ORIZZONTI DI GLORIA - La sfida del cinema di qualità
  • HOME
  • REDAZIONE
  • LA VIE EN ROSE
  • FILM USCITI AL CINEMA
  • EUROCINEMA
  • CINEMA DAL MONDO
  • INTO THE PIT
  • VINTAGE COLLECTION
  • REVIVAL 60/70/80
  • ITALIA: TERZA VISIONE
  • AMERICA OGGI
  • ANIMAZIONE
  • TORINO FILM FESTIVAL
    • TORINO 31
    • TORINO 32
    • TORINO 33
    • TORINO 34-36-37
  • LOCARNO
    • LOCARNO 66-67-68
    • LOCARNO 69
    • LOCARNO 72-74-75-76-77
  • CANNES
    • CANNES 66
    • CANNES 67
    • CANNES 68
    • CANNES 69
  • VENEZIA
  • ALTRI FESTIVAL
  • SEZIONI VARIE
    • FILM IN TELEVISIONE
    • EXTRA
    • INTERVISTE
    • NEWS
    • ENGLISH/FRANÇAIS
  • SPECIAL WERNER HERZOG
  • SPECIAL ROMAN POLANSKI
  • ARCHIVIO DEI FILM RECENSITI
  • CONTATTI

TAXI TEHERAN - In viaggio per la libertà

28/8/2015

0 Comments

 
Immagine
«Sono un cineasta. Non posso fare altro che realizzare dei film. Il cinema è il mio modo di esprimermi ed è ciò che dà un senso alla mia vita. Niente può impedirmi di fare film e quando mi ritrovo con le spalle al muro, malgrado tutte le costrizioni, l’esigenza di creare si manifesta in modo ancora più pressante. Il cinema in quanto arte è la cosa che più mi interessa. Per questo motivo devo continuare a filmare, a prescindere dalla circostanze: per rispettare quello in cui credo e per sentirmi vivo.» (Jafar Panahi)

Strade di Teheran. Un taxi. Individui che salgono e scendono dalla vettura. Tragitti più o meno brevi. Piccoli gesti, piccole storie, piccoli viaggi racchiusi nei volti che si susseguono davanti all'occhio indiscreto della microcamera di un telefonino posizionato sul cruscotto dell'automobile. Alla guida Jafar Panahi, “travestito” da tassista con lo scopo di raccogliere testimonianze, indizi, suggestioni che possano spiegare al mondo le mille contraddizioni della società iraniana contemporanea. 
Alcuni passeggeri si accorgono del trucco e riconoscono Panahi. Altri no. Tutto si svolge in un'onda di realismo che va a braccetto con gli artifici della finzione. Gli individui che transitano nel taxi sono infatti attori non professionisti che si rifugiano nell'anonimato per evitare persecuzioni, tanto che il film non ha né titoli di testa né titoli di coda. 
Non ci sono nomi, al di fuori di quello di Panahi; il vero e il non vero si fondono con spiccata originalità, dando vita a un accavallamento di mini-universi capaci di mostrare ciò che tutti i giorni accade lungo le vie di Teheran, una prigione a cielo aperto dove le autorità vigilano e sorvegliano tutto e tutti, affinché nessuno possa vedere le storture che loro stessi hanno creato.
Jafar alla guida, frammenti di Iran accanto a lui: un ragazzo che vorrebbe far impiccare ladruncoli responsabili del furto di quattro gomme d'auto; due signore anziane e superstiziose con due pesci da sostituire entro mezzogiorno; un venditore di Dvd illegali grazie ai quali tanti appassionati si possono procurare film altrimenti invisibili in quanto vietati dalla censura; un uomo che dopo un incidente, temendo di morire, fa il suo testamento in diretta facendosi riprendere da un telefonino; un altro uomo aggredito e rapinato che non se la sente di condannare i suoi aguzzini; una bimba ciarliera (la vera nipote del regista) che studia cinema e nonostante la tenera età è già costretta a imparare regole astruse e subire restrizioni di ogni tipo; un'avvocatessa che porta fiori alle famiglie di donne rinchiuse in carcere per motivi futili e insulsi. Dietro e davanti e dietro a tutto ciò, il cinema, da fare e completare e inseguire, nonostante tutto, con qualsiasi mezzo, affinché l'amore per l'arte e il desiderio di verità possano essere più forti di qualsiasi impedimento.
Taxi Teheran, premiato con l'Orso d'Oro a Berlino, è l'ennesimo atto di coraggio di un autore che, dopo un paio di arresti, nel 2010 è stato condannato a sei anni di reclusione e alla pena di non poter più girare film, scrivere sceneggiature, rilasciare interviste e uscire dal paese per almeno vent'anni. Una sentenza agghiacciante, che da allora Panahi continua ad aggirare realizzando film in completa clandestinità. Quest'ultima opera, costruita con l'ausilio di tecnologie moderne e funzionali, illustra come in fondo basti poco per dare voce e immagine a ciò che altri tentano in ogni modo di nascondere. Non è nemmeno più necessario avere con sé una macchina da presa; sono sufficienti una microscopica telecamera in un telefonino, qualche idea e la voglia di superare gli scogli dell'ottusità. Con questi semplici mezzi si possono svelare al mondo i segreti che si annidano nel via vai quotidiano di una capitale raggomitolata su se stessa e di una nazione che tenta di prosciugare ogni istinto di ribellione. Senza riuscirci.
Taxi Teheran è uno spaccato di metacinema di rara efficacia; un bel modo di ripensare le convenzioni della grammatica filmica; uno straordinario esempio di cinema militante. Ma è anche un lavoro molto più raffinato di quanto si potrebbe pensare, grazie a una “messinscena” che dosa con perfetto equilibrio dramma sociale, rappresentazione documentaristica, gustosa ironia e sano divertimento, intavolando un meccanismo narrativo che colpisce nel segno, inquieta, lascia basiti ma sa anche strappare genuine risate, indispensabili per respirare aria pura e, almeno per qualche attimo, trovare conforto dalla mefitica cappa di paura che ricopre il territorio in oggetto.
Per tutti questi motivi il film è un gioiello prezioso, meritevole di essere visto e rivisto ovunque. Iran compreso, ovviamente, magari grazie agli stessi venditori che importano sottobanco i lavori di Woody Allen, Nuri Bilge Ceylan e Kim Ki-duk, dando fiato alla medesima speranza che, nonostante il finale beffardo, si libra dagli occhi ingenui di una bambina incapace di comprendere ciò che la circonda, o da una rosa rossa appoggiata dolcemente sul cruscotto di un'automobile guidata da un esponente della “gente del cinema, su cui si può sempre contare”.

