominare la scena sociale cittadina, abituato allo sperpero e viziato fino al midollo. Farley Granger è perfetto per la parte, conferisce a Thaw tutta l’imprudente frenesia del suo caratteraccio. L’architetto sorridente e garbato seduto al tavolo, il giovane arricchito dai modi villani seduto poco distante: punzecchiarsi è all’ordine del giorno.
Ma a seminare tempesta fra i due saranno un paio di occhi celesti su un incarnato delicatissimo e una cascata di riccioli scuri tutt’attorno. Evelyn Nesbit (Joan Collins), figlia di una sarta di scena, la ragazza che viene da Pittsburgh e non ha mai perfezionato talento e maniere. Ha un dente scheggiato ma sorride a bocca chiusa, e cerca ingaggi come ballerina e modella mostrando le gambe senza protestare. Pur non godendo dei modi di una gran signora, la sua bellezza non passa inosservata e l’architetto White (devoto alla moglie solo in presenza della stessa) mette gli occhi su di lei. Così Evelyn riceve un invito a entrare in un negozio di giocattoli dove una segreta porticina sul retro immette nel reame segreto dell’architetto più stimato di New York: una magica trappola di drappeggi rosso sangue dove cibo e bicchieri di bollicine ravvivano gli angoli. Qui l’attraente architetto può ricevere belle ragazze al riparo da sguardi indiscreti.
Vero culmine di meraviglia del suo nido privato è una stanza posta in cima alle scale, dove ondeggia un’altalena di velluto rosso fissata al soffitto. Un balocco sospeso fra ingenuità e seduzione, giocattolo dell’erotismo. Anche Evelyn è invitata a salire per frullare in aria lasciando che la gonna si sollevi e regali all’architetto uno spettacolo di grazia, eros e movimento (le cronache dell’epoca parlano di molte ragazze passate per quell’altalena, a quanto pare svestite).
Così, nella stanza dei giochi, nasce una passione divorante fra la ballerina di Pittsburgh e l’imperatore dell’estetismo, dipinta nel film non come “una delle tante scappatelle”, bensì come un amore totalizzante e irrefrenabile che porta Evelyn a compromettersi (accettando tuttavia di buon grado regali, denaro e quel piccolo intervento al dente scheggiato che la madre sarta non avrebbe potuto permettersi).
Gli amanti si muovono nell’ombra e lo stesso fa Henry Thaw, deciso a strappare al rivale la sua pupilla. Thaw, un cocainomane sadico e ossessivo, corteggia invano la bella Evelyn e coglie la palla al balzo quando la storia d’amore con White finisce bruscamente. L’architetto, temendo di compromettere ancora più la ballerina e la propria immagine, decide infatti di pagarle gli studi in un collegio (all’epoca dei fatti la Nesbit aveva sedici anni, White quarantasette) confidando in un lontana dagli occhi lontana dal cuore. Occasione appetitosa per Thaw che offrirà a Evelyn un viaggio in Europa, mano pesante, violente dichiarazioni di un amore malato e un’asfissiante proposta di matrimonio. Ci sono le basi per un delitto a sangue freddo, ma volutamente mi fermo qui perché starà a voi scoprire chi per primo premerà il grilletto.
Lo sguardo di Richard Fleischer sul chiacchierato caso di cronaca nera è tutto imperniato attorno alla misteriosa Evelyn Nesbit. Innamorata sì, ma anche disposta ad accettare denaro. Leale sì, ma anche pronta a mentire. Certamente vittima, ma anche ispiratrice di una storia che porterà “un uomo sotto le margherite, un altro in manicomio”.
“Chi era Evelyn Nesbit?” avremo voglia di chiederci, a visione conclusa. Ogni lettura sul caso ci darà sempre la stessa risposta: era la ragazza dell’altalena di velluto rosso.
Forse ha soltanto volato troppo in alto. E di certo la caduta è stata rovinosa.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: The Girl in the Red Velvet Swing
Anno: 1955
Durata: 109 min
Regia: Richard Fleischer
Sceneggiatura: Walter Reisch, Charles Brackett
Fotografia: Milton R. Krasner (con il nome Milton Krasner)
Musiche: Lionel Newman, Leigh Harline
Attori: Ray Milland, Joan Collins, Farley Granger, Luther Adler, Cornelia Otis Skinner