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GLORIA - Il tramonto può attendere

15/10/2013

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Vivere a 58 anni. Inseguire il tempo, fermarlo, divorarlo come se non ci fosse un domani. Sorridere, lottare, ballare. Sentirsi giovani nell'anima, con dignità, a testa alta. Anche se qualcuno ti chiama “vecchia stronza” e qualcun altro invece non ti chiama proprio perché ha altro a cui pensare e tu ormai conti poco o nulla. Fregarsene, assorbire, rialzarsi sempre. Essere forti, belli, pronti. Bere, fumare, scopare, amare. Non smettere mai di cercare.
Gloria è separata da almeno un paio di lustri. Ha un figlio anche lui in rottura con la propria fidanzata, e una figlia in procinto di lasciare il Cile per trasferirsi dal nuovo fidanzato che vive in Svezia. Gloria si trucca, si veste, si spoglia. Frequenta corsi di yoga, accudisce un nipotino, canta mentre guida. La sera indossa abiti sgargianti e va nei locali, si guarda intorno, incontra uomini di mezza età che rimangono basiti di fronte al suo fascino eterno. Gioca con gli occhi e le parole. Trasmette allegria, volontà, carisma. Conosce un uomo frenato da una ingombrante famiglia da cui fatica a staccarsi, inizia con lui una relazione importante, consuma il sesso e l'amore affogando ogni presunta limitazione riguardante l'età. Ci crede, ci crede davvero, anche se la realtà non è facile, i problemi bussano alla porta, le incomprensioni sono dietro l'angolo. Ma lei non si abbatte, spreme il suo dolore e si rimette in moto, ancora una volta. Ci sono comunque una festa a cui partecipare, un bacio da condividere, una famosa canzone da urlare al cielo. Oltre le barriere e le apparenze, per catturare e consumare quell'attimo che non può più fuggire.
Premiato a Berlino, proiettato in Piazza Grande a Locarno 66, candidato all'Oscar nella categoria non in lingua inglese e per fortuna approdato nei cinema italiani grazie alla sempre attenta Lucky Red, il film di Sebastián Lelio dipinge con accuratezza e profondità di tono uno dei migliori ritratti al femminile visti negli ultimi anni. Il suo lavoro si regge sulle fortissime spalle di Paulina Garcia, presente in ogni inquadratura, totem di straordinaria bravura a cui sin dal primo istante si rivolge con pieno merito l'empatia dello spettatore. Nell'irresistibile sorriso di Gloria/Paulina esplode la rappresentazione emotiva di una donna per la quale l'età che avanza inesorabile è un nemico da trattare con distacco, freddezza, noncuranza. I colori che anticipano la terza età accolgono sfumature sorprendenti, collocandosi in una tavolozza d'incredibile luminosità in cui ogni ferita si può rimarginare, con l'entusiasmo di chi si sente più forte di qualsiasi muro temporale.
Anche se i figli sono ormai distanti, anche se il nuovo compagno ha troppa paura dell'oggi per pensare a un futuro, Gloria ride in faccia al non-posso, sbatte in un angolo i mostri della solitudine, alza le braccia verso l'alto scuotendo le sorprese della quotidianità.
Lelio guarda con malcelata ammirazione la splendida protagonista di cui dispone, la insegue e la morde, dedicandosi a una regia attenta che si lascia peraltro ingolosire da qualche sovrastruttura non necessaria e da qualche sottolineatura di troppo (il risveglio in spiaggia dopo i bagordi della notte, il pavone bianco); i piccoli difetti in ogni caso non inficiano la riuscita complessiva di un film da cui è impossibile rimanere distanti. Troppo brava la Garcia, che si esibisce anche in coraggiosi nudi integrali privi di pudore e ingloba su di sé lo schermo intero con disarmante eterogeneità interpretativa (nonostante i limiti di fruizione imposti dal solito, fastidioso e insufficiente doppiaggio). 
In un Cile che “sembra ormai il fantasma di se stesso, una copia sbiadita di ciò che era”, Gloria/Paulina attacca il mondo con fremente eccitazione; soltanto per un istante, verso la fine, la vediamo con il vero volto di una cinquantottenne, dal parrucchiere, in un bellissimo primo piano che ne evidenzia le rughe. Per tutto il resto del film lei è la donna-bambina che galleggia nello zucchero filato, la Musa che annichilisce gli uomini con la sua dirompente allegria, la sagoma che a seconda dei casi respinge i fallimenti oppure accetta di accoglierli per poi usarli a proprio vantaggio e ripartire di slancio.
Nell'infinita vitalità di Gloria c'è una lezione da cui tutti riemergiamo un po' più sapienti: non smettere mai di abbracciare la linfa del presente. Per pensare al tramonto c'è sempre tempo. Più in là.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Gloria
Anno: 2013
Durata: 110 min
Regia: Sebastián Lelio
Sceneggiatura: Gonzalo Maza e Sebastián Lelio
Fotografia: Benjamín Echazarreta
Montaggio: Sebastián Lelio e Soledad Salfate
Scenografia: Marcela Urivi
Attori: Paulina García, Sergio Hernández, Diego Fontecilla, Fabiola Zamora

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