ORIZZONTI DI GLORIA - La sfida del cinema di qualità
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BEFORE MIDNIGHT - Il potere della parola

30/10/2013

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Sono passati quasi vent'anni, diciotto per la precisione, da quel primo romantico incontro tra Jesse e Céline. Era il 1995, a Vienna, e Prima dell'alba rappresentava l'inizio di una trilogia fortunatissima in cui sguardi, sorrisi e fiumi di parole sono i veri protagonisti, in un confronto continuo ed incessante tra due mondi, quello maschile e femminile, che si richiamano e respingono vicendevolmente. Nove anni dopo, nel 2004, sarebbe stato il turno di Prima del tramonto, ambientato a Parigi, ad offrire nuovi ed inaspettati sviluppi al rapporto tra i protagonisti sempre, e magnificamente, interpretati da Ethan Hawke e Julie Delpy.
Oggi, sullo sfondo di una Grecia senza tempo, Richard Linklater torna nelle sale cinematografiche italiane con Before Midnight, il terzo atto di questo trittico intelligente ed affascinante. Il regista statunitense ci regala – ed è proprio il caso di dirlo – un'opera perfetta che, sospinta da perizia e poesia, permette al fruitore di confrontarsi nuovamente con le ansie e le speranze di Jesse e Céline.
La vicenda inizia all'aeroporto di Kalamata dove Jesse, romanziere di successo, saluta il figlio Hank che si prepara a tornare dalla madre negli Stati Uniti. Céline è fuori ad aspettarlo assieme a due stupende bambine bionde: Ella e Nina. Lo spettatore apprende così che molto è accaduto dagli eventi di Parigi di nove anni prima: “i nostri” non si sono più lasciati e hanno deciso di proseguire le loro vite insieme, senza lasciare al caso la possibilità del loro amore. Jesse continua a scrivere romanzi e Céline è un'attivista ambientale in procinto di cambiare lavoro. Entrambi sono in vacanza negli stupendi e remoti paesaggi del Peloponneso. Lontani dalla modernità e calati nei luoghi dove la civiltà è nata e prosperata, «parlano ancora tra di loro e ancora ridono insieme».
Per un tipo di cinema in cui la parola sovrasta l'azione, e la cui verbalità è protagonista assoluta – scansando ogni pericolo di verbosità –, la scelta della Grecia come skené sembra la più appropriata: Linklater crea un gioco continuo e parossistico di parole, frasi e battute sarcastiche che si scontra con l'atrofia del linguaggio cinematografico, tipico della “trilogia di Jesse e Céline” ma anche di Slacker o Waking Life. Ancora una volta, la fissità della macchina da presa costringe la coppia a scavarsi dentro, a raggiungere momenti di stallo e di crisi.
Se Prima dell'alba era il film della passione giovanile sfrenata e vitale, e in Prima del tramonto vi erano le prime problematiche di una generazione ormai appartenente ai trent'anni, Before Midnight offre allo spettatore momenti di duro confronto, in cui, ormai quarantenni, i nostri protagonisti sono chiamati a fare i conti con le ansie e le aspettative che ricadono su di loro. «La Grecia – come afferma Linklater – ha un qualcosa di unico. Ritroviamo Jesse e Céline come in un paradiso: stanno insieme, Jesse scrive i suoi libri, Céline è un’ambientalista, hanno dei bambini. Insomma, parecchio di quello che probabilmente desideravano lo hanno realizzato. Eccoli dunque in vacanza d’estate in questo luogo idilliaco, dove però non è tutto perfetto: non lo è mai».
Il contesto greco della Messenia offre anche la possibilità di spogliare l'ambiente da tutti i sottotesti sociali, civili ed economici, con lo scopo primario di liberare e rendere le relazioni interpersonali che corrono tra tutti i personaggi pure e rilassate. Un tipico luogo di vacanza quindi, etimologicamente parlando, di assenza delle istituzioni, in cui anche quella familiare indebolisce le proprie trame in favore di una libertà necessaria. Questa libertà, però, non è pienamente goduta da Céline, che è ingabbiata nel ruolo di compagna e madre da una parte e lavoratrice e donna in cerca d'affermazione dall'altra. Diventa quindi impossibile per lei godersi buona parte del viaggio e sopratutto la notte in albergo con massaggi di coppia inclusi – costoso e romantico regalo da parte di amici –; la realtà quotidiana irrompe prepotentemente costringendo Jesse a mostrare tutta la sua comprensione e il suo amore.
Before Midnight è così un film tipicamente ascrivibile alla poetica di Linklater, la cui filmografia è stata sempre palcoscenico per personaggi più attenti all'evoluzione psicologica che all'azione vera e propria. Molte sono infatti le risposte positive e concrete al quesito se, nel cinema, l'azione possa essere sostituita dalla parola. Linklater, nella sua arte filmica così vicina alla vita, e con una pratica ormai assodata, mette letteralmente in scena la parola, prendendo le distanze dagli estremi in cui, spesso, il mezzo cinematografico sembra imprigionato: il “visualismo” estetizzante e l'obbligo di raccontare una storia. In ultima istanza la parola, di nuovo, è assunta in tutta la sua materialità, diventando nello stesso tempo veicolo e oggetto dell'azione.

