Spostiamoci in un altro piccolo paese, che sorge accanto a una miniera e vanta una decrepita stazione. Al binario c’è un ometto che attende il treno; quando gli chiedono “Aspetta qualcuno?” risponde “Aspetto una ragazza”. E sciacquatevi lo zucchero dalla bocca perché quell’uomo è il becchino e aspetta una ragazza che viaggia in una bara.
Si apre così questo film di Irving Pichel che la critica ha assalito. Con una scena gustosamente macabra, presagio di una storia dolce e amara. Il cadavere è quello di Olga Treskovna e ad accompagnarla c’è Bill Dunnigam, il fiore all’occhiello dei press agents di Hollywood: è interpretato dall’energico e torvo Fred MacMurray, sempre tagliato per ruoli che sfiorano la crudeltà. In questo caso Dunnigam sfoggia un cuore spezzato e una spiritualità silenziosa, senza accantonare l’abilità nel fare il suo sporco lavoro. Sarà lui a guidarci nella vita di Olga, attraverso una serie di lunghi flashback che terranno in caldo la curiosità. Ha riportato Olga al suo paese di origine e la svela poco alla volta, organizzando il funerale.
Vivida musa dei ricordi, Olga ha il volto di Alida Valli ed è un’aspirante ballerina di scarso talento condannata a rimediare ingaggi per spettacoli di poco conto. La Valli, in un ruolo meno ombroso del consueto, regala a Olga una bellezza quasi inconsapevole. Dunnigam non è immune a quel fascino e la nota durante le prove di un balletto. Così ci mette una buona parola, la salva dal licenziamento vestendo i panni del benefattore di passaggio e se ne va.
Trascorre un anno, è un nevoso Natale di solitudine per l’agente di Hollywood. Si ritrova a vagabondare nei pressi di un teatro e nota che il volto in locandina è quello della bella sconosciuta che ha salvato. Chiede di lei e la invita a uscire. Ospiti di un locandiere orientale, i due protagonisti si raccontano, gravitando in un’atmosfera di favola. Olga parla della fredda Polonia che l’ha vista nascere, del trasferimento al paese di minatori, del padre e del sogno di fare l’attrice. Canta in polacco per il suo esiguo pubblico, con una timidezza e una goffaggine insolita per una femme fatale del calibro della Valli. Sono scene d’amore inconfessato e appassionano per questo; non sono scatole dal doppiofondo, ma momenti di autentica felicità.
Mentre i ricordi scintillano negli occhi di Dunnigam, il paese accoglie la salma di Olga e non lo fa coi guanti, ma con il cieco bisogno di speculare. Il becchino, i preti, i suonatori, ognuno vuole ricavare la sua parte dal funerale di quella Olga che – nei ricordi dei compaesani - era solo la figlia di un minatore ubriacone. Frattanto Dunnigam incontra il giovane Padre Paul (Frank Sinatra) e con lui prosegue il dialogo delle memorie che vede protagonista la sconosciuta attrice polacca. Così si torna al passato di Olga e all’incapacità di Dunnigam di urlarle il proprio amore.
Dopo qualche modesto successo è proprio Dunnigam a procurarle il ruolo da protagonista per un film su Giovanna D’Arco: prima vera occasione per Olga di volare nel firmamento delle stelle Hollywoodiane che ha sempre sognato e occasione per una rivincita, per portare la gente che viene dalla miniera agli occhi del mondo. Il fato si divertirà a scrivere capitoli differenti.
Per quanto criticabile in alcuni passaggi, il film è stato stigmatizzato per lungo tempo e in maniera schiacciante. Oggi, ai nostri ingordi occhi vintage, è in realtà un piccolo collage di fotogrammi che si propone di indagare il mondo della spiritualità come poche altre pellicole. Olga è devota a San Michele, Dunnigam è posto di fronte a quesiti di fede. Grande insegnamento di cornice al film è il bisogno profondo dell’artista di giungere al grande pubblico e immolarsi per la propria passione, pur senza dimenticare le umili origini. C’è poi l’America ruvida e recalcitrante dei minatori, lo sciacallaggio non sempre condannabile dei giornali e le dure leggi di una Hollywood che calpesta i deboli.
Se anche voi siete fuggiti dal bar della vecchia inquisitrice criminale e volete passare qualche ora a commuovervi, troverete in questo film tutto il magnetismo di una storia d’amore semplice che nasce sotto la neve e finisce fra le campane.
Maria Silvia Avanzato
Sezione di riferimento: Vintage Collection
Scheda tecnica
Titolo originale: The Miracle of the Bells
Anno: 1948
Durata: 104 min
Regia: Irving Pichel
Soggetto: dal romanzo di Russell Janney
Sceneggiatura: Ben Hecht e Quentin Reynolds
Fotografia: Robert De Grasse
Montaggio Elmo Williams
Attori: Fred MacMurray, Frank Sinatra, Alida Valli, Lee J. Cobb, Charles Meredith