A un certo punto Iraj riceve la chiamata per il fronte, e la situazione precipita. Una volta partito, l'uomo telefona alla moglie per chiederle di lasciare una Teheran ormai insicura, ma Sideh non vuole abbandonare la capitale per andare a vivere dai genitori del marito. Il suo atteggiamento crea qualche incomprensione con Iraj, che la supplica di pensare al bene della figlia. Come se non bastasse, la bambina di notte si sveglia terrorizzata a causa dei racconti di Mehdi, un ragazzino vicino di casa che ha perduto entrambi i genitori in guerra. Traumatizzato, non proferisce parola, anche se Dorsa sostiene che proprio Mehdi le ha sussurrato in un orecchio che stanno arrivando i jinn*. La razionale Sideh, che non crede alle creature soprannaturali della tradizione popolare, sottovaluta le paure della piccola.
*I jinn sono entità soprannaturali appartenenti alla cultura preislamica (pur essendo menzionati nel Corano, che li definisce spiriti, spiritelli, demoni). Paragonabili anche ai geni e ai folletti, sono di solito creature potenti e maligne. In Under the Shadow, una vicina di casa riferisce a Sideh che se un jinn si appropria di un oggetto personale, non si potrà mai più sfuggirgli, perché questi saprà sempre dove rintracciare l'uomo o la donna a cui l'oggetto stesso appartiene.
Il loro rapporto si complica ancora di più il giorno in cui, mentre sta tentando di ascoltare le poche notizie attendili dalle disturbate frequenze di una radio straniera, la figlia le si avvicina per giocare. Stressata, frustata e sotto pressione, la donna finisce tuttavia per innervosirsi e la tratta in malo modo, strappandole dalle mani l'amatissima bambola Kima. Forse è un gesto di poco conto, ma l'episodio rappresenta in realtà un punto di svolta per l'intera vicenda.
Quando infatti un missile colpisce l'ultimo piano del loro palazzo (causando un morto), gli inquilini cominciano a partire in massa. Dorsa, che durante l'attacco ha perso i sensi, si sveglia urlando, raccontando di aver visto i jinn, penetrati in casa portati dall'arma che ha sfondato il tetto. Sideh si arrende e decide di fuggire da Teheran, ma Kima non si trova da nessuna parte e la bambina si rifiuta di andarsene senza bambola. Disperata per la scomparsa, Dorsa si ammala, non dorme, convinta che uno spirito abbia rapito il suo giocattolo preferito. Per di più accusa la madre, che ancora si ostina a non crederle e che si è rivolta invece a un amico medico per un parere scientifico, di non volerla aiutare nella ricerca. Giunge però il momento in cui la razionalità non è in grado di spiegare quanto accade intorno a sé e, meglio tardi che mai, anche a Sideh capita di percepire, e di notare, inquietanti presenze soprannaturali nell'appartamento, come una figura avvolta in un chador: una signora (così la chiama Dorsa), che le appare se è sola in casa, per parlarle di Kima.
Nel frattempo il condominio si è svuotato, non vi rimangono che mamma e figlia. Sono spaventate a morte. E mentre soffia il vento, i jinn si spostano in cerca di persone da possedere.
Under the Shadow, L'ombra della paura in italiano, primo lungometraggio del regista di origine iraniana Babak Anvari, si rivela una piacevolissima sorpresa, senza dubbio degna di visione. Merito di un sapiente dosaggio che miscela gli elementi classici del genere horror al dramma psicologico di una protagonista in piena crisi esistenziale. Sarebbe comunque impossibile comprenderne appieno le angosce, se Anvari non avesse inserito la narrazione nel pesantissimo contesto storico della rivoluzione islamica in Iran (evento di portata epocale, di fondamentale importanza per il Paese e per il mondo intero).