Emanuel Carlo Micali

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Before Midnight
Anno: 2013
Regia: Richard Linklater
Sceneggiatura: Richard Linklater, Ethan Hawke, July Delpy
Fotografia: Christos Voudoris
Musiche: Graham Reynolds
Durata: 109’
Uscita in Italia: 31 ottobre 2013
Attori principali: Ethan Hawke, July Delpy, Seamus Davey-Fitzpatrick

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GLORIA - Il tramonto può attendere

15/10/2013

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Vivere a 58 anni. Inseguire il tempo, fermarlo, divorarlo come se non ci fosse un domani. Sorridere, lottare, ballare. Sentirsi giovani nell'anima, con dignità, a testa alta. Anche se qualcuno ti chiama “vecchia stronza” e qualcun altro invece non ti chiama proprio perché ha altro a cui pensare e tu ormai conti poco o nulla. Fregarsene, assorbire, rialzarsi sempre. Essere forti, belli, pronti. Bere, fumare, scopare, amare. Non smettere mai di cercare.
Gloria è separata da almeno un paio di lustri. Ha un figlio anche lui in rottura con la propria fidanzata, e una figlia in procinto di lasciare il Cile per trasferirsi dal nuovo fidanzato che vive in Svezia. Gloria si trucca, si veste, si spoglia. Frequenta corsi di yoga, accudisce un nipotino, canta mentre guida. La sera indossa abiti sgargianti e va nei locali, si guarda intorno, incontra uomini di mezza età che rimangono basiti di fronte al suo fascino eterno. Gioca con gli occhi e le parole. Trasmette allegria, volontà, carisma. Conosce un uomo frenato da una ingombrante famiglia da cui fatica a staccarsi, inizia con lui una relazione importante, consuma il sesso e l'amore affogando ogni presunta limitazione riguardante l'età. Ci crede, ci crede davvero, anche se la realtà non è facile, i problemi bussano alla porta, le incomprensioni sono dietro l'angolo. Ma lei non si abbatte, spreme il suo dolore e si rimette in moto, ancora una volta. Ci sono comunque una festa a cui partecipare, un bacio da condividere, una famosa canzone da urlare al cielo. Oltre le barriere e le apparenze, per catturare e consumare quell'attimo che non può più fuggire.
Premiato a Berlino, proiettato in Piazza Grande a Locarno 66, candidato all'Oscar nella categoria non in lingua inglese e per fortuna approdato nei cinema italiani grazie alla sempre attenta Lucky Red, il film di Sebastián Lelio dipinge con accuratezza e profondità di tono uno dei migliori ritratti al femminile visti negli ultimi anni. Il suo lavoro si regge sulle fortissime spalle di Paulina Garcia, presente in ogni inquadratura, totem di straordinaria bravura a cui sin dal primo istante si rivolge con pieno merito l'empatia dello