Di musica parla anche questo film che vede protagonista Bette Davis (e il suo mostruoso talento che fa di lei – permettetemelo - la mia attrice preferita), giovanissima e immersa nel complesso ruolo di Christine Radcliffe.
Christine è una pianista; la vediamo salire frettolosamente lo scalone dell’università sino a raggiungere la grande sala dove il violoncellista Karel Novak (Paul Henreid) sta tenendo un concerto. L’atmosfera è suggestiva, il pubblico tace ipnotizzato, il violoncellista raccoglie i meritati applausi. Più tardi, raccoglie il bacio d’amore di Christine: si sono appena ritrovati dopo gli anni di separazione imposti dalla guerra. Lui la chiama con il nomignolo di un tempo, lei gli mostra le mani libere da fedi nuziali e nulla sembra cambiato.
Artisti che passeggiano lungo il marciapiede, abbracciati teneramente come la prima volta, nel letargo della New York notturna. Christine vive in un attico, a differenza di tanti squattrinati artisti locali. Non si respira il senso di sopravvivenza tutta bohemienne che permette a ogni piccola isola di restare a galla in un dopoguerra distratto verso i giovani talenti, ma un’aria di ricercata eleganza: Christine ha scelto preziosi arredamenti per il suo nido, i due guardano il cielo stellato dal rifugio di vetro dell’attico, decidono su due piedi di sposarsi e i loro cuori battono all’unisono.
Per un attimo.
Durante i festeggiamenti per le nozze, fra un pianoforte e una bottiglia di bollicine, Alexander Hollenius (Claude Rains) irrompe nella stanza con un ghigno sarcastico sul viso. Grande compositore, temuto da tutti e noto per la sua esuberanza, molto più anziano di Christine. Si rivolge a quest’ultima con velenose insinuazioni e la prende in giro platealmente. Hollenius conosce bene Christine e per questo si diverte a metterla in ridicolo: apparteneva a lui prima che rincontrasse casualmente Novak e lo sposasse nel giro di tre giorni.
Il triangolo è servito, nella sua accezione più urticante e fastidiosa. Hollenius, seccante e importuno, offre lavoro allo sposino Novak e ordisce un grande inganno al sapore di fiele. Il giovane violoncellista vacilla sotto serrate umiliazioni mentre la volitiva Christine, incauta sposa del perdente, tenta disperatamente di salvarlo dai tentacoli del crudele predecessore.
La sonata della possessione s’impone sulle delicate sinfonie di sottofondo, il bianco e nero è denso e deciso, inquietante e nutrito di contrasti. La Davis è una bambolina pericolosa, vittima e colpevole, astuto topolino finito in trappola. Un magnifico Claude Reins impersona l’eccentrico Hollenius, possessivo e vanitoso compositore forte della sua fama e capace di sottilissimi giochi di parole, fra sadismo e ironia. Incolore e debole è invece Karel Novak, lo speranzoso violoncellista innamorato.
Alcune scene sono un vero monumento alla tortura psicologica: fra tutte eccelle quella della cena al ristorante dove un apparentemente pacifico Hollenius invita i giovani sposi prima di un concerto, li mette seduti comodamente e poi li esaspera con la scelta delle portate. Dialoghi come bombe a mano mentre l’occhio segue spasmodico l’orologio e Hollenius, beato e pacioso, crea una parentesi di quasi sei minuti fra perfidia e comicità.
L’amore sgomita per sopravvivere in questo film dalle atmosfere plumbee e venefiche e soccombe puntualmente, la gelosia bestiale sfiora vertiginosa quota, gli interni opprimenti costruiti su tende, lampade e maestosi pianoforti diventano irrespirabile scenario per nevrotici eccessi. Un film che esagera con pennellate di dramma e cela tagliole a ogni passo, portandoci talvolta a simpatizzare con il vecchio amante tradito, furba carogna dai modi pomposi. Rapper gioca con lunghi dialoghi collerici e mai noiosi, ammaestra gli scatti d’ira e lascia il pubblico appeso alla traboccante e morbosa psicologia dei personaggi. Un nerissimo one woman movie con una Davis ribelle e un Rains viperino, in cui lo scrupoloso Irving Rapper non tralascia nemmeno una nota del pentagramma.
C’è una squisita abbondanza di strategie, complotti, ricatti e segreti: quanto basta per farci posare il nostro piccolo flauto incompreso e tacere ammirati davanti al grande Hollenius. Al suo concerto suonato con gli artigli, alla sua orchestra di bugie ben camuffate e al suo disperato finale. Andante sì, ma non allegro.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: Deception
Anno: 1946
Durata: 110'
Regia: Irving Rapper
Sceneggiatura: John Collier, Joseph Than, Louis Verneuil
Fotografia: Ernest Haller
Musiche: Erich Wolfgang Korngold
Attori: Bette Davis, Paul Henreid, Claude Rains, John Abbott