Con Under the Shadow, premiato ai Bafta come migliore opera prima, siamo al cospetto di un horror privo di effetti speciali, girato quasi esclusivamente in interni, incentrato sull'evoluzione del rapporto tra Sideh e Dorsa e sull'analisi delle loro ansie e nevrosi. Non è un caso poi che entrambe dormano poco e che la mancanza di sonno diventi dunque un ulteriore fattore di disturbo, che complica uno scenario in cui la tensione già si taglia con il coltello. Non aiuta nemmeno la sensazione claustrofobica che si prova vivendo in un ambiente quasi “sigillato”, dove pure le finestre sono sprangate. Basta allora un nulla, il vento che sposta una tenda (sta forse entrando un jinn?) o una bambola di pezza ritrovata a brandelli, perché lo spettatore sobbalzi sulla sedia. Passa persino in secondo piano il fatto che il tetto del palazzo sia stato sventrato da un'arma letale e che al di fuori dell'edificio sia in corso una guerra, dato che pubblico si concentra piuttosto sul conflitto in atto tra madre e figlia.
Se Sideh sospetta di aver deluso le aspettative del marito, che magari la considera incapace di occuparsi di Dorsa, la bambina rincara la dose rinfacciandole le parole della “signora”, che in sostanza ribadisce lo stesso concetto. Il senso di inadeguatezza della donna non si ferma alla messa in discussione del suo ruolo genitoriale. Si intuisce quindi che la scelta di riprendere gli studi in medicina sia stata dettata dalla volontà di esaudire il desiderio della mamma defunta. E sembra plausibile che il rifiuto di recarsi dai suoceri dipenda dal timore di essere sottoposta al giudizio di una famiglia ancorata alla tradizione.
Sideh segue usi e costumi occidentali: si sfoga seguendo il famoso corso d'aerobica di Jane Fonda registrato su una proibitissima videocassetta e, tra gli inquilini del condominio, è l'unica persona di sesso femminile a guidare un'auto. Naturale perciò che mal digerisca le regole imposte dal nuovo regime, che ha steso un velo “pietoso” su tutto ciò che riguarda appunto l'Occidente. Ecco che emergono le probabili motivazioni che le impediscono, almeno in un primo momento, di abbandonare il suo appartamento, anche se infestato da un demone. Soltanto all'interno di quelle mura può sentirsi libera e protetta, lontana da sguardi diffidenti. Un paradosso? Può darsi.
Un episodio in particolare può dare sostegno a una tesi che ha il sapore di un'assurdità. Una notte Sideh scappa in strada con Dorsa tra le braccia dimenticando il velo. La polizia la ferma domandandole se crede di essere in Svizzera e la conduce da un superiore. Rischia addirittura le frustate, ma per fortuna ottiene la grazia rimediando un chador e un predicozzo, per rammentarle che una donna dovrebbe anzitutto temere di esporsi. Tornata a casa, vede la sua immagine avvolta nel velo scuro riflessa in uno specchio e, non riconoscendosi, si spaventa e grida.
Un'ultima considerazione: Babak Anvari ha citato quale fonte di ispirazione L'inquilino del terzo piano di Polanski, nondimeno vale la pena ricordare alcune altre opere cinematografiche che trattano il rapporto madre-figli in chiave horror, come Babadook di Jennifer Kent, Dark Water di Hideo Nakata, La madre di Andres Muschietti (prodotto da Guillermo del Toro) e inoltre, volendo, Madre di Bong Joon-ho e Confessions di Tetsuya Nakashima. Per chi desiderasse recuperare il film del regista iraniano, Under the Shadow è disponibile in streaming su Netflix.
Serena Casagrande
Sezione di riferimento: Into The Pit
Scheda tecnica
Titolo originale: زیر سایه Under The Shadow
Anno: 2016
Regia: Babak Anvari
Sceneggiatura: Babak Anvari
Fotografia: Kit Fraser
Montaggio: Christopher Barwell
Musica: Gavin Cullen, Will McGillivray
Durata: 84'
Attori: Narges Rashidi, Avin Manshadi, Bobby Naderi, Arash Marandi, Ray Haratian, Bijan Daneshmand.