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QUESTIONE DI TEMPO - Into my arms, oh love

7/11/2013

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Il giovane Tim scopre che gli uomini della sua famiglia possono viaggiare indietro nel tempo. È una rivelazione sensazionale, che gli permette non tanto di “poter tornare nel passato per uccidere Hitler o farsi Elena di Troia” ma di riscrivere, anche nell’immediato, frammenti della propria vita vissuta alla luce di una ritrovata consapevolezza. La userà per riconquistare la donna della sua vita, Mary, ma in più di un’occasione le cose si complicheranno terribilmente, evidenziando tutta la preziosità non modificabile di un quotidiano da vivere integralmente, nei doni come nelle privazioni che esso presenta sul piatto.
Richard Curtis è un mago. La sua penna sopraffina ha sfornato negli anni delle commedie romantiche divenute cult imperituri (Notting Hill, Quattro matrimoni e un funerale e il corale Love Actually, da lui anche diretto), simboli generazionali di un nuovo modo di intendere la comicità britannica. Se soprattutto i primi due titoli citati si piegavano in parte a esigenze più mercantili che hanno sicuramente contribuito ad amplificarne il successo mondiale (avere a bordo i sex symbol del momento non è mai cosa da poco), è proprio col suo ultimo Questione di tempo, progetto a lungo sognato e caldeggiato, che Richard Curtis realizza il suo film più personale e sentito, quello su cui lavorava da una vita, rimaneggiando a intervalli regolari una sceneggiatura in cui molte scene (attenzione al ruolo narrativo che riveste la spiaggia) tradiscono un autobiografismo di ritorno meravigliosamente palese.
Tutto ciò, innegabilmente, si fa sentire eccome: l’elettrizzante calore umano della scrittura dà vita a un’opera che trova un ritmo notevole anche nelle ripetizioni e allitterazioni cui va incontro, soprattutto in una seconda parte che per forza di cose pare meno impressionante della prima, meno in grado di rapire con la sua girandola di trovate eleganti e divertenti (basterebbe la passione di Rachel McAdams per Kate Moss e ciò che ne deriva per assicurare un paio di sani rotolamenti sulla poltrona). Ma si tratta di un appunto assolutamente relativo: il film di Curtis, a partire da escamotage fantascientifici piuttosto consueti misti a un’idea corposa e a tutto campo di rom-com, riesce a battere sentieri nuovi e ad estrapolare una serie di formule sorprendenti da ciò che in teoria sembrerebbe codificato se non bollito, di sicuro non in grado di travolgere lo spettatore con la forza singolare e inedita che Questione di tempo riesce a infondere. Il merito è della limpidezza letteraria dei dialoghi, di un film nel suo piccolo coraggioso che sogna insieme allo spettatore e insieme a lui sembra stupirsi delle piccole grandi cose della vita, non mancando di concedersi tutto e il contrario di tutto: si pensi anche solo alla licenza di sospendere la visione, per un margine di tempo non così breve, nello spazio buio di un’inquadratura oscurata in cui sentiamo solo i dialoghi.
Tutto legittimato, tutto giustificato. A dominare è il luminoso gusto romanzesco della sceneggiatura, che trova nel realismo magico la sua cifra migliore e più brillante. Il risultato è un valzer organico di sentimento e commozione, così coinvolgente che in più punti Questione di tempo dà la piacevole e confortevole sensazione di trovarsi di fronte a una sorta di auto-film, a una storia così necessaria che potrebbe anche essersi trasferita sul grande schermo coi propri soli piedi (a riprova di quanto il taglio in parte surreale scelto da Curtis, non senza qualche rischio, funzioni che è una meraviglia).
Che si tratti di una delle migliori commedie della stagione non c’è dubbio, visto l’esemplare funzionamento ad orologeria di tutte le sue componenti. A cominciare dai caratteristi, dal drammaturgo beone e insopportabile interpretato dal sempre bravo Tom Hollander all’attore feticcio di Curtis Bill Nighy, una vera forza della natura nei panni in questo caso del padre di Tim. I suoi scambi di battute col figlio, in particolar modo nella parte finale, la più commossa e riflessiva, costituiscono una delle vette assolute del film. Piccoli gioielli di drammaticità buffa e profonda in cui, anche grazie a un paio di snodi sorprendenti, si propongono interrogativi universali senza farli sembrare retorici, grazie a una non banalità di fondo scanzonata e umoristica ma sempre a fior di lacrima.
Vien poi da pensare che a Rachel McAdams i film sul tema “viaggio nel tempo” debbano allettare non poco: ma se Time Traveller’s Wife sfiorava lo scult irriguardoso, qui anche i momenti potenzialmente più rischiosi (il matrimonio sulle note de Il mondo di Jimmy Fontana, “un italiano con un gatto morto in testa”!) diventano capolavoro. Quando si dice un film baciato dalla grazia.

Davide Eustachio Stanzione

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: About Time
Anno: 2013
Regia: Richard Curtis
Sceneggiatura: Richard Curtis
Fotografia: John Guleserian
Musiche: Nick Laird-Clowes
Durata: 123 minuti
Attori principali: Domhall Gleeson, Rachel McAdams, Bill Nighy, Tom Hollander

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