spettatore. Nell'irresistibile sorriso di Gloria/Paulina esplode la rappresentazione emotiva di una donna per la quale l'età che avanza inesorabile è un nemico da trattare con distacco, freddezza, noncuranza. I colori che anticipano la terza età accolgono sfumature sorprendenti, collocandosi in una tavolozza d'incredibile luminosità in cui ogni ferita si può rimarginare, con l'entusiasmo di chi si sente più forte di qualsiasi muro temporale.
Anche se i figli sono ormai distanti, anche se il nuovo compagno ha troppa paura dell'oggi per pensare a un futuro, Gloria ride in faccia al non-posso, sbatte in un angolo i mostri della solitudine, alza le braccia verso l'alto scuotendo le sorprese della quotidianità.
Lelio guarda con malcelata ammirazione la splendida protagonista di cui dispone, la insegue e la morde, dedicandosi a una regia attenta che si lascia peraltro ingolosire da qualche sovrastruttura non necessaria e da qualche sottolineatura di troppo (il risveglio in spiaggia dopo i bagordi della notte, il pavone bianco); i piccoli difetti in ogni caso non inficiano la riuscita complessiva di un film da cui è impossibile rimanere distanti. Troppo brava la Garcia, che si esibisce anche in coraggiosi nudi integrali privi di pudore e ingloba su di sé lo schermo intero con disarmante eterogeneità interpretativa (nonostante i limiti di fruizione imposti dal solito, fastidioso e insufficiente doppiaggio). 
In un Cile che “sembra ormai il fantasma di se stesso, una copia sbiadita di ciò che era”, Gloria/Paulina attacca il mondo con fremente eccitazione; soltanto per un istante, verso la fine, la vediamo con il vero volto di una cinquantottenne, dal parrucchiere, in un bellissimo primo piano che ne evidenzia le rughe. Per tutto il resto del film lei è la donna-bambina che galleggia nello zucchero filato, la Musa che annichilisce gli uomini con la sua dirompente allegria, la sagoma che a seconda dei casi respinge i fallimenti oppure accetta di accoglierli per poi usarli a proprio vantaggio e ripartire di slancio.
Nell'infinita vitalità di Gloria c'è una lezione da cui tutti riemergiamo un po' più sapienti: non smettere mai di abbracciare la linfa del presente. Per pensare al tramonto c'è sempre tempo. Più in là.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Gloria
Anno: 2013
Durata: 110 min
Regia: Sebastián Lelio
Sceneggiatura: Gonzalo Maza e Sebastián Lelio
Fotografia: Benjamín Echazarreta
Montaggio: Sebastián Lelio e Soledad Salfate
Scenografia: Marcela Urivi
Attori: Paulina García, Sergio Hernández, Diego Fontecilla, Fabiola Zamora

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LO SCONOSCIUTO DEL LAGO - Morte nell'Amore

