Joachim Trier, esponente di spicco del cinema norvegese che già avevamo affrontato grazie al suo splendido Oslo, 31 agosto, riesce a sviluppare la propria poetica senza perdere ciò che lo caratterizza e le persone che attorno a lui hanno contribuito a dargli forma: Eskil Vogt (regista di Blind) alla sceneggiatura, Ola Fløttum alle musiche, Olivier Bugge Coutté al montaggio e Jakob Ihre alla fotografia formano una squadra che funziona e che sa condividere un obiettivo comune.
Nel caso specifico di Louder Than Bombs Trier matura ulteriormente la propria ideologia – elemento che, come vedremo, procede pari passo ad una felice evoluzione della prassi filmica – riuscendo ad affrontare, o ritornare, alla problematica insita nell’istituzione famiglia. Se il cuore di Reprise era la lotta generazionale che i due protagonisti dovevano affrontare per la propria affermazione, quello di Oslo, 31 agosto consisteva nella dissipazione e nello spreco di cui Philip, certamente depresso, era protagonista. Ma l’assenza dell’istituzione famiglia si faceva greve durante entrambi i film del regista norvegese, soprattutto considerato il finale di Oslo, in cui Philip, interpretato dal bravissimo Daniel Andersen Lie, ritornava alla casa di famiglia, tristemente vuota, con lo scopo di porre fine alla propria vita nel luogo in cui tutto aveva avuto inizio.
Louder Than Bombs narra la vicenda di un padre (Gabriel Byrne) e dei due figli Jonah (Jesse Eisenberg) e Conrad (Devin Druid) che, a tre anni dalla morte della moglie e madre Isabelle Reed (Isabelle Huppert), sono costretti a rimettere in discussione la sofferenza legata alla sua dipartita. Complice di questo processo sarà l’inaugurazione di una mostra e la pubblicazione di un articolo sulla carriera di Isabelle come fotografa di guerra. Il ritorno a casa di Jonah permetterà a Gene di riflettere sul proprio rapporto con i figli e con la perdita della moglie, ma tutti e tre faticheranno disperatamente a conciliare i sentimenti che, allo stesso tempo, li separano e li uniscono alla donna di cui hanno ricordi così differenti.
Presentato alla scorsa edizione del festival di Cannes senza troppi clamori e ricevuto in maniera contrastante dalla critica internazionale, l’ultima fatica di Joachim Trier è un'opera di difficile assimilazione, che allo stesso tempo si accosta e si distanzia dalle opere precedenti. La tipica giustapposizione delle sequenze – affine alla scrittura e alla riduzione in capitoli, sicuramente dovuta alla sceneggiatura di Vogt –, l’indugiare sui primi piani, lunghi ed anzi lunghissimi e i buchi testuali sono tutti presenti; ciò che distanzia Louder Than Bombs dalle opere precedenti è invece la perfetta unione tra necessità poetiche e possibilità filmiche.
Il dramma familiare e la divergenza di giudizio (e ricordo) riguardo la morte di Isabelle sono il veicolo perfetto per mettere in scena un determinato e riuscito work in progress tutto incentrato sulla lenta e, appunto, progressiva costruzione e delineazione di un giudizio condiviso ed intelligibile su Isabelle.
Gene, ex attore, ha rinunciato alla propria carriera di attore per il bene del nucleo familiare e per permettere alla moglie di continuare con la propria professione; Jonah, il primogenito, è un brillante studioso che dopo essersi laureato a pieni voti è in procinto di iniziare la carriera di insegnamento; Conrad è il figlio introverso, colui che si nasconde nei giochi online, tra le cuffie che lo isolano dal mondo e nella scrittura di tutto ciò che gli accade. Tutti e tre hanno quindi percepito ed esperito Isabelle e la sua morte in maniera diversa. Trier prova a scandagliare quelle differenze tramite i frequentissimi flashback che si alternano al reale e al quotidiano creando un piano “altro” in bilico tra veglia e sogno, tra quotidiano e ricordo.
Il cineasta danese, ma norvegese d’adozione, compie un gesto forte e deciso verso la ricerca di un’unità metalinguistica che passa attraverso le fratture del testo e la frantumazione dello sguardo. Trier, mettendo in dubbio il proprio, filma il lavorio delle memorie e dei sentimenti per trovare una prospettiva comune, operazione che implica la partecipazione non solo dello spettatore ma anche degli attori, del regista e dello sceneggiatore.
Louder Than Bombs rappresenta una progressione nella carriera di Joachim Trier, e non certo un passo falso come si potrebbe ipotizzare dalla freddezza con cui è stato accolto alla sua presentazione a Cannes. Accettando le implicazioni che l’atto del filmare e del work in progress (come domande aperte sul testo) hanno sulla poetica autoriale e viceversa, Trier si afferma come autore coraggioso che non si vuole ripetere e che realizza – anche all’interno di un progetto internazionale che domanda necessari ritorni economici – un’opera a tratti intangibile, i cui “profondi” primi piani e i lunghi silenzi sono realmente più rumorosi di una bomba che esplode.
Emanuel Carlo Micali
Sezione di riferimento: Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Louder Than Bombs
Anno: 2015
Regia: Joachim Trier
Sceneggiatura: Eskil Vogt
Fotografia: Jakob Ihre
Musica: Ola Fløttum
Durata: 109’
Attori principali: Gabriel Byrne, Jesse Eisenberg, Isabelle Huppert
Uscita italiana: 23 giugno 2016