No.
Dall’asilo sino a oggi sono stata la vergogna del ruba bandiera, sono baciata dalla sfortuna al Bingo, me la cavo malissimo a rubamazzo, sono il terrore di tutti durante la formazione delle squadre per i giochi da tavolo.
Accettiamo tutto ciò e rassegniamoci alla fortuna in amore.
E non parliamo di amore, adesso, ma di grandi dimore strampalate.
Kitsch, pop, stravagante, ingannevole per l’occhio. Così è il tempio dei Montgomery. In un’ordinata Manhattan di facciate bianche per villette sviluppate in altezza, il rifugio Montgomery nasconde la sala giochi più bizzarra e ambiziosa di tutti i tempi. Padrone della collezione d’arte è Paul Montgomery (un Peter Pan col volto di James Caan) e tutto è ammesso nel suo regno dei divertimenti. Parrucche, scosse elettriche, flipper, labirinti, specchi deformanti, maschere, ambientazioni vintage e futuriste accostate in un’accozzaglia di smalto, vetro, pelliccia, merletto, plastica.
I corridoi sono gallerie della follia, le opere d’arte sbucano dagli angoli con il loro fascino spaventoso, e uno stretto ascensore di gusto liberty scuote gli intestini della casa con le sue rapide salite e discese. Compagna di giochi di Paul è la moglie, la verginale e splendida Jennifer, una bambolina titubante e fatalmente attratta dai giochi pericolosi: una luminosa Katharine Ross, fascino allo stato puro. I travestimenti sono all’ordine del giorno per l’esuberante coppia e la perversione è benaccetta nel loro idillio. Dietro un’apparente innocenza c’è lo strascico umido e appiccicoso dell’erotismo e il rasoio delle ombre psicologiche.
Il fulmine a ciel sereno nella vita giocosa e superficiale dei Montgomery è una venditrice porta a porta. Quella massiccia, misteriosa, intabarrata e sorniona Lisa Schindler. Una Simone Signoret forgiata dall’età ma vigorosa e ruggente, esplosiva e teatrale, vero pilastro di personalità in quel frizzante giardino d’infanzia. Aprendo una valigetta piena di creme e lozioni la rassegnata e istrionica Lisa tenta di portare a casa qualche spicciolo, ma proprio al centro del salone degli specchi di casa Montgomery ha un collasso improvviso. Il freddo, la stanchezza, la miseria che la donna tenta di nascondere dietro un pesante cappotto blu. Jennifer, principessa buona del reame senza tempo, non può fingere di non vedere tanta disperazione, così decide di ospitare la strana venditrice.
Che i giochi abbiano inizio. Il triangolo svelerà poco alla volta i suoi spigoli.
Se i Montgomery vanno pazzi per i giochi, con Lisa hanno trovato pane per i loro denti. La donna è un’ottima giocatrice, ama barare e non le dispiace rifinire i suoi trucchi con pistole dai proiettili roventi, roulette russe, tarocchi e impennate di spiritismo. Alla signora piace stare in punta di piedi sulla sponda della morte; oscilla fra l’amore per il macabro e la dipendenza dal rischio, è una miscela di fantasie inosabili e lezioni di vita alla vecchia maniera.
Per quanto il suo passato rimanga appeso a un mazzo di tarocchi e le sue origini restino relegate in un laconico “Al mio paese”, i giovani sposi la accettano di buon grado e non percepiscono la sua invadenza, ma la coinvolgono in giochi via via più ansiogeni. Boa di struzzo, cerone, vestaglie e ventagli: un Eden barocco dove smarrire la percezione del tempo, dove i confini delle personalità si fondono in una complicità vicina alla depravazione. Ed è in quell’audace amicizia che mette piede incautamente un garzone invaghito di Jennifer. Quale vittima migliore di lui? Si potrebbe invitarlo a giocare, non trovate? Ebbene, fate attenzione, perché i tarocchi di Lisa non sbagliano mai e i tarocchi di Lisa dicono “morte”.
Un’opera sofisticata e sfuggente, di piume di pavone, trappole a molla e grattacapi, di fantasie optical a perdita d’occhio. La casa dei giochi e i giochi insani di un trio che ha per l’inganno una sorta di feticismo. Jennifer è l’inevitabile pedina che il paese dei balocchi risucchia in un concitato decollo di scene dove la paura arriva cigolando, in ascensore. Sotto la cascata scintillante dei lampadari e fra le spie luminose dei giochi automatici, il sangue sgocciola ticchettando a intermittenza.
Uno scherzo malriuscito getta i Montgomery in pasto a un gioco più grande di loro, e Curtis Harrington si diverte a punzecchiare i nostri nervi mettendoci alle spalle la fedele, onnipresente, sconosciuta Lisa. Chi è quella donna che gira per casa e gioca con pallottole e sfere di cristallo?
Assassinio al terzo piano è uno dei primi film di un brillante regista che già si rivela abile intrattenitore, attento alle intrusioni nel sottosuolo psicologico, il tutto in un economico ma efficace Technoscope.
Una suspense mai banale filtrata attentamente dai colori allegri di una casa troppo grande, troppo elettrica, troppo meccanica, troppo automatica. Troppo facile al corto circuito.
Non molto fortunati al gioco, i Montgomery.
Decisamente sciagurati in amore.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: Games
Anno: 1967
Durata: 100'
Regia: Curtis Harrington
Sceneggiatura: Gene R. Kearney
Fotografia: William A. Fraker
Musiche: Samuel Matlovsky
Attori: James Caan, Katharine Ross, Simone Signoret, Don Stroud, Kent Smith