Voglio parlarvi di un poeta squattrinato e stravagante che vive come un topo di fogna nelle luride taverne di New York, assillato dai debiti ma abbastanza sfrontato per sorridere all’avvenire. Si fa chiamare Dupin e ha lo sguardo ipnotico di Joseph Cotten (concedetemi uno sprazzo di autobiografismo: il mio attore preferito). In quella stessa New York, immerso fra le antiche reliquie di napoleonica memoria, vive il vecchio Thevenet (Louis Calhern). Dopo la caduta dell’impero ha lasciato la Francia per rinchiudersi nella grande casa newyorchese fra bicchierini traboccanti e i versi del suo migliore amico: un grande corvo dalle piume lucenti.
In quelle fastose stanze si aggirano anche la governante Lorna Bounty (una crudele Barbara Stanwyck, prodiga di appetiti sensuali) e il violento e irascibile maggiordomo Martin. Due veri angeli della morte, intenzionati a sbarazzarsi del vecchio Thevenet per banchettare con le sue fortune. Tenete a mente tutti questi personaggi, perché l’arrivo di una carrozza sta per scaraventarli in una spirale di orrore.
A scendere da quella carrozza è una bambolina di ceramica, una Leslie Caron ancora alle prime prove sullo schermo ma già splendente di fascino. Quest’ultima impersona Madeline Minot, arrivata dalla Francia per incontrare il vecchio Thevenet e chiedergli aiuto economico in quanto fidanzata del nipote. Il passato è tornato, parla in francese con voce flautata, indossa cappellini e ha grandi occhi azzurri che apriranno una breccia nel cuore del burbero Thevenet. Il vecchio, messa da parte la bottiglia, ha una bruciante nostalgia per il nipote (col quale ha sempre vissuto in bilico fra odio e amore) e non potrà che accogliere con l’affetto di un nonno la giovane fidanzata.
Ecco i presagi di un thriller che spesso attingerà alle fosche cromie del gotico, intarsiato dalla suggestiva fotografia di George Folsey.
La piccola Madeleine è finita dritta in un covo di vipere, fra corvi che volano di stanza in stanza, servitori animati da impulsi omicidi, porte chiuse a chiave e crescenti, angoscianti sospetti. Primo fra tutti, quello secondo il quale i servitori stiano avvelenando il vecchio Thevenet. Decisa a salvare il nonno adottivo la bella francesina muoverà mari e monti e ad aiutarla sarà il poeta Dupin, forse invaghito di lei o soltanto attratto dal brivido. Scene concitatissime ci porteranno a importunare farmacisti nel cuore della notte ed elaborare strategie incontrandosi in segreto negli angoli nebbiosi delle strade.
Il bel Daupin, intraprendente mascalzone dalla parlantina pungente, si introdurrà in casa Thevenet entrando nelle grazie della terribile Lorna, una bellezza nostalgica ma non appassita, innamorata perdutamente del denaro e dispotica con il complice Martin. Perversa nel suo impudico flirt con il giovane poeta e vera maestra di cerimonia per feste chiassose e grottesche. Proprio le sfrenate gozzoviglie di casa Thevenet segnano alcune delle scene più efficaci del film: maschere, nani, saltimbanchi, ballerine seminude. Il vecchio scorbutico esagera con i bicchieri seduto sul suo trono, mentre gli affezionati servitori gli versano quei velenosi alcolici noncuranti delle raccomandazioni del medico. Vogliono ucciderlo con i vizi, con gli eccessi, con l’orrendo senso di festa che aleggia nella sinistra dimora del corvo. Frattanto, nei brumosi vicoli cittadini, la piccola Madeline e il poeta dal sorriso astuto si improvvisano detective, per impedire il peggio.
Un film squisitamente brillante che mette alla prova il nostro intuito, dandoci più volte l’impressione che solo il silenzioso corvo conosca a fondo ogni segreto. Attinto al genio di Dickson Carr e firmato MGM, si rivelò un fiasco che costò al regista Markle il licenziamento e la prematura fine della carriera.
In realtà La casa del corvo è oggi una chicca incentrata su testamenti scomparsi, acuti rompicapi e la pesante minaccia di una diabolica coppia: Lorna e Martin, perfidi fino all’osso, disumani. L’atmosfera gotica incontra spesso il giallo deduttivo, e un po’ di comicità rende invitante la visione sino all’ultima scena, una vera e propria coltellata alle spalle che ci rivela la reale identità di Dupin. Chi potrà mai essere lo scanzonato e arguto poeta che alza facilmente il gomito? Quale letterato, nel tempo, entrò nel mito per merito di un corvo? E il nome Dupin non vi dice nulla?
Io vi ho dato già abbastanza indizi: ora non resta che entrare di soppiatto nella casa del corvo e lasciarsi stregare.
E ricordate che alcuni scrittori, a differenza mia, amano diventare i propri personaggi.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: Man with a Cloak
Regia: Fletcher Markle
Sceneggiatura: Frank Fenton, dal racconto di John Dickson Carr
Attori: Joseph Cotten, Barbara Stanwyck, Louis Calhern, Leslie Caron
Musiche: David Raksin
Fotografia: George J. Folsey
Anno: 1951
Durata: 84'