Siamo diretti proprio in Scozia e ci arriveremo con il treno dove Joan Webster (Wendy Hiller) viaggia sola per raggiungere il futuro marito Robert Bellenger, l'anziano proprietario delle industrie chimiche britanniche, in attesa della giovane moglie su quella sperduta isoletta delle Ebridi di nome Kiloran della quale si proclama signore e padrone. Joan ha ricevuto un programma di viaggio dettagliato, e la notte sul treno diventa occasione per sognare: sogna l’isola di Kiloran e la Scozia, immagina montagne rivestite di tartan e tutto è permeato da una magica polvere onirica, bagliori tremolanti, mormorii ovattati, l’altisonante titolo di Lady Bellenger sempre più vicino.
Al risveglio Joan, da sempre testarda e determinata, ha un motivo in più per sorridere: l’isola è solo a mezz’ora di navigazione. Ora fra lei e il sogno c’è solo il mare, ma per sua sfortuna è un mare ammantato dalla nebbia.
Nonostante il programma di Bellenger prevedesse una barca che sarebbe venuta a prelevare la futura moglie al porto, la nebbia rende impossibile ogni spostamento per mare. Joan è testarda, sì, ma non tanto da sfidare la sorte; così si rassegna a passare la notte in una casa locale chiedendo ospitalità a un bizzarro trio di scozzesi: il capitano, un vecchio falconiere in cerca dell’aquila dorata che ha perduto nella nebbia; Catriona MacNeil, circondata dai suoi fedeli bracchi, una donna spartana che ha scelto di vivere sola sull’isola imbracciando il fucile; Torquil MacNeil (Roger Livesey), un misterioso ufficiale di marina in licenza che fuma la pipa e si diverte a riempirsi la bocca di leggende locali.
Il mare mormora ed è una notte lunga per la futura sposa inglese, notte di preghiere rivolte al mare perché il maltempo lasci spazio al sole e Kiloran si avvicini una volta per tutte. Nell’alito denso della nebbia si riconosce il profilo severo dei resti dell’antico castello MacNeil: la leggenda vuole che nessun MacNeil possa varcare quella soglia, perché c’è un’oscura maledizione ancora incisa a monito su una delle pietre del rudere.
Spettrale e incantato, fumoso e selvaggio, così appare il paesaggio scozzese agli occhi di Joan. La sua scoperta di ogni angolo di Mull risulta più facile al braccio del giovane Torquil e il maestrale irrompe sulla scena spingendo ancora più lontano il proposito di imbarcarsi per Kiloran. Una prigionia intrigante e spaventosa, allietata dalle danze tipiche degli scozzesi, dal lamento acuto della cornamusa, dai caminetti accesi, dalle favole gaeliche tramandate dalle balie ai bambini e dal cuore semplice dei pescatori del luogo. Gente dura e ruvida come la cantilenante lingua che parlano, gente forgiata da vento e salsedine. E Torquil, irresistibile compagno d’avventura in kilt, è deciso a svelare a Joan le vere ricchezze della sua terra, fatta eccezione per le rovine del castello dove non gli è consentito di entrare: egli è infatti un MacNeil, il vero signore di Kiloran, sebbene più legato alla poesia dei tramonti che al patrimonio.
Bellenger è soltanto un affittuario, e mentre Joan tenta di raggiungerlo - per non venire meno alla propria rettitudine – le giunge voce dei fastosi progetti del futuro marito, fra catering e piscine: i pescatori del posto sbeffeggiano il vecchio riccone per la sua mancanza di arguzia mentre Joan tenta stoicamente di difenderlo, sostenendo la modernità e l’agiatezza del suo ceto.
Così si scorge, dietro la miseria dei villaggi, l’impronta di una seconda Scozia, la Scozia dei ricchi colonizzatori, di coloro che usurpano castelli e ne fanno dimore da vacanze; una Scozia calpestata e straziata dai potenti e dai paganti. Bellenger, schermato da trenta minuti di mare in tempesta, è un’invisibile e odiosa sentinella: tanto vicino e tanto distante dal cuore, ridimensionato dai discorsi di chi l’ha dovuto accettare come “padrone”. A Joan non rimane che riflettere e interrogare il maestrale.
Un vero braccio di ferro fra ceti sociali dove Joan è il fragile ago della bilancia: tornerà a testa bassa al suo futuro di ricchezze o sceglierà coraggiosamente un presente semplice e genuino? Sarà una leggenda suggestiva a svelarcelo, ma occorrerà una tempesta e una vecchia ballata dal titolo “La ragazza coi capelli castani”.
Un'affascinante, aspra, imprevedibile commedia, disarmante nella sua tenerezza e avvincente come le favole marinaresche, a riconfermare l’ottima miscela di talento dei maestri Powell e Pressburger (i quali scrissero il soggetto dalla casa nel Devon, fuggendo alla guerra). Un gioiello che merita di essere riscoperto e amato dalla prima all’ultima scena. Si resta rapiti dalla dimensione di sogno e magia, di assenza gravitazionale, di lancette paralizzate attorno al racconto di un amore e di scoperta di territori fatati.
Che importa se piove? Noi sappiamo dove andare: questo film offre un ottimo riparo.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: I Know Where I'm Going!
Anno: 1945
Durata: 91'
Regia e sceneggiatura: Michael Powell, Emeric Pressburger
Fotografia: Erwin Hillier (con il nome Erwin Hiller)
Montaggio: John Seabourne Sr.
Musiche: Allan Gray (musiche originali)
Attori: Wendy Hiller, Roger Livesey, Pamela Brown, Finlay Currie