La splendida creazione di Panahi arriva in Italia grazie a una nuova casa di distribuzione, chiamata semplicemente Cinema, diretta da Valerio De Paolis (già fondatore della BIM) e improntata verso l'autorialità e la qualità. Alle anteprime, in diverse città, Taxi Teheran ha ottenuto un responso superiore a ogni attesa, con sale piene e code agli ingressi. Un bellissimo risultato che fa un gran bene, dimostrando come il pubblico non sia ancora del tutto lobotomizzato dai blockbuster americani copia/incolla e dalle svilenti e ripugnanti commedie nostrane. 
La situazione resta a dir poco complessa, la strada è lunga, ma qualche raggio di luce con cui combattere il buio della ragione ancora esiste. Eppur si muove.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Regia e sceneggiatura: Jafar Panahi
Anno: 2015
Durata: 82'
Attori: anonimi
Uscita italiana: 27 agosto 2015

0 Comments

FAR FROM THE MADDING CROWD - Via dalla pazza folla

19/8/2015

1 Comment

 
Immagine
A quasi cinquant’anni dall’adattamento di John Schlesinger Via dalla pazza folla (1967), il capolavoro di Thomas Hardy rivive nei cinema grazie al regista Thomas Vinterberg (Il sospetto). Questa versione di Far From the Madding Crowd è un’opera rigorosa che onora il romanzo cui si ispira e tiene presente gli adattamenti – cinematografici e televisivi – precedenti, compiendo tuttavia una scelta stilistica originale e alternativa.
Sulla storia del quadrilatero amoroso che lega Bathsheba (Carey Mulligan) a Gabriel Oak (Matthias Schoenaerts), Frank Troy (Tom Sturridge) e William Boldwood (Michael Sheen), Vinterberg tesse un ritratto molto personale e intimista, andando a cercare non tanto il taglio sociale, quanto una prospettiva squisitamente femminile. La mano dello sceneggiatore, lo scrittore David Nicholls (Un giorno) si sente proprio per la scelta di favorire la componente romantica rispetto a quella critica. Non si tratta di un film femminista, ma di un adattamento che esalta il carattere volitivo e determinato di una donna sola nell’Inghilterra vittoriana, in un contesto ambientale e sociale particolarmente difficile come quello rurale.
Bathsheba è bella, consapevole di sé e desiderosa di trovare la propria strada. Incontra immediatamente il pastore Gabriel Oak, che la chiede in moglie. Lei rifiuta, e questo è l’inizio di una odissea tragico-romantica che porterà Bathsheba prima a legarsi ostinatamente al crudele Frank Troy, poi al posato William Boldwood. Chiaramente ogni scelta, come ogni non-scelta, sarà foriera di conseguenze inaspettate e drammatiche.

