Marzia lavora per la piccola emittente radiofonica dello zio nel paesello polveroso di Pigott, Arkansas. La radio entra nelle cucine dove signore affaccendate si sventolano col fazzoletto sopra pentole roventi. Tutti, in quel luogo tranquillo, chiedono alla radio qualche diversivo alla monotonia e per Marzia ogni mezzo è lecito pur di tenere compagnia agli ascoltatori, anche andare a registrare una nuova incredibile puntata direttamente in carcere: mentre gli ergastolani la liquidano alla spiccia, c’è un uomo con la chitarra ansioso di parlare. A voce alta, altissima, con risate larghe e tonanti, con sei corde scatenate e la voce graffiante di un cantante blues in erba.
Solitario Rhodes (un giovane ed energico Andy Griffith, in futuro sarà l’ispettore Matlock) è un ragazzone ruvido e digiuno di buone maniere, un vulcanico cantante dal sorriso bianchissimo e i versi sguaiati, un maestro dell’improvvisazione e un cabarettista nato. Eppure è lì, in una cella afosa, con la chitarra sulla pancia e i capelli sudici, con i modi burberi di un animale finito in gabbia e la voglia di azzannare per difesa.
A Marzia piace.
A Marzia (una vivace e solare Patrizia Neal, qui ancora al riparo dall’ictus che l’avrebbe colpita pochi anni dopo) quel ragazzone dalla parlantina sciolta e irriverente strappa un sorriso sognante. È solleticata dall’idea di catturare quella voce e portarla davanti al microfono, vuole offrire una possibilità a quell’avanzo di galera che la guarda e canta a squarciagola “Domattina sarò un uomo libero”. Sorride, la dolce Marzia, come sorride una donna quando resta affascinata dall’uomo che si nasconde dietro un personaggio.
È proprio quel personaggio che occorre alla radio, e dopo qualche trattativa Solitario accetta l’accorata proposta di Marzia. Ma sì, perché non tentare anche questa sfavillante strada? Perché non sedersi davanti al microfono e lanciare per aria barzellette, canzoni e qualche polemica travestita da ironia? Solitario ha già tentato ogni carriera, ha vissuto in ogni posto, ha amato ogni donna e non ha nulla da perdere.
Fra una puntata e l’altra, nella piccola redazione radiofonica dove iniziano ad arrivare biglietti entusiasti e torte di mele preparate con cura dalle fans, Marzia offre a Solitario la possibilità di scriversi una carriera daccapo. Lo guida e lo ripulisce, lo consiglia e lo tiene a freno: è l’unica a saperlo avvicinare, a difenderlo dallo scetticismo dei potenti, a restare ammirata a guardarlo mentre si abbuffa come un animale o ride a bocca aperta con quell’aria da burlone. La strada per il successo del Solitario è lastricata da risate e invettive contro il potere, tiri mancini e colpi di genio.
In un batter d’occhio il radiocronista provinciale, finito ai microfoni per caso, si accorge di avere l’America ai propri piedi. E non gli dispiace. La televisione lo vuole, la stampa lo lusinga, gli spot televisivi gridano il suo nome e lui cammina sotto una pioggia di applausi. Navi a lui intitolate si staccano dal porto, a lui vengono dedicate orchidee e monumenti, cambia il suo guardaroba ma non cambia la donna che ha accanto.
Una sbiadita, perplessa e fragile Marzia vede l’apertura alare della sua farfalla e quasi la teme. La teme mentre le nevrosi di un uomo di potere emergono in un grande attico lussuoso, mentre le labbra si incontrano e poi pregano di essere sincere: l’ascesa del Solitario è una dolorosa corsa verso il burrone, e la donna che ha lottato per fargli toccare le stelle ora è dubbiosa e piccina, quasi invisibile. Quando il passato della star bussa alla porta, ha inizio una catena di irreversibili catastrofi.
Questo è il capolinea per il portentoso talento grezzo che Marzia ha scovato in prigione. Questa è la tomba della smodata ambizione e l’unica direzione possibile per un insanabile egocentrico. Sarà l’ego a schiacciare l’eroe, il suo ingombrante ego di sempre.
Una fotografia nitida dell’America che sogna e inciampa coprendosi di ridicolo, un Elia Kazan insuperabile nell’analisi del dramma “rise and fall”, una storia di evoluzioni spettacolari e cadute rovinose, un altro “tralasciabile” talento americano finito alle ortiche. Nel cast anche un Walter Matthau nei panni di giornalista dal cervello fino, in un gustoso testa a testa con l’esagerato, esuberante e incontenibile Andry Griffith. Il demagogo perdente.
Resta impresso il triste sorriso di Marzia. Pigmalione innamorato e sconfitto, calpestata, tradita e incapace di raccogliere i pezzi smembrati della creatura che lei stessa ha generato.
Ma, tutto sommato, serenamente rassegnata a lasciarli per terra.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: A Face in the Crowd
Anno: 1957
Durata: 125 min
Regia: Elia Kazan
Soggetto: Budd Schulberg
Fotografia: Harry Stradling
Musiche: Tom Glazer
Attori: Andy Griffith, Patricia Neal, Anthony Franciosa, Walter Matthau, Lee Remick