Avete mai fatto un frontale col cartello guastafeste che vi accoglie all’ingresso di un museo? Eravate attrezzati, avevate promesso di “tornare con le foto”, sul momento cercate addirittura di nascondere la macchina fotografica in un difetto del vostro maglione pronti a rispondere “Questa? Oh, questa è la mia ernia”. Poi ecco il gorilla di turno con ditino puntato, il laconico “no foto” e la successiva precisazione indigesta: “nemmeno coi cellulari”. Non mancherà l’irritante momento in cui un altro turista della comitiva, il furbo di turno, illuminerà a giorno la sala col suo potente flash. Perché, sì, si prega di non scattare foto ma c’è chi le scatta ugualmente.
Dunque seguiamo i sei militari americani che vagano fra i colori e gli aromi di un bazar: la licenza è vicina, i ragazzi sono compagni di scorribande, Nick (James Dobson) ha una macchina fotografica e muore dalla voglia di imprigionare in uno scatto tutto ciò che lo circonda. Anche il cobra che l’incantatore Daru (Leonard Strong) seduto al suolo sta facendo danzare è una vera scena da cartolina. I ragazzi chiacchierano un po’ con l’incantatore, nel gruppo spiccano Paul (Richard Long) e Tom (Marshall Thompson), due ragazzoni allegri da sempre in competizione per il cuore di Julia (Kathleen Hughes). Paul, in particolare, ha sentito parlare dei lamiani e si mette a raccontarne la storia: sono uomini dediti al culto di animali e credono fermamente nella reincarnazione. Tutti accolgono la notizia con scoppi di risa, eccetto Daru l’incantatore. Perché lui pratica il culto del cobra, è un lamiano e ha una domanda da porre ai ragazzi: sarebbero disposti a spendere cento dollari e assistere a un rito segreto dove un cobra si tramuta in donna?
Voi accettereste la proposta? Probabilmente non lo fareste e io nemmeno; ce ne andremmo a comprare collanine dall’ambulante lì accanto ed eviteremmo di complicarci l’esistenza. Ma i nostri sei scettici militari americani hanno voglia di concludere il loro servizio con una bella imprudenza memorabile e noi ci lasciamo guidare nell’oscuro ventre del tempio, camuffati nella setta dei lamiani. Con un aspro gusto di fondo rubato alle atmosfere dell’orrore, assistiamo inebetiti alla trasformazione del cobra in un corpo di donna, capace di contorcersi e affascinare gli adepti e non solo. Anche chi guarda il film ha l’impressione di essere messo a conoscenza di un segreto e difficilmente perde di vista il corpo sinuoso della donna cobra, le sue imprevedibili contorsioni fuori da un cesto.
Questa scena vale l’intero film, l’ho trovata angosciante: la danza della donna cobra piomba a un centimetro da noi, travalica lo schermo e possiamo fiutare odore di guai. Specie quando lo sprovveduto Nick contravviene alle regole del tempio e sfodera la sua amata macchina fotografica per aggiudicarsi quel prezioso scatto da mostrare agli amici, domani, in America.
Ma non c’è America e non c’è domani, per Nick. C’è una rissa e una fuga degli americani, verso i quali il sacerdote lamiano scaglia una precisa maledizione. “Morirete uno dopo l’altro, uccisi dal cobra”.
Possiamo credere che sia stata soltanto una bravata e metterci il cuore in pace, attendendo il resto del film. E invece siamo increduli testimoni della morte di Nick, di lì a poche scene. Una cosa è certa: c’è una donna cobra in giro, scivola inafferrabile per gli angoli della città e non si darà pace fino a quando non avrà mietuto le sue vittime.
Veleno, veleno, veleno.
Mettetevi comodi perché Nick è morto, ma ci sono altri cinque americani da ammazzare.
I cinque amici tornano in America. Solo Paul, rapito dal culto del cobra, non vede chiaro nella morte dell’amico Nick. Ma l’odore di casa mette a tacere le inquietudini: Paul sposerà Julia con rassegnato benestare di Tom e ognuno dei ragazzi avrà un buon motivo per dimenticare la notte al tempio. Per Tom è in agguato anche una piacevole sorpresa: l’incontro con la tenebrosa vicina di casa Lisa, impersonata da Faith Domergue, la fatale dark lady per eccellenza. La Domergue spicca fra tutti, è una nota bassa, una voce roca e tormentata nel coro della ritrovata felicità. Tom è ipnotizzato dai suoi modi schivi e raffinati, specie dopo aver lasciato andare Julia fra le braccia dell’amico Paul: questo bravo ragazzo dal viso pulito desidera innamorarsi e Lisa è piovuta dal cielo al momento giusto.
Ma la sfilza di inspiegabili incidenti che ha preso il via con la morte di Nick non accenna ad arrestarsi: in sei hanno violato il culto e in sei dovranno pagare. Mentre i ragazzi trovano la morte uno dopo l’altro, Lisa si aggira solitaria per la città all’insaputa di Tom e cresce in noi la certezza che quelle eleganti fattezze femminili nascondano lo spirito infido del rettile.
Finale duro e scalfente, in una miscela di terrore, amori impossibili e istinti imperanti.
Dicevamo?
Ah, già, si prega di non scattare foto.
Dopo l’incontro con il cobra, guarderete il cartello guastafeste con occhi del tutto nuovi.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: Cult of the Cobra
Regia: Francis D. Lyon
Sceneggiatura: Jerry Davis
Fotografia: Russell Metty
Attori: Faith Domergue, Richard Long, Jack Kelly
Anno: 1955
Durata: 82'