Se nel film di Schlesinger l’attenzione del regista era rivolta all’ambientazione, ai paesaggi, alla descrizione sociale e culturale dell’epoca per definire il carattere volubile di Bathsheba (la quale peraltro è destinata a pagare per ogni leggerezza, sconfitta, errore commessi), in questa rinnovata versione Vinterberg non compie alcuna critica nei confronti della protagonista. Al contrario, la protegge con uno sguardo attento e benevolo. Carey Mulligan non è Julie Christie, ma è l’attrice perfetta per un ruolo sfuggente e dalle sfumature così sottili, una figura esile ma caparbia, romantica senza risultare svenevole, seria e determinata a compiere ogni scelta seguendo il cuore, anche a costo di compromette il proprio futuro. Bathsheba non è allora vista come una ragazza frivola che si illude solamente di trovare l’amore, ma come una giovane provata dalla vita, dagli eventi e da scelte avventate; una persona mai doma, che sfida una società rurale e maschilista armata solo del proprio orgoglio.
I tre co-protagonisti ruotano attorno alla Mulligan come in una danza in cui ciascuno tenta, a proprio modo, di vincere l’amore della bella che pare inconquistabile. Certo, la critica sociale – che nelle opere di Hardy è sempre piuttosto forte - è flebile, ma Vinterberg vira decisamente sul melodramma, catturando, più che il quadro d’assieme, un ritratto intenso e vibrante di donna alle prese con le catene d’amore.
È una storia di destini mancati, di vite che si sfiorano poeticamente senza mai toccarsi. È una storia di uomini che amano, talvolta poco, o anche male, e senza mai saper comunicare il sentimento. È come se Bathsheba fosse prigioniera dei propri desideri infantili, romantici, per cadere poi nell’eccesso opposto (la razionalizzazione dei sentimenti).
La trasposizione di Thomas Vinterberg, più che sull’aspetto sociale, si concentra sui personaggi, su come una volitiva donna riesce a cavarsela con fierezza, e con un indomabile spirito di indipendenza, in una terra e in un ambiente prettamente maschile. Proprio sull’idea di indipendenza batte il film, recuperando un tema ricorrente anche in altre famose opere di Thomas Hardy (per esempio Tess dei d’Ubervilles). Indipendenza di scegliere, ma anche di amare. E di soffrire. Bathsheba è uno spirito libero la cui natura femminile si riflette e si specchia nel maschile, ambiguamente rappresentato dai tre tipi psicologici di Oak, Boldwood e Troy, come rileva anche Alison Sayers in una rilettura junghiana del film pubblicata su «Indiewire».
Dal punto di vista cinematografico, Far From the Madding Crowd sembra seguire il filone della rivisitazione dei classici secondo un taglio contemporaneo che affianca alla ricercatezza stilistica la modernità dell’interpretazione. E se il finale indulgente ci fa pensare di trovarci dalle parti di Joe Wright e dei suoi attori dai volti attualissimi in salsa tardo-romantica, la composizione di insieme è di respiro senza dubbio più ampio.
Splendida la fotografia, così come l’allestimento scenografico e i costumi, mentre una menzione va alle musiche di Craig Armstrong: una melodia struggente che accompagna lo spettatore nelle derive sentimentali di Bathsheba, nella sua lotta per il potere di definirsi padrona della propria vita, nella definitiva resa di fronte all’evidenza che si può essere liberi e al tempo stesso appartenere a chi si ama.

Francesca Borrione

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Regia: Thomas Vinterberg
Interpreti: Carey Mulligan, Michael Sheen, Matthias Schoenaerts, Tom Sturridge, Juno Temple
Sceneggiatura: David Nicholls
Musiche: Craig Armstrong
Anno: 2015
Durata: 119'
Uscita italiana: 17 settembre 2015

1 Comment
    Immagine
    Immagine
    Immagine
    ULTIME RECENSIONI PUBBLICATE

    Roverdatter
    Holy Boom
    Demain et tous les autres jours
    Nos Batailles
    The Guilty
    ​Les Gardiennes
    ​
    LE NOSTRE
     PAGINE UFFICIALI
    Immagine
    Immagine


    ​ARCHIVIO RECENSIONI FILM AL CINEMA

    Aprile 2019
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Settembre 2016
    Giugno 2016
    Maggio 2016
    Aprile 2016
    Marzo 2016
    Febbraio 2016
    Gennaio 2016
    Dicembre 2015
    Novembre 2015
    Ottobre 2015
    Settembre 2015
    Agosto 2015
    Luglio 2015
    Giugno 2015
    Maggio 2015
    Aprile 2015
    Marzo 2015
    Febbraio 2015
    Gennaio 2015
    Dicembre 2014
    Novembre 2014
    Ottobre 2014
    Settembre 2014
    Agosto 2014
    Luglio 2014
    Giugno 2014
    Maggio 2014
    Aprile 2014
    Marzo 2014
    Febbraio 2014
    Gennaio 2014
    Dicembre 2013
    Novembre 2013
    Ottobre 2013
    Settembre 2013
    Agosto 2013
    Luglio 2013
    Giugno 2013
    Maggio 2013
    Aprile 2013

    Feed RSS

Powered by Create your own unique website with customizable templates.