Ogni fotogramma di questo film realizzato nel 1942 sembra ripetere questa raccomandazione o gridarla come i titoli sensazionalistici sui giornali del mattino. Un’atmosfera di puro terrore permea le strade, ci sono quei poliziotti di ronda che percorrono i vicoli a piedi eppure è difficile fidarsi di loro. Non basta sprangare la porta o chiudere la finestra, la città appare come un modellino di carta nel quale nessuno è al sicuro; il fruscio alle vostre spalle potrebbe essere il pericolo.
Da giorni uno spaventoso omicida armato di ascia semina il panico a Chicago prendendo di mira belle fanciulle. Mentre la polizia si affanna per acciuffarlo, un attore fallito di nome Oliver Duffy (Lew Ayres) cammina nella notte fischiettando, del tutto sprezzante del pericolo. Quando i suoi occhi si posano su una fanciulla incauta quanto lui che rincasa seminando alle spalle il ticchettio di scarpette col tacco, è d’istinto propenso a tenerla d’occhio. D’altronde si sa, non è prudente girovagare di notte attirando l’attenzione di un maniaco e di ragazze belle come Edwina Brown se ne vedono poche. L’intervento dell’attore è difatti provvidenziale poiché di lì a poco la giovane rischierà di essere aggredita da uno sconosciuto.
Così, giocando attentamente con la suspense, Charles Lederer conduce i due a casa di lei e li lascia sospesi in un clima poco rassicurante. C’è l’appartamento di Edwina (Laraine Day) dove la gatta nera Cherie sonnecchia sorniona fra i cuscini rosa e dove la finestra ha tutta l’aria di non voler stare chiusa. Con poche e semplici pennellate veniamo accolti in questo film, ma è un perfetto affresco della paura.
In quell’appartamento non siamo al sicuro e non lo è nemmeno Edwina; è una fortuna che Oliver decida di passare la notte nascosto sulla scala antincendio a sorvegliare. Inizia dunque l’indagine di un attore perditempo attorno a un caso di cronaca che minaccia una ragazza diversa dalle altre: Edwina, la ballerina un po’ svampita, a quanto pare fa gola all’assassino per qualche misterioso motivo da ricercare nel passato. Duffy diventa un guerriero romantico, l’uomo determinato a proteggerla, irriverente e comico, grande trasformista, pasticcione: è disposto persino a infiltrarsi in un gruppo di poliziotti e poi addirittura in manicomio pur di risolvere il caso, ha dalla sua mimica duttile e sana incoscienza.
A tutti gli effetti si ha l’impressione di essere di fronte a una commedia rosa, a tratti grottesca. Si respira un po’ della magia alla Arsenico e Vecchi merletti, un assaggio piccolo ma buono di un talento più grande, quello di Capra. La vicenda è ironica, ma un buio lugubre la punzecchia qua e là. Alcune scene sono al limite della screwball comedy, altre sono pura inquietudine per palati fini, una fra tutte quella girata nell’interno scuro e angosciante di una stanza dove gli uccellini vivono in gabbia. Nel cinguettio argentino dei pappagallini, il regista rivela dettagli che fanno accapponare la pelle.
La visione scorre fluida e senza intoppi fino a un prevedibile lieto fine, passando attraverso grandi prove attoriali. Impossibile non citare il tenebroso Basil Rathbone, che ritroveremo fra i volti meglio riusciti che siano mai stati dati a Sherlock Holmes. In questo film si calerà nei panni di uno psichiatra misterioso unendosi a un efficace gruppo di personaggi: tutti amabili nel loro essere vari, ben caratterizzati. L’attore che si improvvisa detective ed esaspera le autorità. La ballerina candida e sprovveduta che s’innamora alla cieca e sottovaluta i rischi. Il famoso psichiatra che vive nella grande villa nascondendo scheletri nell’armadio. Ci sono tutti gli elementi per apprezzare una vecchia, semplice, romantica favola con un po’ di polvere e paura nascosta negli angoli. Non è solo un noir, non è solo una commedia. Inseguire un gatto per le strade buie gridando a gran voce “Cherie!” potrebbe sembrare stupido, ma quando l’assassino è all’erta e ci sta ascoltando anche quell’innocente spedizione può diventare un incubo.
Un ordinato, piccolo, buon lavoro per Lederer. Un B–movie a regola d’arte che si prende gioco dei nostri nervi con finestre che non si chiudono mai, gatti fuggitivi, dita che tamburellano sui vetri (il titolo originale Fingers at the Window), poliziotti inetti e detective dilettanti arguti. Un film che scende per strada di notte e taglia l’aria con l’ascia, che semina panico sui giornali e indaga nelle stanze segrete di un manicomio buttando sullo schermo una carrellata di psicopatici.
Ma sa fermarsi, quando è opportuno, per regalare un gioco di battute piccanti, un’impresa romantica senza precedenti, un bacio a sorpresa.
Un po’ di quiete, fra un colpo d’ascia e l’altro.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: Fingers at the Window
Regia: Charles Lederer
Sceneggiatura: Rose Caylor, Lawrence Bachmann
Attori: Lew Ayres, Laraine Day, Basil Rathbone
Anno: 1942
Durata: 80'