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SULLY - Restare umani

9/12/2016

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Sembrano già lontani i tempi in cui il cinema americano rileggeva a modo suo la tragedia dell’11 settembre, almeno da La guerra dei mondi di Spielberg in poi. Dopo un decennio, quello degli anni Novanta, trascorso prevalentemente ad esorcizzare la paura per la catastrofe (che di lì a breve sarebbe effettivamente avvenuta), attraverso un utilizzo di effetti speciali man mano sempre più pionieristico nel mettere in scena la distruzione dei simboli iconografici degli Stati Uniti (per mano di alieni, meteoriti e quant’altro), una volta compiutasi realmente la sciagura sono rimasti solamente lo sgomento e l’impotenza. 
Oggi invece, a dispetto di una contemporaneità che sembra fare di tutto pur di allontanare qualsiasi desiderio di ottimismo, sul grande schermo è ricomparsa una gran voglia di rimboccarsi le maniche e di far fronte al futuro, accettando il passato più prossimo come punto di partenza da cui ricominciare. Insieme. E allora, ad esempio, ritorna alla mente il bellissimo The Walk di Robert Zemeckis, ancor più del suo Flight (nonostante le ovvie analogie tematiche), ovvero il film in cui il World Trade Center viene rappresentato come luogo della memoria, vivo e presente, e non più come mausoleo; quello in cui la CGI viene utilizzata non per distruggere bensì per ricreare, ricostruire, e questo è già di per sé un risultato straordinario. 

Clint Eastwood dal canto suo riparte proprio dall’immaginario della tragedia, e lo fa in una maniera che più esplicita non si potrebbe: non è quindi un caso che il film cominci con gli incubi del protagonista, nei quali vediamo un aereo di linea sfrecciare attraverso i grattacieli di New York prima dell’inevitabile schianto. Ma quello che stava per trasformarsi nell’ennesimo evento da ricordare con il lutto al braccio si trasforma in una grande storia americana: la mattina del 15 gennaio 2009 il volo US Airways 1549 proveniente dall’aeroporto La Guardia compie un eroico ammaraggio sul fiume Hudson, dopo la collisione con uno stormo di uccelli che ne aveva mandato in avaria i motori. “Sai, era da un po' che New York non aveva notizie così buone” dicono al protagonista dopo il mancato compimento del disastro, e in queste parole è racchiuso tutto l’umanesimo di un film che guarda al futuro con inusitata speranza, dettata in primo luogo dalla nostra natura di esseri umani.  
Questa è l’America più bella, ed è tale non per partito preso o per chissà quale buonismo, ma in quanto il cambiamento stavolta viene reso possibile da chi lo insegue con fede e tenacia, attraverso le proprie azioni. Perché, forse insieme solamente a Michael Mann, Clint Eastwood è l’autore che più di tutti gli altri, nella Hollywood contemporanea, mette l’Uomo al centro della sua opera: l’Uomo con le sue scelte e le conseguenze che ne derivano, gli unici parametri in grado di stabilirgli di diritto un posto nel mondo. E questa posizione deriva anche dall’aderenza a un ruolo e a un’uniforme: dopo aver appreso che tutti i 155 passeggeri a bordo dell’aereo sono stati portati in salvo, Sully si lascia sopraffare da un breve e contenuto moto d’orgoglio, non prima di essersi rimesso la cravatta attorno al collo, simbolo della sua appartenenza e devozione a un mestiere che lo identifica non come un numero, bensì come essere umano. E ancora, poco dopo: accolto trionfalmente in albergo, chiede al personale di servizio di poter lavare a secco la propria divisa. Forse il vero Sullenberg non ha mai detto nulla di simile nella realtà, o forse sì, chissà: ma il Sully di Eastwood e Tom Hanks sì, e la differenza sta tutta qui. 
Ecco, è in questi gesti, apparentemente banali e insignificanti, che si trova tutto un universo e tutto un uomo. Il fattore umano, esplicitato pure nei dialoghi, come quei 35 secondi che separano le decisioni umane dalla fredda e calcolatrice (nonché opportunistica) simulazione al computer, è il dettaglio che più di tutti riesce a dare un senso all’intero film, come il gesto fulmineo di un poliziotto che sistema la coperta della Croce Rossa sulla schiena di uno dei superstiti dopo il salvataggio: un momento brevissimo, ma che l’occhio di Eastwood cattura e immortala con tutta la passione possibile. 
Ogni cosa è così semplice, in Sully, che si fa persino fatica a credere che sia reale: un cinema così vero, diretto e cristallino, lontanissimo da qualsiasi estremismo autoriale, che riesce in un attimo a raggiungere il cuore delle cose. Anche questa è una lezione di vita, oltre che di stile: prendiamone esempio, tutti. 

Giacomo Calzoni

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Sully
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Todd Komarnicki
Attori: Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Linney, Anna Gunn, Autumn Reeser, Ann Cusack, Mike O’Malley
Anno: 2016    
Durata: 96’
Fotografia: Tom Stern
Musica: Clint Eastwood
Uscita italiana: 1 dicembre 2016 

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