11/10/2013

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Uomini. Alla ricerca di sesso, libertà, amore, svago, compagnia, condivisione. La sponda di un lago, una spiaggia da sogno, un parcheggio, un sentiero tra i boschi. Ogni giorno, per tutta l'estate, lo stesso rituale, distesi al sole, a nuoto nell'acqua limpida, e poi tra gli alberi, a consumare la propria emancipazione. Franck, tenero come un cucciolo, ancora capace di affezionarsi davvero nonostante le amarezze già accumulate negli anni; Michel, muscoli e bellezza, adone possessivo a cui è davvero difficile resistere; Henri, uomo di mezza età reduce da una profonda delusione sentimentale, in disparte dagli altri e da se stesso, combattuto tra desiderio e rassegnazione. Intorno a loro amici, conoscenti, figure saltuarie, tutti accomunati dal quel luogo da favola in cui godere di un piccolo mondo staccato dalle convenzioni e dalle discriminazioni.
Uomini. Davanti e dentro il lago, e poi appena più in su, nel verde; quadri in movimento, cacciatori in cerca di preda e consenzienti prede in attesa di un'eccitante cattura. Partecipare, attivi o passivi, oppure soltanto guardare: esserci, in un modo o nell'altro. Un'orgia di sensazioni e voluttà, orgasmi bramati e reiterati; fino a quando, al termine di un tramonto come tanti, l'occhio vede un qualcosa che mai avrebbe voluto vedere: un omicidio. Da lì in poi tutto cambia, o forse nulla, perché l'amore sa essere più forte della paura.
Dopo lo straniante Le roi de l'évasion, Alain Guiraudie realizza un film destinato a scatenare scandali e polemiche, cosa che si è infatti puntualmente avverata sin dalla sua comparsa in patria. Premiato a Cannes nella sezione Un Certain Regard, Lo sconosciuto del lago è un labirinto icastico racchiuso negli spazi aperti di quella fetta di terra; un Eden macchiato dal sangue della gelosia, in cui divinità aitanti e virili entrano ed escono dall'acqua, si guardano, si osservano, si cercano, si studiano, si baciano, sino a fondere i loro corpi caldi, per poi risalire sulle auto e tornare alle rispettive vite, nelle quali purtroppo la presunta diversità è ancora un limite da nascondere.
L'opera di Guiraudie sfrutta la straziante bellezza scenografica a propria disposizione (il film è stato girato presso il lago di Sainte-Croix, nell'alta Provenza) senza peraltro (s)cadere in miseri scenari da cartolina. L'autore dipinge un ritratto d'alta scuola in cui esplodono colori, umori e sfumature, collocando i suoi attori alla stregua di piccoli intarsi abili a completare la stupefacente ricchezza pittorica dell'insieme. L'inconnu du lac affonda nelle tematiche queer scaraventando via ogni bieca forma di retorica, sfiora di tanto in tanto i toni da commedia, regala commoventi e dolorosi squarci di solitudine e sentimento, e riesce addirittura a tramutarsi in una sorta di giallo hitchcockiano, miscelando gli ingredienti di una mistura tanto improbabile sulla carta quanto concreta ed equilibrata nella pratica.
Genitali in bella mostra, amplessi furiosi, penetrazioni anali, fellatio, eiaculazioni, tutto al maschile: Guiraudie non si fa mancare nulla; qualcosa (non molto) si vede perfino in dettaglio, il resto si intuisce. Se all'alba del 2013 qualcuno ancora si sente scandalizzato da immagini di questo tipo, meglio dirigersi altrove; in fondo esistono pur sempre le rassicuranti e lobotomizzanti fiction televisive a cui appoggiarsi. Altrimenti è arduo non restare ammaliati di fronte a una delle esperienze cinefili più imprevedibili, appassionanti e magnetiche dell'anno.
Va senz'altro sottolineata la duplice scelta pregevole compiuta dalla Teodora, che ha deciso di azzardare l'approdo nelle sale di un film evidentemente non per tutti, proponendolo oltretutto in lingua originale con i sottotitoli. Ora non sappiamo con certezza se quest'ultima opzione sia stata suggerita da una precisa scelta etica, o se si è soltanto deciso di risparmiare sul doppiaggio per un titolo destinato comunque a sparire dai cinema in poco tempo, per lasciare campo libero alle insulse commediole italiche distribuite in 400 copie. 
In qualsiasi caso onore a chi si è preso questo rischio, e una volta di più onore allo stesso Guiraudie, capace di sezionare le complesse dinamiche dell'omosessualità meglio di tantissimi altri, riuscendo perfino a trovare il coraggio di affrontare il buio dello schermo, con scene notturne realizzate sfruttando la (non) luce naturale.
Proprio lì, nel buio, Franck, Henri e Michel giocano l'ultima partita del loro triangolo; si cercano, si trovano, si perdono, brancolando insieme a noi verso la morte e verso l'amore.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: L'Inconnu du lac
Anno: 2013
Durata: 97'
Regia: Alain Guiraudie
Sceneggiatura: Alain Guiraudie
Fotografia: Claire Mathon
Montaggio: Jean-Christophe Hym
Attori: Pierre Deladonchamps, Christophe Paou, Patrick Dassumçao

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