Il libraio di periferia che vendette un certo libro alla mia amica Arianna, ai tempi del liceo, avrebbe dovuto porsi questa domanda, ma non lo fece. Arianna mi mostrò il misterioso volume di lì a pochi giorni, nel rosa stucchevole della sua cameretta. Non ricordo con precisione il titolo, ma di sicuro era una trovata americana riguardante il diavolo e tutti i metodi per mettersi in contatto con lui. E siccome l’autorevole testo assicurava che il diavolo avrebbe contattato il possessore del libro attraverso una specchio (forse per ringraziarlo dell’ottimo acquisto), la povera Arianna si fece prendere da attacchi isterici e sua madre coprì tutti gli specchi di casa con gli stracci.
Ma questi sono giochetti e fobie di ragazzine; ben diversa è la storia di Mary Gibson e sua sorella Jacqueline.
Mary (Kim Hunter) compare sin dalle prime scene alle prese con la preside del collegio che frequenta: c’è un problema con il sostentamento della retta sino ad allora pagata dalla sorella maggiore Jacqueline (Jeanne Brooks). In altre parole, la retta non è stata saldata e Jacqueline è sparita nel nulla. Quando Mary fa i bagagli e affronta la giungla urbana di New York decisa a ritrovare la sorella, ha inizio il primo incubo su schermo firmato Mark Robson. In una città ostile e spesso notturna, ogni brutto presentimento di Mary sta per prendere forma, schiacciandola in un gioco più grande di lei.
Figura imperante e inafferrabile è proprio Jacqueline, la sorella che ha fatto della propria vita una lunga riflessione di morte, cercandola più volte e ammirando la filosofia del suicidio. Una dark lady maestosa e memorabile, che sfugge agli occhi portandoci persino a sospettare della sua esistenza.
Mary è il suo contrappeso, è l’immagine dell’ingenua fanciullezza, della bontà di cuore e dell’attaccamento semplice e grato alla vita. Personaggio appiattito da un doppiaggio infelice, purtroppo.
Scivolare nell’esistenza di Jacqueline e indagare negli angoli del suo passato impone a Mary un brusco cambiamento. La sorellina venuta dal collegio si rimbocca le maniche, affila le unghie e presto semina scompiglio fra i segreti altrui: si avventura da sola nel salone di bellezza che un tempo apparteneva a Jacqueline e scopre che è stato venduto. Personaggi minacciosi prendono a ruotare attorno a lei, depistandola e sparpagliando le carte. La conoscenza con un detective privato darà luogo a una delle scene più raccapriccianti del film, una lunga inquadratura girata al buio.
Il film prende la rincorsa, soffrendo i tagli della censura dell’epoca che spingono lo spettatore a trarre da solo le sue conclusioni di fronte a sconcertanti cambiamenti. Ma la forza della pellicola è anche in questa velocità, nel susseguirsi di colpi di scena che fanno di Mary una bambolina sempre più confusa in pasto alla marea.
Ad aggravare la situazione arriva un marito, l’affascinante avvocato Gregory Ward, che le rivela di aver sposato Jacqueline in segreto, mesi prima. C’è poi Jason Hoag (Erford Gage), il giovane poeta scanzonato che aiuterà Mary ad ogni costo perché invaghito di lei. I sospetti si affastellano attorno alla locanda di Dante, un locale italiano dove Jacqueline ha affittato una stanza facendo cambiare la serratura e pagando per mesi l’affitto senza occuparla mai. La stanza chiusa ha un fascino irresistibile per chi, come Mary, rincorre la verità.
Così ci troviamo di fronte a un piccolo capolavoro di inseguimenti e cadaveri che scompaiono, di uomini che ricordano Jacqueline per la sua bellezza che le fruttava il soprannome di “Madonna fiorentina” e donne che la odiano per la sua tendenza a parlare troppo. Si mostra, questa sorella del mistero, in alcune tesissime scene: quasi volesse rassicurare Mary della sua sopravvivenza, mostra il suo volto stupendo per pochi istanti. Quindi scompare nel nulla, lasciando alla sorella minore una determinazione ancora più forte a rintracciarla.
Il diavolo fa giochi di prestigio con le sue marionette per tutta la durata del film. Lo schermo cattura i segreti della setta e rivela un orrendo disegno: Jacqueline era devota al demonio e ha tradito il suo credo, per questo è stata punita. La setta è in questo film – precursore delle opere di Hitchcock e Polanski – dipinta come un convivio di meschini personaggi che portano il male nei salottini perbene della New York altolocata. Sono piccole riunioni di adepti che seguono un codice segreto e puniscono in modo infido, trasversale. Fra le poltroncine, i paralumi e i capellini alla moda, il Maligno chiede ai suoi figli una fedeltà assoluta e sanguinosa.
Questo noir si sporca le mani e sbircia dentro le serrature sbagliate, lasciandoci poco fiato e molte perplessità.
Non è tempo di coprire gli specchi, bensì di guardare con sospetto i nostri adorabili vicini di casa.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage
Scheda tecnica
Titolo originale: The Seventh Victim
Anno: 1943
Durata: 71 min
Regia: Mark Robson
Sceneggiatura: DeWitt Bodeen, Charles O'Neal
Fotografia: Nicholas Musuraca
Montaggio: John Lockert
Musiche: Roy Webb
Attori: Tom Conway, Jean Brooks, Isabel Jewell, Kim Hunter, Evelyn Brent