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DALLAS BUYERS CLUB - Diritto alla vita

29/1/2014

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Texas, 1985. Ron Woodroof (Matthew McConaughey) non è certo un eroe da romanzo. Tossicodipendente, puttaniere, omofobo, conduce la propria vita in modo dissoluto, nella vergogna malcelata delle azioni compiute dietro le porte serrate dei bagni pubblici. Difficile trovare una qualche empatia con lui. Texano da rodeo, cappello e stivali da cowboy, camminata da duro, ora Woodroof ha trovato un muro più alto di lui: l’HIV. Siamo negli anni ’80, il caso dell’attore Rock Hudson ha sconvolto l’America e ha creato un senso di panico e paura attorno all’AIDS, il tabù del secolo, il male inspiegabile che qualcuno si ostina a credere sia calato come una piaga biblica, una falce fatale sui miscredenti, gli immorali, i diversi.
Woodroof non accetta la spietata diagnosi: trenta giorni di vita. Woodroof sente in sé l’energia e la determinazione di non morire, di combattere contro l’inaccettabile data di scadenza. Il racconto fine-vita muta in una potente affermazione del diritto a esistere, a curarsi con i mezzi e le possibilità che la scienza, più o meno legale, può offrire.
Ron si trasformerà presto in consumatore e contrabbandiere di cure proibite fuori e dentro gli Stati Uniti, battendosi in ogni modo per il diritto alla cura, il diritto alla vita. Una battaglia politica prima che sanitaria. Una sfida culturale nell’America ristretta dell’ignoranza e della fobia. Ron non può farcela da solo, non può cambiare e forse non si aspetta nemmeno di cambiare il suo paese, ma, nella piccola rivoluzione che attua per la comunità di cui si fa portavoce, trova tanta partecipazione e affetto da trasformare se stesso e la percezione di sé, per prima cosa. Dalla prospettiva altra della malattia, Ron impara a incontrare le emozioni e l’umanità. Scopre un universo di anime escluse e abbandonate, ma non dome, persone che la società ha messo al bando come i reietti di un qualche dio ma che amano se stesse e la vita, cui corrono incontro con le braccia aperte e le mani tese al cielo. La conoscenza di Rayon (Jared Leto), transgender malato di AIDS, sarà il più importante e intenso legame di Ron, una figura poetica e illuminante, pura e ferita dalla crudeltà del mondo, il vero faro di umanità e bellezza in un racconto sempre molto ancorato alla verità biografica e alla realtà dei fatti.
Ron e Rayon rappresentano a un tempo la forza e la debolezza della propria epoca. Forza per la determinazione a sopravvivere, debolezza per la voragine che la società tutta - non solo quella degli anni ’80 - crea attorno alle storie di solitudine, malattia ed emarginazione. Quella di Ron è una storia vera di rivincita umana contro le bigotte leggi dei ‘benpensanti’ ma soprattutto contro l’idea di impossibile nella concezione del pensiero convenzionale. Ron vivrà ancora per sette anni dal giorno della diagnosi. Non trenta giorni.
Dallas Buyers Club è un lavoro rigoroso. Completamente spogliato di sentimentalismi e stereotipi, della retorica abusata della lacrima facile, il film è tagliato dal regista Jean-Marc Vallée come un atto d’accusa, tristemente valido ancora oggi, un dramma sociale coinvolgente ma costruito a tesi. Somigliante per certi versi a Puncture con Chris Evans (incentrato sulla sanità americana), il film conta su una sceneggiatura dinamica e intelligente, ma non sarebbe in prima linea nelle candidature agli Oscar senza le performance di Matthew McConaughey e Jared Leto. Inutile girarci intorno, il successo di questo piccolo film è tutto lì. Se ne parla dallo scorso anno, quando cominciarono a circolare sui magazine le prime foto di uno smagrito e irriconoscibile McConaughey: l’attore carismatico che è sempre stato (basti pensare a Frailty) trova ora anche l’attenzione della critica più snob. Killer Joe ne ha forse svelato il talento, con la benedizione del maestro Friedkin, ma lui è stato anche la parte migliore di Magic Mike, con l’autoironica interpretazione dello stripper tamarro.
Dallas Buyers Club arriva a consacrare una carriera da star in cui, come spesso accade, per dimostrare il suo valore McConaughey ha dovuto cercare una nuova corporeità. La sua è una performance poderosa, paradossalmente molto fisica, che acquista ancor più valore tanto è legata a quella delicata di Jared Leto. Interprete sensibile, trasformista da palcoscenico ma anche capace di incarnare lo spirito del personaggio, Leto è la vera sorpresa. Il suo Rayon ricorda molto l’Angel del musical Rent, angelo custode che mantiene intatta la sua purezza e dona amore a chi entra nella sua orbita. Struggente quando indossa i panni del figlio respinto. Il non voluto. Una piuma di poesia.
Sarebbe comunque riduttivo giudicare le interpretazioni soltanto pesando i chili persi dagli attori sulla bilancia; il film dipende dai suoi attori, ma Vallée vi ricama attorno un impercettibile argine: il confine è la storia, la realtà, la verità. Questa è la strada netta dell'opera, il percorso entro il quale si muovono gli outsider, interpreti dell’altro e di sé, sorprendenti e ispirati.

Francesca Borrione

Sezione di riferimento: Film al Cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Dallas Buyers Club
Regia: Jean-Marc Valléè
Sceneggiatura: Craig Borten, Melisa Wallack
Montaggio: John Mac McMurphy (pseudonimo di Jean-Marc Vallée), Martin Pensa
Fotografia: Yves Bélanger
Interpreti: Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Denis O’Hare, Steve Zahn
Anno: 2013
Durata: 116 min.
Distribuzione in Italia: 30 gennaio 2014

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